Il vuoto nella parte bassa dell’Enneagramma sta ad indicare un deciso cambio di attitudine esistenziale fra le posizioni segnate al punto Quattro e a quello Cinque. Se, infatti, il Quattro è, come abbiamo visto, contraddistinto da un ardente desiderio e dalla speranza di potere cambiare il suo stato, il Cinque si è separato dai suoi sentimenti ed è profondamente convinto che nulla possa cambiare in meglio. Nell’Invidia la disperazione, che è pur sempre un moto emozionale, è un inferno ribollente di desiderio; qui si è in un inferno ghiacciato che si situa oltre i limiti della disperazione stessa. L’avarizia è, quindi, più che un appassionato amore per il denaro e i beni materiali (anche se, ovviamente non mancano gli avari che sono propriamente tali nel linguaggio comune), una profonda sensazione d’avere poco, unita alla paura (il tipo Cinque è, infatti, un satellite del Sei, che come vedremo è dominato dalla Paura) di poter perdere quel poco che si ha. C’è, si, avidità in questo tipo, ma essa è tanto frenata dalla paura di esporsi a qualche rischio che difficilmente un Avaro riuscirà a convincersi che un’azione è necessaria per ottenere quello che si vuole. La metafora cui faccio sempre ricorso per spiegare questa posizione esistenziale, è quella del naufrago che giunto sotto costa sulla sua barchetta con pochi viveri, teme di gettarsi nell’acqua e percorrere il tratto di mare che lo separa dalla riva, per paura di perdere quel poco che gli resta. Qui, continuando la metafora, i viveri sono le energie vitali che l’avaro sente di non possedere a sufficienza per affrontare di petto le situazioni. Questa sensazione di debolezza sospinge un avaro a temere particolarmente le complicazioni sentimentali ed a difendere il proprio mondo interiore congelando ogni impulso, mettendo una barriera difensiva fra se e il mondo esterno. Un quasi inviolabile sancta sanctorum in cui rifugiarsi per elaborare con calma gli avvenimenti della vita e un tempo lungo per rispondere agli stimoli, sono esigenze vitali per un Cinque. Separando se stesso dalle proprie emozioni, tuttavia, e trasformando la propria vita in un arido deserto, l’avaro si separa dalla fonte primaria della percezione di se e sente, inconsciamente, di vivere come un robot e di aver tradito il compito che la vita ha assegnato a ciascuno di noi. Da qui nasce accanto ad una visione pessimista e talvolta cinica del mondo, un doloroso senso di colpa pervadente e lucido che questo tipo, spesso, avverte come una maledizione gravante su di se. Un Cinque sente d’essere come un bambino piccolo e debole circondato dai lupi, perciò impiega tutta la sua energia per fuggire o potersi nascondere meglio. Non sopporta, quindi, di avere gli occhi degli altri puntati addosso, di esporsi, di stare in prima fila sotto i riflettori, di sentirsi chiedere qualcosa, e trova particolarmente difficile condividere il proprio spazio con qualcun altro. In genere un Avaro usa principalmente il proprio pensiero come fattore difensivo contro i possibili pericoli. Fra tutti i tipi, il Cinque è quello che si trova più a proprio agio col mondo delle idee, della logica, della polemica intellettuale e meno con il campo dell’azione pratica e materiale. Anche l’immagine che gli altri hanno di lui, interessa assai poco ad un Cinque, che, tipicamente, è distaccato dal desiderio di piacere e da tutto quello che è solo apparenza. L’enorme desiderio di sapere ne fa il prototipo del filosofo nella sua torre d’avorio, dell’osservatore distaccato ed imparziale, dell’astronomo, dell’anatomopatologo, dello scienziato che isolato nel suo laboratorio si sente perfettamente a suo agio. La solitudine che fa tanta paura ad altri tipi è, invece, ricercata e spesso desiderata dal Cinque che può, in questo modo, utilizzare il suo tempo nel mettere mentalmente in ordine l’enorme quantità d’informazioni e cognizioni che accumula. Quest’enorme “testa” continuamente al lavoro, risucchia in qualche modo tutta l’energia vitale e spinge il Cinque a cercare di risparmiare il massimo di se stesso. La ricerca del sapere però può anche spingere, sorprendentemente, un Cinque ad indagare i campi del misterioso, del paranormale e dell’occulto (in maniera simile a quella del Sei), con una credulità ed un’ostinazione che non ci si attenderebbero da un pensatore così rigoroso.
La prevalenza dell’aspetto cognitivo spiega perché questo tipo sia quello che presenti il maggior numero di filosofi e scienziati. Fra i primi possiamo citare uomini come Pitagora, Parmenide, buona parte dei Cinici, degli Scettici, Epicuro (che non era per nulla un edonista), Seneca, Marco Aurelio e San Tommaso d’Aquino. Quest’ultimo, in particolare, era chiamato dai suoi confratelli il bue muto, perché non prendeva mai parte alle dispute filosofiche o teologiche e restava da solo in disparte per la maggior parte del tempo. Quando un giorno, tuttavia, fu chiesta la sua opinione su un difficile passo della filosofia di Aristotele, egli la interpretò con tanta acutezza e precisione che tutti furono colpiti dal suo genio. Fra i filosofi moderni si possono citare Hobbes, che sosteneva fra l’altro che la vita non è altro che un moto delle membra e quindi che un automa è dotato di vita propria, Bergson, Leibnitz, Heiddeger, Popper e soprattutto Cartesio. Alcune scelte della sua vita che potrebbero apparire sorprendenti, si spiegano perfettamente conoscendo l’Enneagramma. Così non è difficile comprendere perché si sia disfatto dell’azienda agraria che il padre gli aveva lasciato in eredità (troppo impegno era necessario per portarla avanti), preferendo, in cambio, una modesta rendita annua fissa. A Parigi trovò noiosa e troppo dispendiosa energeticamente la vita di società, preferendo isolarsi in un quartiere monacale, per dedicarsi allo studio della geometria. Poiché, però, anche lì qualcuno andava a trovarlo, interrompendo i suoi studi si decise ad arruolarsi nell’esercito olandese. Questo potrebbe sembrare molto strano, se non si ha presente il fatto che l’Olanda era in un periodo di pace duratura e che i suoi soldati avevano ben poche mansioni da svolgere. Non appena, infatti, si profilò all’orizzonte il rischio di una guerra, Cartesio si dimise e si arruolò nell’esercito bavarese, la cui principale occupazione all’epoca era di tenere in ordine le caserme, scegliendo come sua destinazione un posto freddo ed isolato. La sua difficoltà ad avere relazioni con le persone si fece più intensa nel secondo periodo parigino e, per evitare la visita dei conoscenti, decise di arruolarsi di nuovo. Cartesio era un timido e un cattolico praticante, ma sosteneva le eresie di Galileo Galilei. Pur cercando in ogni modo di cattivarsi le simpatie della Chiesa e in particolare quella dei gesuiti, scriveva quello che pensava, anche se con estrema cautela per non incorrere nel pericolo di essere considerato un eretico, e a causa di ciò, subì varie persecuzioni. Lavorava poco e leggeva poco; la sua opera è stata quasi tutta compiuta in brevi periodi, dopo lunghi anni di riflessione e rielaborazione. Di tutte le sue opere quella che è ritenuta essere in assoluto la meno profonda è quella sull’Amore (il tema, ovviamente, non si confaceva molto alle attitudini di un Cinque). La frase che riassume il senso della sua filosofia è: “Cogito, ergo sum” (Penso, dunque sono.). Fra gli scienziati, un posto di primo piano va dato ad Archimede, così assorbito dalle sue riflessioni mentali da non accorgersi che la città di Siracusa era caduta e un soldato romano lo minacciava e ad Isaac Newton, che dopo aver in un brevissimo periodo trasformato le basi stesse della scienza e della filosofia, dedicò il resto della sua vita ad uno studio dell’astrologia tanto sterile quanto accanita e solitaria (ho già evidenziato che spesso il Cinque indulge a profondi studi su aspetti esoterici e misterici). Newton fu fatto baronetto dalla regina e, quindi, partecipava di diritto alle riunioni della Camera dei Lord, uno dei due rami del parlamento. Nel corso dei trent’anni di sua partecipazione alle riunioni si distinse per tre cose: la sua richiesta di sedere sempre nell’ultimo banco, la totale assenza d’interventi nelle discussioni (la sua unica petizione al presidente della camera fu quella tesa a far chiudere una porta finestra da cui arrivava vento), e il fatto che rispondesse invariabilmente “Ci vuole tempo per decidere” , a chi gli chiedeva un parere su una questione. Sulla stessa linea di condotta possiamo anche inserire l’italiano Girolamo Cardano, inventore di un geniale giunto meccanico che ha conservato il suo nome. Il Cardano era così sicuro della capacità di predire il futuro mediante l’astrologia che, dopo un lunghissimo periodo passato in isolamento per studiare i moti dei pianeti, comunicò a tutto il mondo scientifico quella che doveva essere la data esatta della sua morte. Quando la data indicata passò senza che nessun malanno avesse toccato il suo stato di salute, il Cardano dichiarò che l’errore era stato prodotto da qualche calcolo sbagliato. S’immerse così in un nuovo periodo di studio in totale isolamento, al termine del quale proclamò che l’errore era effettivamente nato da uno sbaglio nel calcolo del moto di Saturno; indicò così una nuova data nella quale egli sarebbe sicuramente morto. Man mano che la data fissata si avvicinava senza che nessun malessere lo colpisse, il Cardano cominciò a non mangiare più, sgomento di perdere l’unica fiducia che lo sosteneva nella sua vita, fino a che si lasciò morire di fame proprio nel giorno da lui indicato. La gran capacità di fare analisi precise fin nei minimi dettagli, rende il Cinque particolarmente adatto al gioco degli scacchi. Non è, quindi, sorprendente se alcuni fra i più grandi giocatori d’ogni epoca (Bobby Fisher, Karpov, Alekhine) appartengono a questo tipo. La lucida ed irreversibile disperazione che colpisce spesso il Cinque è, invece, molto evidente nelle opere di due fra i maggiori scrittori appartenenti a questo tipo: Franz Kafka ed Emily Dickinson. Ambedue profondamente convinti dell’impossibilità di cambiare in meglio il proprio stato e di poter partecipare pienamente al consesso degli altri umani, hanno espresso con parole di lucida angoscia questo dolore, così profondo da non potersi nemmeno permettere il pianto o la speranza. Valga come esempio la seguente poesia della Dickinson:
Vi è un dolore- così totale-
Che inghiotte ogni sostanza-
Poi tende sull’abisso un velo di trance-
Così che la memoria può passarvi
Attorno- oltre- sopra-
Come chi nel sonno profondo-
Procede sicuro- dove ad occhi aperti-
S’infrangerebbe- osso dopo osso.
Oltre ai protagonisti della maggior parte delle opere di Kafka, citiamo fra gli altri famosi personaggi letterari che sono Avari, Smilla Jasperson del romanzo Il Senso di Smilla per la Neve, Sherlock Holmes l’acuto super osservatore di Arthur Conan Doyle, il vecchio Ebenezer Scrooge protagonista del toccante e delizioso Un Racconto di Natale di Dickens (sul cui stampo il tipo Tre Walt Disney disegnò la figura di Zio Paperone, che si chiama in inglese appunto Old Scrooge), Don Ferrante dei Promessi Sposi, Papa Goriot di Balzac e Arpagone della commedia l’Avaro di Moliere. Non è invece un tipo Cinque Shylock, altro celeberrimo avaro della letteratura, che appartiene al tipo Quattro. Fra i personaggi cinematografici possiamo citare Marion protagonista di Un’Altra Donna di Woody Allen, del liutaio interpretato da Daniel Auteuil nello splendido Un Cuore in Inverno e del collezionista di videotape interpretato da James Spader nel film Sesso, Bugie e Videotape. Tutti e tre i personaggi mostrano bene sia la tendenza voyeuristica del Cinque, che preferisce essere un osservatore più che un protagonista degli eventi, sia l’incapacità del Cinque a vivere direttamente i sentimenti ed a riuscire a comprendere parte di se stesso mediante la rielaborazione delle vite altrui. La vicinanza col Quattro spiega perché, nonostante questo tipo sia in assoluto il più refrattario a mostrarsi in pubblico, possiamo trovare fra i Cinque diversi grandi attori. Citiamo fra i tanti, Greta Garbo e Alberto Sordi. La Garbo viveva in un grande appartamento completamente vuoto, tranne due stanze sovraccariche d’oggetti, nascondeva il suo viso dietro grandi occhiali e larghi cappelli e non ha mai accettato di sposarsi perché non riusciva ad accettare la convivenza con qualcuno. Fra i pochi uomini di potere appartenenti al Cinque vanno citati gli imperatori romani Marco Aurelio e Tiberio. Il primo impedì che a Roma si tenessero giochi gladiatori fino alla sua morte e rimase lontano il più possibile dalla città eterna, preferendo la solitudine della sua tenda imperiale, perché l’idea dei bagni di folla e della necessità di partecipare alle pubbliche funzioni, gli pareva intollerabile. Il secondo, secondo una tendenza che abbiamo già descritto in Greta Garbo, preferì lasciare Roma e ritirarsi nell’isola di Capri in una sfarzosa villa, quasi completamente vuota, isolata e inaccessibile. L’ultimo personaggio di questa rassegna è anche quello che mostra compiutamente le grandi doti di un Cinque toccato dalla grazia, Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, dalla cui vita reale è stato tratto il film interpretato da Raul Julia. Il timido, introverso, solitario e conservatore prete mai impegnato in un’attività pastorale, che aveva trascorso la sua vita sempre in ultima fila, tanto ossequioso verso la gerarchia e il potere quanto intellettualmente polemico verso i movimenti di riforma sociale della chiesa, si trasformò, fino al suo omicidio avvenuto sacrilegamente nella stessa cattedrale, in un più che coraggioso e attivo difensore dei deboli e degli oppressi. Le sue omelie settimanali trasmesse per radio e seguite da un intero paese, denunciavano con l’acuta precisione del Cinque lo stato miserevole dei poveri e lo sfruttamento dei contadini. I salvadoregni ritengono che una simile trasformazione sia stata dovuta ad un vero e proprio miracolo, dovuto all’intercessione di un suo amico francescano ucciso dai proprietari fondiari contrari alla riforma agraria, ma l’Enneagramma c’insegna che, come nel caso di Marco Aurelio, quando un Cinque si convince della verità e necessità di una cosa, niente (nemmeno la preoccupazione per se stesso), può manipolarlo o fargli cambiare idea.