Questa passione era considerata dagli scrittori cristiani, secondo la tripartizione classica dell’anima effettuata dai filosofi greci, come un vizio della parte concupiscente, capace di assoggettare il lato spirituale dell’uomo ai valori della sfera rozzamente materiale. In questo modo essa era concretamente collegata ai rapporti carnali e assumeva il classico nome di Lussuria, dalla parola latina luxus (lusso), indicando, come la vicina Gola, un’inclinazione a trovare soddisfazione nelle cose del mondo, perdendo così il senso ultimo dell’esistenza. Al di fuori della visione religiosa, tuttavia, il senso più profondo di questa passione non sta tanto nella continua ricerca di soddisfazione sessuale (anche se, come per le altre passioni vi sono dei Lussuriosi che sono tali nel senso comune del termine), ma consiste, piuttosto, in una pervadente soggezione delle parti emozionali e cognitive alla forza di ogni tipo di desiderio. Nel tipo Otto qualunque impulso istintuale è dotato di una carica fortissima che metaforicamente parlando, non sente, e non vuole sentire, nessun tipo di considerazione che possa inibirlo. Questa connotazione di andare ogni oltre limite e di non assoggettarsi a nessuna regola è, quindi, bene espressa dalla parola Eccesso, che in senso più generale della Lussuria, indica una posizione esistenziale in cui ogni esperienza deve essere, per così dire, estremizzata. Un primo corollario discendente da questo modo di vedere, è quello che considera il mondo come un’arena in cui solo il forte ha la possibilità ed il diritto di soddisfarsi. Per questo l’Otto è il tipo che da più valore alla forza e al potere e, correlativamente, tiene in poco conto le espressioni sentimentali dolci, che potrebbero indebolire la sua reattività. Per quanto la fondamentale inclinazione al piacere renda questo tipo sicuramente un narcisista, l’Otto non è troppo interessato a vendere un’immagine gradevole di se stesso, preferendo, piuttosto, far trasparire da ogni espressione, la sua ferma determinazione. La tendenza alla fraudolenza e alla manipolazione che abbiamo visto in essere nel Sette, sono presenti anche nell’Otto, che non riesce, però a differenza del primo, a mascherare molto bene la profondità delle sue reazioni. Molto a suo agio col proprio corpo e dotato di grand’energia, l’Otto non esita ad utilizzare la sua rabbia sia come strumento di controllo, sia come un mezzo per giudicare istintivamente la capacità reattiva degli altri. Legato alla sua visione “estremista” del mondo, l’Otto è molto diretto nelle espressioni sia verbali sia fisiche, ed è qualcuno che difficilmente passa inosservato. Spesso la durezza comportamentale e l’aggressività dichiarata sono ricercate consciamente da un Otto, come un’ulteriore forma di dimostrazione della propria invulnerabilità al dolore, senza curarsi dei danni o del male che esse possono provocare agli altri. In genere questo tipo preferisce avere a che fare con un forte avversario, col quale eventualmente avere uno scontro senza esclusione di colpi, piuttosto che confrontarsi con nemici che agiscono alle spalle, evitando lo scontro diretto. La vicinanza col Nove espressa dalla posizione dell’Otto nell’Enneagramma, ci ricorda che anche in questo tipo è in opera una forma profonda d’inerzia psico-spirituale, che conduce tipicamente un Otto ad essere poco interessato al proprio mondo interiore. In compenso, però, l’Otto ha una visione che coglie immediatamente l’ipocrisia di una situazione, l’incongruenza che ammanta di moralismo quello che troppo spesso non è altro che una forma di prevaricazione del forte sul debole. Da questo punto di vista l’Otto è il più rivoluzionario di tutti i tipi e come il Quattro, agli antipodi nell’Enneagramma, prende facilmente le parti del più debole contro l’autorità. La differenza fra i due tipi è che il Quattro agisce in tal modo perché non vuole che esista un inferiore ed un superiore, mentre l’Otto, identificandosi con il debole, si ribella contro l’autorità limitante e repressiva, percepita come illegittima. Paradossalmente, però, un Otto può facilmente comportarsi come un dittatore se diventa lui il detentore del potere. In ogni caso un Lussurioso è un leader capace e carismatico, che richiede ai membri del proprio gruppo una devozione assoluta, ma sa, in cambio, battersi fino alle estreme conseguenze in loro difesa. Nella sua parte più recondita ogni Otto nasconde, però, dentro di se il bambino debole che è stato, e teme di poter essere di nuovo maltrattato se perde la sua forza. Ciò genera un’ansia pervadente che è il vero combustibile che alimenta, in profondità, questa passione.
Le caratteristiche di combattività e la voglia di dimostrare che è il più forte, rendono l’Otto il prototipo ideale del gladiatore, del lottatore, del combattente. Non è sorprendente, quindi, che alcuni fra i più grandi pugili d’ogni tempo siano di questo tipo e che alcuni di essi siano stati quelli che hanno più rivoluzionato la noble art. Fra i tanti citiamo Cassius Clay (Muhammed Alì dopo la conversione all’Islam), Carlos Monzon, Jack La Motta, il cui personaggio è stato impersonato da Robert de Niro nel film Toro Scatenato Roberto Duran e il recente, controverso ex campione del mondo dei pesi massimi, Mike Tyson. Negli sport di squadra la capacità dell’Otto di essere un leader e un formidabile trascinatore, è stata magnificata soprattutto da Diego Armando Maradona. Ritenuto probabilmente il più gran giocatore d’ogni tempo Maradona, nato e cresciuto in un sobborgo poverissimo di Buenos Aires, esemplifica meglio di chiunque altro le grandi doti di lottatore dell’Otto e, contemporaneamente, la difficoltà di questo tipo nel darsi una disciplina morale e nel contenere in limiti accettabili il desiderio. L’abuso nel consumo di droga, l’eccessivo desiderio sessuale (ricordiamo le numerose storie che hanno riempito le pagine dei giornali e lo hanno visto coinvolto), e la tendenza a soddisfarsi mediante uno smodato ricorso al cibo e a vari stimolanti, hanno minato anzitempo il fisico di questo straordinario campione, capace come tanti altri Otto di suscitare i più contrastanti sentimenti d’ammirazione sconfinata e di biasimo feroce. La tendenza a sovvertire le regole costituite di questo tipo, è ben mostrata nel mondo dell’arte dalla vita e dall’opera del pittore Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Questo genio innovatore, morto a soli trentasette anni dopo una vita dissoluta e burrascosa che lo condusse in vari paesi per scampare all’arresto per omicidio, resta nella storia della pittura per la drammatica veridicità delle sue rappresentazioni e l’importanza e l’uso del corpo umano nella composizione. Da buon Otto (che ricordiamolo appartiene alla triade del Centro dell’Azione dominata dal ventre), Caravaggio prese come modelli per le sue opere e raffigurò nei dipinti, con un realismo ed una violenza assolutamente sorprendenti, popolani reali con tutte le loro deformità e bruttezze. Sconvolgendo il gusto manieristico dell’epoca, Caravaggio introdusse nella sua opera il principio della centralità del corpo reale e, mediante l’uso di un potente gioco di luci ed ombre, riuscì a trasmettere nelle sue opere un senso di drammaticità e di forza che riflettono la profonda concezione della vita di un Otto. In genere gli artisti che appartengono all’Otto lasciano sempre una traccia della centralità del corpo nella loro opera. Ciò è facilmente riscontrabile nelle forme possenti e al tempo stesso splendide nel disegno d’altri numeri Otto illustri come Benvenuto Cellini e Picasso. Altro campo d’espressione privilegiata dell’Otto è la politica. Le persone di questo tipo possono essere dei capi, ovviamente molto carismatici, ma soprattutto in grado di creare un clima del tipo: chi non è con me, è un mio nemico. Nell’Otto s’incarna la figura del dittatore che esercita, in definitiva, più un potere del tutto personale che non quello riveniente dall’essere espressione massima di un’ideologia o di un movimento. Esempi notissimi di persone Otto con quest’attitudine possono essere ritrovati fra gli appartenenti alle più svariate forme politiche. Se, infatti, possiamo citare come esempi di dittatori di “sinistra”, Stalin, Mao o Fidel Castro, possiamo anche elencare fra quelli di “destra”, Benito Mussolini o, anche se a quell’epoca i concetti di destra e sinistra erano molto diversi da quelli attuali i romani, Lucio Silla e, sul fronte opposto, Caio Mario. Il condottiero nel quale le caratteristiche dell’Eccesso si mostrano più evidenti, è secondo la mia opinione, certamente il più formidabile nemico di Roma, Annibale Barca. La storia della vita di Annibale (un Otto con una forte vicinanza del Sette), è quella di un uomo che non teme di affrontare niente e nessuno, animato non tanto dall’amore per la propria patria, ma dal desiderio di combattere e vincere un nemico verso il quale aveva nutrito, nel rispetto del dettato familiare, un odio profondo fin da bambino. Capace di sostenere uno sforzo fisico quasi incredibile, astuto e determinato nel realizzare le sue idee, tanto idolatrato dai soldati al suo comando e dal popolo di Cartagine, quanto odiato sia dall’aristocrazia romana sia da quella cartaginese, Annibale resta nella storia come esempio classico di persona verso la quale non si può restare indifferenti. L’estrema polarizzazione del suo comportamento da Otto, che definire gladiatorio non è sbagliato, traspare, fra i tanti, nell’episodio della morte del console romano Marco Claudio Marcello. Secondo Tito Livio dopo la morte di Marcello avvenuta in un’imboscata, Annibale si recò appositamente sul luogo e, senza lasciare trasparire dagli occhi un lampo di gioia, diede alla salma del suo nemico onorata sepoltura. La spiegazione del suo comportamento tanto cavalleresco si può trovare in una tipica tendenza dell’Otto. Secondo le parole dello stesso Annibale, infatti, Marcello,era l’unico a non concederci tregua né a richiederla, né in caso di vittoria, né in quello di sconfitta. Ben diverso e più crudele era, invece, il normale atteggiamento d’Annibale, secondo il credo di un Otto, verso i nemici sconfitti che non avevano combattuto con valore. Fra i personaggi letterari Otto si deve citare, necessariamente, il manzoniano Innominato, per la precisione della descrizione psicologica. Toccato profondamente dal discorso di Lucia, l’Innominato dopo una notte di tormento interiore e un colloquio profondissimo col cardinale Federico, è toccato dalla grazia divina e muta d’improvviso il suo stile di vita. Ecco come il Manzoni descrive le reazioni dei bravi alla conversione dell’Innominato: oltre il timore, avevano anche per lui un’affezione come d’uomini ligi; avevano poi tutti loro una benevolenza d’ammirazione; e alla sua presenza sentivano una specie di quella, dirò pur così, verecondia, che anche gli animi più zotici e più petulanti provano davanti ad una superiorità, che hanno già riconosciuta. S’aggiunga a tutto ciò, che quelli tra loro che avevano risaputa per i primi la gran nuova, avevano insieme veduto, e avevano anche riferito la gioia, la baldanza della popolazione, l’amore e la venerazione per l’innominato, che erano entrati in luogo dell’antico odio e dell’antico terrore. Di maniera che, nell’uomo che avevano sempre riguardato, per dir così, di basso in alto, anche quando loro medesimi erano in gran parte la sua forza, vedevano ora la maraviglia, l’idolo di una moltitudine; lo vedevano al di sopra degli altri, ben diversamente di prima, ma non meno; sempre fuori della schiera comune, sempre capo.
Una descrizione accuratissima del senso d’appartenenza e di gerarchia che un Otto riesce di solito a creare attorno a se, che fa il paio con la seguente splendida rappresentazione della virtù che l’Innominato ha raggiunto andò dunque in camera, s’accostò a quel letto in cui la notte avanti aveva trovate tante spine; e vi s’inginocchiò accanto, con l’intenzione di pregare. Trovò in fatti in un cantuccio riposto e profondo della mente, le preghiere che era stato ammaestrato a recitar da bambino; cominciò a recitarle; e quelle parole, rimaste lì tanto tempo riavvolte insieme, venivano l’una dopo l’altra come sgomitolandosi. Provava in questo un misto di sentimenti indefinibili; una certa dolcezza in quel ritorno materiale alle abitudini dell’innocenza; un inasprimento di dolore al pensiero dell’abisso che aveva messo fra quel tempo e questo; un ardore di arrivare, con opere di espiazione, a una coscienza nuova, a uno stato il più vicino all’innocenza, cui non poteva tornare; una riconoscenza, una fiducia in quella misericordia che lo poteva condurre a quello stato, e che gli aveva già dati tanti segni di volerlo.
A differenza dell’Innominato che trova attraverso l’esperienza della grazia la possibilità di dare un nuovo significato alla propria vita, il Don Giovanni di Tirso da Molina, non riesce ad evadere dalla forza della passione e soggiace fino alle estreme conseguenze (è trascinato ancora vivo all’inferno), alla sua tendenza a farsi oltraggiosamente beffe di tutto e tutti. In Don Giovanni il tratto del seduttore tutto teso alla ricerca del piacere sessuale, non è disgiunto da una caratteristica mancanza di scrupoli che rende gli Otto meno evoluti facili all’offesa, all’intimidazione e all’aggressione a mano armata pur di soddisfare il proprio desiderio. A differenza d’Amleto, che da buon Sei è tutto teso alla ricerca della ragione ultima della realtà, Don Giovanni è profondamente legato all’esperienza materiale e concreta del suo vivere. Nell’opera musicata da Mozart su libretto di Da Ponte (anche lui un Goloso), Don Giovanni aggiunge qualcosa della piacevole leggerezza del Sette alle sue caratteristiche basilari, come nel seducente duetto Là ci darem la mano, ma alla stretta finale la sua volontà di non farsi intimidire e di subire limitazioni, mostra in modo inequivocabile la sua durezza da Otto. Da questo punto di vista egli è molto simile a famosi poeti Otto come Cecco Angiolieri e Francoise Villon. Chiudo questa breve carrellata ricordando, infine, Martin Luther King, il cui famoso I have a dream è certamente il grido di un rivoluzionario, ma di un rivoluzionario guidato dallo spirito di fratellanza e non di sopraffazione.