La passione della Gola è qualcosa di molto più pervadente e sottile di quanto l’uso comune del termine goloso possa suggerire. Data la posizione di questo tipo sull’Enneagramma si può immediatamente comprendere come l’aspetto cognitivo sia quello prevalente e che, quindi, la Gola sia più un gusto per le promesse intellettuali di una situazione, che un semplice gusto per i cibi o la cucina raffinata (anche se, come per le altre passioni, vi sono golosi che sono tali nel senso comune del termine). Questa passione è, quindi, sicuramente un desiderio di riempirsi di cose buone, ma queste “cose” attengono più al campo delle aspettative ideali che non a quello del materiale. Le parole edonista ed epicureo che spesso sono usate in connessione con questo tipo, riescono a trasmettere solo la tendenza del Sette a ricavare diletto dalle proprie azioni e dalla vita, prescindendo da altri interessi o fini morali, ma non evidenzia che dietro a quest’apparente giocosità, esiste una fortissima componente di paura che viene in qualche modo esorcizzata. La passione della Gola è, in realtà, quella che per limitare gli effetti della paura, usa così tanti accorgimenti che può essere considerata come la più strategica in assoluto. L’atteggiamento di piacevole condiscendenza e di facile inclinazione ai piaceri, cela, infatti, un più profondo senso di fragilità esistenziale che è mascherato, per così dire, dietro un’allegra risata. Il Sei controfobico per difendersi, aggredisce la sua stessa paura, il Sette parallelamente, cerca di difendersi giocando a nascondino con la paura. Il primo ricorda sempre il lato negativo di una situazione, il secondo, invece, cerca sempre di ricordare e di rivivere solo l’emozione positiva che aveva provato. Un poeta medioevale ha espresso questo modo di concepire la vita del Sette con le seguenti parole: Balliamo tutti, da sempre, sull’orlo della morte. Ma, forse, per questo, dovremmo non ballare o rendere meno accattivante la danza che balliamo? Da questa tendenza nasce l’attitudine del Sette ad essere molto curioso, ad inseguire con determinazione e quasi ad ogni costo, tutto quello che sembra promettere un piacere e, correlativamente, una specie d’esistenziale movimento continuo, col quale si passa facilmente da una storia affettiva un’altra, da un’esperienza ad un’altra. I Sette si definiscono, e lo sono in realtà, come amanti della vita, allegri, spensierati, ottimisti e convinti che c’è sempre una via di soluzione per ogni problema, ma sanno loro per primi che questo strato di vernice dorata copre appena le più profonde sensazioni di smarrimento ed insicurezza esistenziale che sono sempre in agguato. Come un bambino che messo su una giostra, teme che alla fine della corsa possa trovarsi completamente solo senza sapere cosa fare, un Sette è tutto orientato a trovare altri modi per continuare la durata di quel gioco o per passare ad altri infiniti, possibili, giochi. Il pericolo più grande per un Sette è quello della noia, poiché l’eccitazione lascia facilmente il posto ad una forma di delusione simile a quella che sperimenta il Quattro. Per tale motivo si può capire perché il Sette sia più interessato al gioco della conquista che ai risultati della stessa. Il campo dell’attenzione di un Sette è molto vasto ma, tipicamente, superficiale e pertanto il Goloso può interessarsi a qualunque cosa, ma solo con estrema difficoltà diventerà veramente un esperto, contrariamente al Cinque cui è collegato dalla freccia interna. In compenso sviluppa una fortissima intuizione che lo porta a trovare sempre il modo migliore per affrontare le relazioni interpersonali ed ad essere, talvolta, un affascinante bugiardo. Quest’abitudine ad essere sempre gradevole può facilmente confondersi con l’analogo atteggiamento posto in essere dal Tre verso le persone cui vuole piacere, ma nel Sette c’è una maggiore spontaneità e, soprattutto, una più immediata emozionalità. L’accusa di essere un po’ troppo leggero (o peggio) tante volte mossa a questo tipo, trova spesso una conferma più nella visione di se che ha un Sette, che non nella realtà oggettiva dei fatti. La curiosità è l’ulteriore combustibile che spinge la macchina emozionale del Sette, facendogli ritenere che dietro ogni novità ci possa essere l’opportunità di un’esperienza gradevole. Come dicono in Inghilterra, però, curiosity killed the cat e, spesso, alla fine del gioco al posto dello sperato divertimento, il Sette trova soltanto disillusione (anche se, ovviamente, questa durerà pochissimo perché c’è sempre un’altra opportunità da inseguire) o peggio.
La tipica flessibilità e poliedricità del Sette fa sì che le persone di questo tipo possano svolgere quasi ogni compito. Mossi da un’instancabile voglia di conoscere nuove situazioni, luoghi e persone, i Sette possono appassionarsi, anche se normalmente solo per un breve periodo, alle più svariate discipline. Non è, quindi, sorprendente trovare noti Golosi in quasi tutti i campi dell’attività umana. Il personaggio più noto e meglio esemplificativo delle caratteristiche profonde del Sette è sicuramente l’Ulisse sia dell’Odissea che della Divina Commedia. Maestro di furbizie, incantevole affabulatore e stratega abilissimo, Ulisse è permanentemente alla ricerca di nuove avventure, anche se da buon Goloso cerca di evitare quei doveri che sembrano promettere solo esperienze negative. Cerca, così, di evitare di mantenere la promessa di combattere che aveva fatto quando, inutilmente, aveva cercato di conquistare la mano d’Elena, fingendosi pazzo. Durante tutta l’Odissea Ulisse sembra sempre più interessato alle meraviglie del grande mondo, piuttosto che all’effettivo ritorno alla sua casa. Itaca sembra funzionare nella mente d’Ulisse tipicamente come una specie di fune di salvezza, come la gradevole idea che esiste una specie di porto franco, che ogni Sette sente necessario per combattere la sgradevole sensazione di non avere un luogo cui appartenere. L’esistenza di questo centro di gravità è necessaria per un Goloso che correrebbe il rischio, altrimenti, di essere soggetto solo a spinte centrifughe che lo perderebbero. L’Ulisse di Dante è, rispetto a quello d’Omero, ancora più utopico e desideroso di sperimentare nuove esperienze e conoscenze e non teme, pur di viverle, di affrontare qualsiasi pericolo. Le frasi che rivolge ai compagni con i quali s’imbarca in quello che Dante definisce il folle volo, sono un capolavoro d’eloquenza retorica(fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtude e conoscenza), tutta tesa a sminuire il senso del pericolo agli occhi dei suoi rematori. In senso più generale la tendenza a sottovalutare i possibili rischi insiti in una situazione, è una pericolosa caratteristica dei Golosi. Ugualmente geniale, ed in un certo senso ugualmente dispersiva, è la figura di Leonardo da Vinci, il cui interesse verso ogni tipo di scienza non si accompagnava ad un corrispondente senso di sistematicità e compiutezza. Come noto le opere compiute di Leonardo sono pochissima cosa rispetto ai progetti intrapresi e non conclusi, mentre la sua produzione per “l’effimero” (gli stand scenografici per le numerose feste degli Sforza, l’allestimento per la celebreFesta dello Zodiaco, ecc.) è parecchio vasta ed impegnò a lungo, molto probabilmente con diletto, l’autore. I numerosi scritti di Leonardo hanno tutti in comune il fatto d’essere più un’accozzaglia eterogenea d’appunti, di note spese, di proverbi ed altro, che non una sistematica esposizione di una materia. La segretezza con la quale Leonardo custodiva il significato dei suoi scritti sembra (agli occhi moderni della storia della scienza che valuta lo stato delle scoperte preleonardesche), non fosse all’altezza del valore del contenuto stesso, tuttavia, attorno a quegli enigmatici codici Leonardo costruì, con il suo operare misterioso, un’aura quasi magica che n’accrebbe per i suoi contemporanei ingegnosamente l’importanza. Anche questo tratto è tipico del Sette, che riesce normalmente ad essere un ottimo venditore di se stesso, e fra tutti i tipi è quello più in grado di ammantare di un velo di mistero le proprie azioni per renderle più attraenti. La tendenza più “godereccia” e carnale del Sette è, invece, bene espressa nelle opere del grande Federico Fellini e ancora in modo più palese in quelle di Tinto Brass (ambedue tipi Sette nella vita reale). In una memorabile scena del film Amarcord, il nonno del protagonista riesce a trasmetterci in modo quintessenziale l’idea che un Sette ha della morte. Uscito di casa, in un giorno molto nebbioso, il vecchio nonno vaga fra le strade rese totalmente vuote d’oggetti e d’uomini dalla fittissima nebbia. Solo alcune voci indistinte e lontane, sembrano ricordare che esista qualche altra forma di vita. Il vecchio disorientato dal vuoto, confida allora alla cinepresa la seguente emblematica frase: “Ma se questa qui è la morte, non è mica una bella cosa!” . Le donne dai seni enormi dell’immaginario felliniano, sono, come le donne rappresentate dai pittori Sette Rubens e Botero, un’evidente trasposizione dell’irresistibile attrazione del Sette verso un’opulenza che privilegia la quantità a scapito della qualità. In linea più generale si può ritrovare nelle opere dei numerosi registi Sette (oltre a quelli già citati possiamo ricordare Robert Altman, Bob Reiner, Bob Fosse, Kenneth Branagh, Roberto Benigni e Steven Spielberg), la tipica tendenza a privilegiare nel ricordo di un’esperienza gli aspetti positivi, rispetto a quelli negativi. Così nel film Stand by Medi Reiner il racconto fa notare più l’eccitazione e il brivido dei giovani adolescenti protagonisti, in cerca della loro definitiva maturità, che non i sentimenti relativi alle due morti che fanno da filo conduttore del film. Il recente La Vita è Bella di Roberto Benigni, illustra in modo evidente la grande capacità che ha il Sette di trasformare qualsiasi situazione, anche la più tragica, in gioco. Nell’inferno del campo di concentramento il protagonista riesce a preservare dagli orrori e dalle distruzioni della guerra il proprio figlio, mutando in oggetto di divertimento le situazioni angosciose e la paura del presente. Un’analoga sensazione può essere avvertita nelle pagine più brillanti di Wolfgang Amadeus Mozart. Più le situazioni reali della sua vita erano difficili ed economicamente pesanti, tanto più la sua musica diventava allegra e spensierata. Correlativamente nei momenti di maggiore tranquillità la sua musica assumeva toni più seri e profondi. In Mozart era ben presente la tendenza di questo tipo a restare, a livello psicologico, fondamentalmente, un adolescente. Questa sindrome è nota nella letteratura psicoanalitica, col nome di “Sindrome di Peter Pan”, dal nome del personaggio centrale della favola di J.M. Barrie che espone così la sua filosofia di vita:
Peter (appassionatamente) “Io non voglio andare a scuola ed imparare cose importanti. Nessuno riuscirà ad intrappolarmi, signora, e a rendermi un uomo. Io voglio essere sempre un giovane ragazzo e divertirmi”.
Le parole di Peter Pan, riecheggiano con lo stesso significato e la stessa sottile ribellione, nella canzone Girls they want to have fun della cantante Sette Cindy Lauper. L’aspetto ribelle del Sette che, contrariamente al suo vicino Sei, non sopporta molto il peso di una gerarchia ossessiva e pesante, è, invece, molto più evidente nel personaggio di McMurphy, un piccolo teppistello che ha simulato la pazzia per evitare il carcere, interpretato da Jack Nicholson (anche lui un Sette nella vita reale), nel film Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo. Il contrasto fra il personaggio della capo-infermiera che rappresenta tipicamente lo stile del tipo Uno, e l’anarchica disobbedienza e ribellione del Sette (McMurphy non solo contravviene più volte agli ordini di medici ed infermiera, ma arringa anche gli altri pazienti a ribellarsi contro quello che lui descrive come un ordine malefico e implacabile capace di creare schiavi e dittatori) , portano inevitabilmente alla drammatica conclusione del film. L’inclinazione alla permissività, al libertinismo e alla trasgressione del Sette rende questo tipo il più facilmente disponibile alle droghe, all’alcool e a tutto quello che sembra promettere piacere. In una clausola del testamento Bob Fosse lasciò 25.000 dollari agli amici, affinché facessero un orgia-party sulla sua tomba in suo onore. Data questa premessa, non è pertanto strano capire come i Golosi siano molto presenti nei settori della pornografia e, più in generale, nei campi del piacere proibito. Hugh Hefner, un tipico Sette, affermava di aver fondato la famosa rivista Playboy per fuggire da un mondo reale di dovere in una zona franca di piacere dove tutte le fantasie erano possibili. Il leggero e libertino Sette può, però, esemplificando il messaggio esistenziale del Tantra, trasformare la sua energia sessuale in quella spirituale e diventare, così, una persona di trascendente ed elevata moralità. Molti dei grandi maestri sufi della storia (Omar Khayyam, Jalaluddin Rumi ecc), hanno percorso questa strada giungendo alle più elevate vette della spiritualità umana. Sullo stesso livello dei maestri sufi citati, e a loro contemporanei, possiamo considerare i cammini di Raimondo Lullo e del più gran santo riformatore della chiesa cattolica: Francesco d’Assisi. La storia di Francesco ci fornisce il miglior esempio della possibile evoluzione di un Sette, dalla normale inclinazione verso i piaceri terreni ad una dimensione diversa dell’esistenza. Superando la paura che è presente in ogni Sette, Francesco giunse a vedere un’intima essenza più importante di qualsiasi manifestazione superficiale, in ogni aspetto dell’esistenza. Il suo giustamente famoso Cantico delle Creature è l’inno di gioia di un’anima, che ha ritrovato il vero senso dell’esistenza e, superando la barriera formata dall’apparente molteplicità delle cose, rende grazie per la possibilità che le è stata concessa di percepire l’assoluto anche nei più comuni aspetti dell’ordinarietà.