HomePage › Forum › Forum ASS.I.S.E. › Manipolazione e Ferita del Cinque
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Utente OspiteCara Leo, il tuo intervento nel post sugli Enneatipi a Confronto ha colto nel segno. Il Cinque ha subito una Ferita prodotta dalla presenza/assenza di un genitore che cercava, quando presente, inconsciamente di compensare i periodi di “vuoto” con una iper attenzione che veniva percepita come invadenza. Molto più di frequente che negli altri tipi ho riscontrato che i genitori o venivano idealizzati, ma vissuti come molto lontani (come il Sole visto da oltre Plutone, ebbe a dire un Cinque in un workshop), o, all’opposto, “rifiutati” perché “inaffidabili”. Una volta un uomo Cinque del sottotipo Sociale con la Certezza come Polarità Dominante(tipo-sottotipo-polarità tipologica), mi raccontò la seguente storia infantile che è piuttosto interessante. “Mia madre lavorava come cameriera ad ore presso una famiglia di persone facoltose senza figli ed io, per tutto il tempo della sua assenza, ero affidato ai miei nonni, persone anziane che si mostravano sempre infastidite e mi sgridavano duramente se piangevo o facevo troppo rumore. Il giorno dell’Epifania, avrò avuto sei o sette anni, mio padre, che viveva in un’altra città a causa del suo lavoro di poliziotto, mi portò in regalo un trenino di legno colorato di rosso e di verde col comignolo bianco. Io amavo i trenini ed avrei voluto un trenino elettrico, ma papà mi spiegò che le ruote di plastica si potevano muovere, se le si faceva girare in un certo modo, e si mise vicino a me a giocare. Credo sia l’unica volta, anzi, che ricordo mio padre giocare con me. Verso le dodici mia madre mi vestì e, contro la mia voglia, mi preparò per uscire con lei. Capii che dovevamo andare a casa dei suoi datori di lavoro, perché era ora di pranzo, e cominciai a piangere ed ad agitarmi, ma non ci fu nulla da fare e le presi pure. L’unica cosa che riuscii ad ottenere fu quella di portare con me il mio trenino di legno. Lunga tutta la strada io sentivo di “voler male” a mia madre e più lei cercava di blandirmi, più io ero furioso e non volevo nemmeno più vederla. In particolare lei insisteva che io dovevo essere contento, perché c’era una bella sorpresa per me, ma io sapevo solo che volevo stare a casa con papà e Paola (la sua sorellina) e non volevo andare da quella gente. In ogni modo arrivammo a casa loro e la signora mi venne subito ad abbracciare ed accarezzare, dicendomi belle parole. Io, però, non ci volevo stare lì e ripresi a frignare che volevo andare via. Per farmi stare buono, allora, la signora mi portò un pacchettone regalo che, come mia madre mi disse con un sorriso, era proprio stato pensato per me. Ricordo ancora che io pensai: E chi ve lo ha detto? Io voglio solo stare a casa e non voglio nulla da voi”. In poche parole nel pacchetto c’era un bellissimo trenino elettrico, che venne anche montato e messo in funzione, ma io non lo guardai nemmeno. Più mia madre insisteva perché ci giocassi e più io sentivo di non volerlo nemmeno vedere. Sul volto di mia madre c’erano imbarazzo, rabbia ed anche un qualcosa di altro che non riucivo a capire, ma io non la stavo proprio a sentire. Più gli altri insistevano per farmi giocare e più io mi rifiutavo anche solo di guardare. Mia madre disperata, allora, cercò di togliermi il trenino di legno, ma io mi scagliai contro di lei urlando, “Questo è il trenino di papà, non voglio altro, voglio solo la mia casa e il trenino di papà mio”. Mia madre a quel punto ebbe una stranissima reazione e, come se fosse stata svergognata, non mi riuscì nemmeno più a guardare in faccia. Per tutto il resto del tempo in quella casa mia madre non mi disse più una parola. Sentivo che lei era dispiaciuta per quello che stavo facendo, ma sentivo pure che io non volevo quello che mi volevano far fare loro, se mamma non mi voleva sentire, allora anche io non volevo stare a sentire lei. Se lei non mi voleva bene, allora anche io, anche se mi sentivo cattivo, non le volevo bene. Con mia madre ho fatto sempre così, mi sento in colpa quando mi viene a cercare e mi fa delle richieste a cui rispondo di no, ma al tempo stesso sento che sta cercando, in qualche modo, di comprarmi”. Una testimonianza interessante, ce n’est pas? Il Capitano
Antonio BarbatoOops….. se non si fosse capito, il precedente messaggio era il mio. Antonio
EleonoraCon la storia di quest’uomo ho in comune la figura dei nonni. La mattina, quando mia madre era intenta alla pulizia della casa (era una vera e propria maniaca della pulizia), cercava di togliersi dai piedi noi figli e così spesso mi sloggiava dai nonni. Ho sempre ricordato questo con angoscia, esattamente allo stesso modo di quando mi portava all’asilo. I miei nonni erano freddi e distanti, non mi accoglievano mai con un sorriso ma sempre con una evidente punta di fastidio. Quando andavo da loro, sapevo che non avrei potuto toccare niente nè parlare con loro. E allora passavo le ore (questa scena mi è stata sempre nella mente) vicino al vetro di una finestra a guardare nella strada. Ricordo che ogni volta che mia madre mi mandava da loro, sentivo l’angoscia e non avrei voluto andarci. Non ricordo se qualche volta ho protestato per questo. Ciò che ricordo è che mi piegavo con rassegnazione perchè sapevo che non c’era niente da fare. Per tutti, madre, zii, ecc. sembrava una cosa così normale e naturale, solamente a me prendeva l’angoscia. Un’altra cosa che sento mia è quando parli di idealizzazione e/o di rifiuto dei genitori. Sicuramente, come sai, avevo idealizzato, già da bambina mio padre e poi ho continuato a farlo per anni anche da adulta. E’ chiaro che la sua morte prematura me lo abbia fatto vivere, realmente, come molto lontano. Per quanto riguarda mia madre, invece, ricordo ancora oggi il momento preciso quando capii che non potevo assolutamente fidarmi più di lei. Non avevo più di quattro o cinque anni. Ma oltre a ciò, voglio aggiungere che, siccome lei ha smesso molto presto (a causa di altri figli in arrivo) di tenermi in braccio, di abbracciarmi, anche nei momenti in cui era tranquilla e non isterica, la vivevo come fosse un fantasma, non mi veniva alcun calore da lei. Quindi, o la vivevo con terrore quando era infuriata (molto spesso) oppure come un fantasma che si aggirava per casa, assente nella sua indifferenza. In fondo, mi accorgo che ritorna il tema della distanza. La sua invadenza, invece, credo di averla sentita molto nelle “attenzioni proibitive”, non si poteva neanche respirare se lei non era d’accordo. Quando alla TV pubblicizzavano “Non ti muovere!” mi sembrava di sentire lo slogan della mia infanzia. ciao. eleonora
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