L’Oxford English Dictionary definisce l’orgoglio come: “Una grande, smisurata, opinione delle proprie qualità, successi o condizione”. Questa definizione ha sicuramente il pregio di indirizzarci verso una delle caratteristiche più evidenti dell’orgoglioso, il gran senso di se, ma ha anche il difetto di farci vedere questa passione più come un’idea, un’opinione, che la persona ha di se. In realtà il mondo interiore di un orgoglioso ha poco a che fare con l’aspetto cognitivo ed è totalmente dominato dalla percezione istintuale ed emotiva. La posizione del tipo Due nell’Enneagramma ci dice chiaramente che essa è la più lontana dal Centro del Pensiero e sottolinea così il decisivo predominio della parte emozionale. I discorsi logici e le finezze del pensiero annoiano mortalmente un orgoglioso, che è invece tutto incentrato sulla ricerca d’emozioni intense e dell’amore. La frase più classica delle persone di questo tipo è: “Io sono importante per te e tu non puoi fare a meno del mio amore”. In conformità a questo presupposto i tipi Due si avvertono come persone molto buone, pronte a far di tutto per aiutare l’altro (non, ovviamente, l’altro in senso universale, ma in quello più ridotto delle persone che lo interessano), nutritive, di buona compagnia e disponibili. In questo modo la passione trova un appiglio decisivo per mascherarsi, come abbiamo visto anche nel tipo Uno, dietro un atteggiamento di benevolenza. Le persone di questo tipo, pur nutrendo spesso una decisa ambizione sociale, hanno la tendenza a mostrare un’immagine di se molto attraente e carina perché per loro è importante sentire l’interesse dell’altro. Per questo si circondano di persone che amplificano la loro autostima richiedendo apporto e consiglio. Gli Orgogliosi amano l’allegria, la spontaneità, un linguaggio fiorito e delicato, gli ambienti ricchi di calore emozionale e, correlativamente, si sentono a disagio in situazioni tristi, convenzionali ed impersonali. Il parametro che utilizzano per valutare il mondo e le persone è quello della simpatia o antipatia ed una volta che hanno formulato un giudizio in tal senso, è estremamente difficile far cambiare la loro opinione. Va precisato, in tal senso, che non si tratta di semplice testardaggine ma di una più profonda forma di ribellione verso chiunque voglia limitare la loro libertà emozionale. Questa necessità psichica di non sentirsi limitati dal condizionamento sociale nella ricerca d’emozioni gradevoli, è il presupposto di un altro tratto caratteriale tipico del Due, la seduttività. Tale seduttività è spesso inconscia e la persona non si rende nemmeno conto di lanciare messaggi in tal senso. Talvolta ciò crea delle situazioni al limite dell’imbarazzo e del ridicolo, perché l’altro, cui sono rivolti questi messaggi impliciti, si sente autorizzato a fare avances che sembrano, invece, assolutamente immotivate agli occhi del Due. In termini più generali possiamo affermare che, nell’Orgoglio, questa gran libertà di sentire ed esprimere emozioni è ottenuta a spese della percezione cognitiva delle stesse. Fra tutti i tipi, il Due è quello che esercita un minor controllo sugli impulsi e fa della sua “spontaneità” emotiva, la propria bandiera di vita. Tutto quello che un Due percepisce come irritante è frequentemente espresso in termini espliciti di disapprovazione, ma più spesso viene trasmesso in un modo che va a stimolare i sensi di colpa.. L’altro, ovviamente, oltre a percepire che dietro alle “dolci” raccomandazioni e alle premure c’è una specifica esigenza del Due e non quella propria, sente il carattere manipolativo di queste manovre. Spesso questo tipo è, a ragione, rimproverato d’essere possessivo ed invadente proprio perché ritiene che non ci sia nulla di sbagliato nell’esprimere questi sentimenti. Un altro elemento specifico del tipo Due è quello di amare in maniera viscerale i bambini. Questo tratto caratteriale è frutto di una proiezione del Due che vede il bambino come un essere ancora non condizionato, molto bisognoso d’aiuto e che non può costituire in alcun modo una minaccia alla sua libertà. Un problema che i figli dei tipi Due frequentemente hanno, è proprio quello di affrancarsi da un genitore sicuramente affettuoso ma che continua a considerare come un “piccolino”, il proprio rampollo quarantenne. Le caratteristiche che abbiamo visto essere presenti nel tipo Due (calore emozionale, seduttività, nutritività, richiesta estrema di vicinanza, essere importanti per le persone amate, eccetera), sono nel mondo occidentale quelle che più tipicamente sono attribuite alla femminilità. Non è quindi sorprendente se questo tipo è quello che presenta, percentualmente, la più alta presenza di donne fra i suoi rappresentanti.
Apriamo questa lista con l’esempio di Napoleone Bonaparte perché la sua figura esemplifica sia il grande egocentrismo, sia la certezza di essere il salvatore di un’intera nazione. Un gustoso aneddoto ci riferisce che un giorno Napoleone stava cercando di prendere, con difficoltà, un libro posto su un alto scaffale. Un granatiere vedendolo in difficoltà gli disse: “Maestà aspetti che l’aiuto io che sono più grande”. Napoleone fulminandolo con lo sguardo gli rispose: “Imbecille! Più alto, non più grande”. E’ ben noto che molte delle promozioni e delle elargizioni da lui fatte dipendessero da moti improvvisi del suo animo, colpito positivamente da un atto di coraggio o di dedizione, più che da un disegno ben motivato. La sua strana abitudine di tenere una mano nel panciotto all’altezza del petto, può essere spiegata con l’attitudine del tipo Due di sentirsi vivo mediante la percezione di ciò che è il centro del suo essere: il battito del cuore. Sulla stessa linea di condotta troviamo il personaggio della Cleopatra reale, una donna in cui l’orgoglio, l’abilità nel comunicare (parlava correntemente cinque lingue), la gran passionalità, la seduttività e una sfrenata ambizione, concorrevano tutti a rendere formidabile la capacità di manipolazione che è propria del tipo Due. Le modalità stesse della sua morte ricordano il continuo richiamo del Due al proprio cuore, poiché Cleopatra si tolse la vita non direttamente, ma mediante il morso di un serpente il cui veleno bloccava il battito cardiaco. Il personaggio letterario della tragedia di Shakespeare, Antonio e Cleopatra, non è meno passionale né meno manipolativo di quello reale. Nel primo atto della tragedia possiamo vedere ambedue gli aspetti in azione quando Cleopatra, temendo inconsciamente di aver perso la sua influenza su Antonio, invia lui un messaggero, poiché il suo orgoglio non le permetterebbe mai di mostrare il suo bisogno direttamente all’amante, che gli faccia ritornare in mente il desiderio di lei. Le parole che Shakespeare mette in bocca a Cleopatra sono così psicologicamente esatte che vale la pena di riferirle qui:
Cleopatra (rivolgendosi al messaggero): “Va a vedere dov’è, con chi è, cosa fa. Non dire che ti ho mandato io. Se lo trovi malinconico, digli che io sto danzando; se invece è allegro, digli che improvvisamente mi sono sentita male. Svelto, e poi torna”.
L’interpretazione cinematografica più famosa di questo dramma è certamente quella con Liz Taylor e Richard Burton. In essa la Taylor, che è anche lei un tipo Due, aggiunge alle caratteristiche del personaggio una certa fragilità bambinesca e un bisogno di incoraggiamento esplicito che sono anch’essi tipici dell’Orgoglio. La cantante Madonna può essere considerata una trasposizione in chiave moderna del personaggio di Cleopatra. Anche lei profondamente ambiziosa ha saputo vendere sempre una seduttività che non si cura molto del giudizio altrui, un’immagine d’indipendenza e un desiderio di libertà emozionale che non vuole subire alcun tipo di condizionamento e non si cura molto del giudizio sociale. Fra le attrici non si può non ricordare la nostra Sofia Loren famosa nel mondo per i suoi ruoli ricchi di impulsività emozionale e di calore affettivo. L’aspetto più concretamente materno e nutritivo del Due si ritrova invece, espresso pienamente in Mia Farrow, una supermamma che non paga dei suoi figli naturali non ha esitato a adottare generosamente una colonia di bambini di diversa nazionalità. Quest’aspetto sicuramente evoluto del Due si ritrova ancora più marcato nelle motivazioni di madre Teresa di Calcutta il cui desiderio di aiutare i poveri e i bisognosi, si è esteso, trascendendo le limitazioni proprie dell’Orgoglio, a tutti i sofferenti del mondo. Secondo madre Teresa la cosa peggiore al mondo era la sensazione di sentirsi indesiderati, un’affermazione che sembrerebbe apparentemente strana sulle labbra di un Due, ma che rivela, invece, uno dei tratti motivazionali più profondi e negati di questo tipo. Il suo amore per i bambini era davvero illimitato e per questo si è sempre battuta, a torto o a ragione, contro l’aborto volontario. La frase che riassume in pieno il suo credo è anche quella che è il motto dell’ordine dei Missionari per la Carità, da lei fondato: “L’unica cosa che converte realmente è l’amore”. Motivazioni analoghe a quelle di madre Teresa le possiamo ritrovare nell’opera di altri tipi Due illuminati come Florence Nightingale e Henri Dunant, cui il mondo deve quella meravigliosa istituzione che è la Croce Rossa. Fra gli esempi letterari oltre alla già citata Cleopatra, spiccano tre figure fra tutte: Donna Prassede dei Promessi Sposi, l’infelice Francesca da Rimini nell’Inferno di Dante e l’indomabile Carmen della novella omonima di Prospero Merimée resa immortale dalla musica di Bizet. Il ritratto che il Manzoni ci da di Donna Prassede è così esatto psicologicamente, quanto finemente gustoso nell’ironia che lo anima e meriterebbe di essere riportato tutto intero. Per non appesantire troppo il testo di questa pagina mi limiterò a riportare solo le seguenti righe, che mostrano l’inequivocabile l’invadenza animata da buone intenzioni del tipo Due, che appare evidente a tutti tranne che alla persona stessa: “Buon per Lucia, che non era la sola a cui Donna Prassede avesse a far del bene….Oltre il resto della servitù, tutti cervelli che avevano bisogno, più o meno, d’esser raddrizzati e guidati; oltre a tutte l’altre occasioni di prestar lo stesso ufficio, per buon cuore, a molti, con cui non era obbligata a niente: occasioni che cercava se non si offrivano da se; aveva anche cinque figlie; nessuna in casa, ma che le davan più da pensare, che se ci fossero state. Tre erano monache, due maritate; e Donna Prassede si trovava naturalmente ad avere tre monasteri e due case a cui sopraintendere: impresa vasta e complicata, e tanto più faticosa, che due mariti, spalleggiati da padri, madri, da fratelli, e tre badesse, fiancheggiate da altre dignità e da altre monache, non volevano accettare la sua sopraintendenza. Era una guerra, anzi cinque guerre, coperte, gentili, fino a un certo segno, ma vive e senza tregua: era in tutti quei luoghi un’attenzione continua a scansare la sua premura, a chiuder l’adito ai suoi pareri, a eludere le sue richieste, a far che fosse al buio, più che si poteva d’ogni affare”. Francesca, posta da Dante nel girone dei lussuriosi, esemplifica invece la tendenza alla seduttività inconscia e ai triangoli amorosi del tipo Due. Riporto le celeberrime parole che ella pronuncia in risposta a Dante, (si badi bene che è lei che parla, ancora fiera del suo peccato di amore e non il compagno), che le chiede come nacque la relazione fra lei e Paolo Malatesta:”
Noi leggevamo un giorno per diletto
Di Lancialotto, come amor lo strinse;
Soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate gli occhi ci sospinse
Quella lettura e scolorocci il viso;
Ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
Esser baciato da cotanto amante,
Questi, che mai da me non fia diviso,
La bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse!
Quel giorno più non vi leggemmo avante”.
La povera Francesca per giustificare il suo cadere in tentazione da, com’è tipico di un Due, la colpa al libro e proclama la totale innocenza delle sue intenzioni. Noi osservatori esterni, pur toccati come Dante dalla profonda pena per la sua sorte, non possiamo fare a meno di chiederci se fosse davvero “senza sospetto”, il fatto di trovarsi da sola a leggere fianco a fianco col giovane cognato, un libro il cui tema principale era quello di una relazione adulterina, oppure perché ella al primo bacio rispose con quel trasporto meravigliosamente descritto nell’ultimo verso citato. L’ultimo esempio di questa breve carrellata, Carmen, la sigaraia di Siviglia, evidenzia infine la civetteria e l’esplicito desiderio di conquistare le persone che l’attraggono, salvo poi abbandonarle senza troppi riguardi quando è finito il giochino della conquista, che rendono questo tipo il prototipo del latin lover affascinante e farfallone (Giacomo Casanova apparteneva, infatti, al tipo Due).