Testimonianze di vita reale
Il comitato redazionale dell’ASS.I.S.E. è particolarmente contento di presentare questa sequenza di riflessioni e condivisioni, che ha il dono, a nostro avviso, di trasmettere al lettore con immediatezza i vantaggi che l’uso dell’Enneagramma può offrire.
Vogliamo, inoltre, ringraziare tutti coloro che hanno contribuito con la specificità delle loro esperienze alla tessitura di questo tappeto variopinto e multicolore, ed invitare tutti i lettori, che lo volessero fare, a partecipare a questa condivisione di esperienze, inviando il loro contributo all’indirizzo e-mail dell’Associazione. Allo scopo di evitare interpretazioni fuorvianti delle finalità di questo articolo, sono stati omessi tutti i riferimenti ai nomi di insegnanti, località e tecniche, tranne quelli strettamente indispensabili per consentire la comprensione di quello che l’autore dell’intervento stava dicendo.
Ciò non significa, ovviamente, che si sia voluto evitare di dare informazioni su insegnanti, scuole, correnti, dottrine, eccetera (basta consultare la pagina dei siti amici o cliccare sul banner del web ring per ottenere informazioni), ma solo che si è cercato di prevenire che l’ego di qualche lettore meno ben disposto, potesse trovare nutrimento nell’interpretazione tendenziosa della ripetizione, assenza o sovra esposizione di qualche nome (per capirsi meglio: non era nostra intenzione fare un’opera del tipo Cicero pro domo sua).
Finiamo il breve prologo, augurando ai lettori di poter avere dall’articolo lo stesso divertimento e di provare gli stessi insight che ci hanno rallegrato nel leggere e nel cucire insieme le varie esperienze.
Alessia, Tipo Sette
La mia “prima volta” con l’Enneagramma è stata davvero tanto tempo fa, nel lontano……e da allora non ci siamo mai più lasciati!!!
E’ stato un colpo di fulmine! Lui così “TONDO”, così perfetto, così interessante, appassionante, ma soprattutto equilibrato, giusto!…ed io così maledettamente Sette!
Certo, periodi di crisi ce ne sono stati; è innegabile. Solo ed esclusivamente da parte mia, però!
Il mio rimettere in discussione parti di me così perfettamente incastrate nella mia, allora, ritenuta “splendida personalità”, i miei meccanismi e meccanicismi, ormai acquisiti e meticolosamente perfezionati, le mie paure, le mie difficoltà, le mie difese nei confronti dell’ignoto, del non ancora conosciuto, le mie resistenze al cambiamento, il mio temperamento inquieto ed irrequieto mi hanno, spesso, portato a pensare (senza troppa convinzione, in verità) “adesso lo mollo!”
Ma l’amore, si sa, vince su tutto! E poi sul piatto della bilancia hanno sempre pesato molto di più i suoi pregi (ciò che mi ha dato, l’enorme aiuto nella mia professione di psicologa, la maggiore consapevolezza di me stessa e del mio modo di pormi nei confronti degli altri e della vita) rispetto al suo unico difetto (gli incontri avvengono sempre nel week end e di mattina presto!).
La mia indole socievole e sociale e la mia predisposizione a scegliere il gruppo come interlocutore preferito, mi hanno sicuramente agevolata nell’inserirmi facilmente e nell’integrarmi con successo nel mio gruppo dell’Enneagramma.
Il frequentare i corsi è sempre andato di pari passo con il piacere (da brava e diligente Sette!) di stare insieme, di condividere e confrontarmi con gli altri. Ma il momento più intenso ed evolutivo, personalmente, non è stato meramente “piacevole”. Il contatto con le mie parti non propriamente allegre, ma doloranti, la presa di coscienza di ciò che per me e dentro di me è sofferente e soprattutto la vergogna e l’imbarazzo che ho scoperto di provare nel doverlo mostrare, è stata davvero una scoperta destabilizzante per me!
Il lavoro fatto in seguito in gruppo mi è servito a tentare di integrare le mie parti “depresse” (chiamiamole così), con quelle più “allegre”, ed è un lavoro complesso e difficile che a tutto oggi continua.
La nostra storia è, quindi, iniziata con un colpo di fulmine, ma, successivamente, sembra essersi trasformato in un rapporto saldo e duraturo. Del resto una relazione così lunga, per una come me terrorizzata dal legame e dalla dipendenza e affascinata da nuove conoscenze ed avventurosi flirt, è stata davvero una conquista! E poi mi sono scoperta a non essere neppure gelosa di lui (questo è ancora più sorprendente!) visto che l’entusiasmo per l’Enneagramma e l’importanza che ho sempre dato alla conoscenza e alla crescita personale mi porta spesso a “prescriverlo” alle persone cui tengo in particolar modo!
Gabriella, Tipo Quattro
Un sabato mattina di alcuni anni fa mi ritrovai “per caso” nelle aule di un istituto universitario, invitata da una mia buona amica, a partecipare ad un incontro su un argomento che non conoscevo: l’Enneagramma delle Personalità.
Non sapevo allora che quell’incontro avrebbe dato una nuova svolta alla mia vita, ma ero andata lì con un animo aperto a tutte le possibilità; incuriosita dalla possibilità di conoscere meglio le varie personalità che ogni essere umano assume.
Iniziò quel giorno un processo di crescita interiore di cui presi consapevolezza solo più tardi, grazie anche ad un racconto autobiografico in terza persona che scrissi nel Gennaio 2003 e che qui riporto perché, ancora oggi, mi sembra descriva bene la mia esperienza:
“Mery si disse che non sapeva cosa volesse dire amore. Aveva sposato un uomo, gli aveva dato dei figli, aveva perfino imparato a volergli bene…a volte, ma l’amore vero non lo aveva conosciuto.
Lei pensava che la sua vita si sarebbe conclusa così, in modo anonimo, come aveva fino a quel momento vissuto.
Il destino, però, aveva deciso di sorprenderla con il suo gioco imprevedibile e le fece incontrare quelle che le apparvero come le persone giuste al momento giusto. Persone che col loro amore per la conoscenza dell’essere umano, la fecero crescere fino ad una nuova consapevolezza.
Il velo che per anni l’aveva avvolta, nascondendole la realtà, cadde improvvisamente, e lei imparò ad amarsi e rispettarsi anche se dovette, per questo, pagare un prezzo.
Unita alla vecchia immagine di sposa fedele e madre premurosa c’era, infatti, quella della donna servile che lei non voleva più accettare, e così lei non fu più accettata ne riconosciuta. Mery pensò, allora, che bisogna morire ad una vecchia vita per potere rinascere ad una nuova vita………
La vecchia femmina morì e da lei nacque una nuova femmina bambina. Mery fu pervasa da una vitalità che aveva conosciuto solo in un lontano passato e che nel corso degli anni aveva represso, credendo, erroneamente, di averla persa per sempre.
Tutto la stupiva e la incantava. Prese coscienza della sua interiore libertà di pensiero, di espressione e di azione e, finalmente, seppe di amare e di essere riamata per come lei era veramente, per la sua umiltà e la sua grandezza di donna libera di esprimersi in tutto il suo essere, senza riserve né condizionamenti. La selvaggia che era in lei esplose in tutta la sua meravigliosa spontaneità istintuale e Mery contattò la sua emotività e l’intimità più profonda senza averne paura.
Il destino, sotto forma di quella conoscenza, di quella consapevolezza, le aveva alitato un soffio nuovo fra labbra che avevano dimenticato come si comunicava, come si sorrideva alla vita, e tutto le sembrò magico e perfetto. Amando la magia dell’universo Mery vide il mondo con gli occhi del centro dell’Enneagramma e, per la prima volta, se ne innamorò”.
Chiara, Tipo Tre
Ho conosciuto l’Enneagramma partecipando alcuni anni fa ad un convegno di medicina e psicoterapia olistica, in cui uno degli oratori presentava un intervento su questo tema che mi era, allora, del tutto sconosciuto. Questa materia mi incuriosiva ma, al tempo stesso, mi preoccupava un po’ perché, forse, era qualcosa che avrei dovuto necessariamente conoscere per il mio lavoro e che, invece, ignoravo completamente. A quell’epoca mia figlia aveva compiuto due anni ed io, che avevo fatto la mamma quasi a tempo pieno in quel periodo, avevo la sensazione di aver perduto del tempo prezioso e di non stare impegnandomi al massimo per recuperare le cose che avevo trascurato. Parlando nel dopo convegno con il relatore, venni a sapere che forse sarebbe partito a breve un nuovo corso e, sentendo quasi l’urgenza di partecipare, gli chiesi di essere inserita nell’elenco dei partecipanti.
Quattro mesi dopo, tuttavia, non ero stata ancora contattata e avevo dei dubbi sia sulla effettiva partenza di un nuovo corso, sia sul fatto che il relatore si fosse ricordato della mia richiesta. Quando, però, fui infine contattata, fui presa da strani dubbi.
Temevo di dovermi confrontare con persone più competenti di me nella materia e, caso mai, più avanti nella preparazione. Per questo motivo non partecipai alla conferenza di presentazione e arrivai, volontariamente, in ritardo al primo incontro, combattuta fra il desiderio di partecipare e il timore di non dare una buona immagine di me. E’ facile comprendere come, con questo background, mi sia, all’inizio, identificata col tipo Sei, del quale ritrovavo in me molte caratteristiche. Anzi, nella vita quotidiana, lavorativa, familiare e sociale, vivevo sicuramente da Sei, dando molta attenzione ai pericoli e alle minacce. Mi arrendevo volentieri e rinunciavo al “successo” per avere tranquillità, anche se ciò che ottenevo non mi dava pace e sentivo sempre la mancanza di qualcosa. Solo nell’ultimo anno, dopo varie modificazioni dello stile di vita e del regime alimentare, mirate al controllo dello stress ossidativo, ho avvertito un cambiamento dentro di me ed in particolare un forte entusiasmo nel dedicarmi alla mia vita lavorativa (che è sempre stata, in verità, intensa), nel desiderare di fare le cose bene e soprattutto di avere dei “successi”.
A questo punto non mi sono riconosciuta più nel tipo Sei, anche perché non mi riconoscevo in nessuno dei suoi sottotipi, e considerando che da bambina ed adolescente non ero solo interessata ad andare bene a scuola, ma anche e soprattutto che m’impegnavo per essere la più brava, mi sono decisamente ritrovata nel tipo Tre.
Un tipo Tre che, stressato da “insuccessi” che coinvolgono la salute e le difficoltà a fare carriera al “massimo”, sperimenta il fallimento e, nel tentativo di non vedere, prende le sembianze di un Sei.
Dovrei scrivere tante pagine per raccontare quanto l’enneagramma mi sia stato utile nel migliorare il rapporto con me stessa, migliorare (non cambiare nella loro natura) quelli con i miei familiari ed anche per comprendere più facilmente qualsiasi interlocutore, agevolandomi grandemente nella mia attività lavorativa di psicologa, ma basta dire che mi ha spinto a sviluppare almeno un minimo di comprensione e tolleranza per me stessa e gli altri.
L’Enneagramma mi ha anche permesso di conoscere altri amici con i quali avere rapporti veri e, anche per questo, sento di dirgli grazie per questo importante successo.
Michele, Tipo Sei
– Ehi, ce l’hai con me?
– Perché?
– Allora, ce l’hai con me?
– Ma che dici, papà?
Ricordo bene che quest’ultima parola, che mi comunicava l’affetto di mia figlia, mi fece sobbalzare.
Era da un po’ di tempo che pensavo che il problema (se mai ve ne fosse stato uno) del mio modo di pensare non era da ricercare fuori di me, ma …dentro di me, ed ora quella esperienza confermava quanto avevo sospettato. Il problema ora era: Che fare?
In quel periodo avevo appena conosciuto l’esistenza dell’enneagramma e scambiavo qualche parere, via e-mail, con una persona che curava un sito sull’argomento.
Quando questa persona mi invitò ad un seminario, ci andai con curiosità e, mentre si parlava di tigri e di un mullah che seminava molliche di pane, fui colto da un riso irrefrenabile.
Mi ero riconosciuto. Ero proprio io che mi comportavo a quel modo, ma perché? A quale fine?
“Si”, mi fu subito chiaro, “era quella la maschera che indossavo per nascondermi ed ero stato scoperto”. “Ed ora”, mi chiedevo, “che cosa accadrà? Cosa devo fare?”.
Negli incontri successivi al riconoscimento, riuscii ad individuare, con la conoscenza dei “meccanismi del tipo”, alcune delle mie reazioni automatiche.
Ad esempio, a volte partivo esprimendo una iper reattività…ma non mi rendevo conto del perché di quella mia reazione spropositata, non commisurata all’offesa (caso mai ve ne fosse stata una).
Non mi sapevo fermare e reagivo, salvo poi sentirmi in colpa senza nemmeno sapere spiegare il perché dell’accaduto.
Ora, c’è differenza……. Talvolta parto lo stesso; ma, infine, mi so spiegare perché agisco in quel modo: il movente è, infatti, uno solo.
La paura.
Paura come emozione che colora la vita. Indecisione dubbiosa che blocca il fluire sereno del pensiero. Due facce della stessa medaglia e… quella medaglia sono io.
Scoprirlo è stato amaro, ma, in compenso, ha reso più emozionante e ricco di risultati l’esercizio di focalizzare l’attenzione sulla ricerca dei motivi
Ho saputo spiegare a me stesso perché, ad esempio, per risolvere un vero problema ci debbo rimuginare su finché, oramai stremato, prendo una decisione che, devo dire, ha sempre causato l’estinzione del problema (del resto oramai lo stesso non era più parte dei miei pensieri).
Ecco perché, prima di far qualcosa di nuovo (anche partire per una vacanza, per esempio), mi si affacciano tanti dubbi che, come ombre, diventano fantasmi minacciosi e minacciano e costituiscono “il problema” molto più dell’evento reale.
Ecco perché “sento” che parlano di me (chissà perché sempre male), e a distanza avverto gli sguardi indiscreti che mi pesano addosso e, come Don Chisciotte, mi lancio in una pesante “querelle” trovandola giusta e sacrosanta. A me sembra solo di difendermi dalle offese, anche se, forse, quelle persone stanno parlando dei fatti loro all’angolo di strada e guardano fuggevolmente me che arrivo.
L’enneagramma mi ha insegnato che vedere se stessi significa anche sdrammatizzare i propri angoli visuali, dai quali ci siamo costretti a vedere il mondo, e potersi aprire ad altre possibilità di scelta nuove e, pertanto, non contaminate dalla ripetizione.
Mi rimane, però, un dubbio!!! …….. Avrei ora il coraggio di rispondere alle occhiate di mia figlia con un: ”Ti voglio bene, Chiara! Sei una bambina d’oro”, sapendo accettare, senza stare più a rimuginare, il suo affettuoso: “Grazie, papà”?
Marzia, Tipo Tre/Due
Il mio incontro con l’Enneagramma è stato possibile grazie alla generosità di una amica, che me ne ha fatto dono, condividendo alcuni spunti teorici e aprendo nuove possibilità di lettura della complessità dell’animo umano. Successivamente ho incontrato ed è iniziato così un breve cammino con i gruppi condotti da un insegnante della mia città che non ho mai interrotto, nonostante la discontinuità che caratterizza il mio agire nel mondo.
Essendo un “Tre”, nonostante le ultime stimolazioni a ripensare ad un’appartenenza ad un Tipo diverso (il Due), “l’orrore verso il fallimento” mi spinge a non confrontarmi (intendo, fino in fondo) con un unico modello di interpretazione della realtà e, saltando da una teoria all’altra, rispondo alla “fragilità del mio Io” con l’illusione che, conoscendo molti strumenti, posso far fronte alla vita. Ovviamente questo è un inganno, ma così ben articolato da compiacermi di questo gioco infinito per nascondere i sentimenti che muovono il mio essere nel mondo.
Nel gruppo al quale ho partecipato, ho potuto vivere un’accoglienza (direi anche dolorosa) tale da permettermi di aprire alcune porte e lasciare che entrasse nuova aria, permettendo a me stessa di nutrirmi dell’incontro con l’Altro. Più di ogni altra cosa il lavoro con il gruppo e il suo conduttore mi ha messo di fronte a sentimenti che avevo a lungo (e continuo a farlo) dimenticato. Ciononostante la cosa che mi ha più colpito è stata la lettura di un articolo sulla Donna Tre, di cui ho scordato il riferimento bibliografico, ma che mi ha colpito profondamente. Ricordo ancora, a distanza di tanto tempo, il contenuto doloroso racchiuso in una semplice frase: l’incapacità di stare in una relazione sentimentale e “l’abilità” a rivestire il ruolo di “amante”.
Direi che dall’insieme di condivisione ed esplorazione di me è emersa in tutta la sua potenza il profondo conflitto tra “dipendenza” (quella buona, quello del mutuo scambio,) e l’autonomia; il rispetto degli spazi propri e di quelli altrui senza sentirmi sola o, all’opposto, invasa dell’altro.
E’ chiaro che sto parlando della “estenuante” capacità del Tre di identificarsi con l’Altro per costruire “falsamente” un Io, di cui non ci si può appropriare e che non permette la condivisione di vissuti, emozioni, sentimenti, gioia e dolore.
Vorrei anche sottolineare che questa è una capacità e non è né negativa né positiva: solo il suo uso la rende buona o cattiva.
Se lo scopo di identificarci con l’Altro “serve” a colmare il vuoto percepito del proprio Io, allora ne facciamo un uso improprio e inutile; se attraverso l’identificazione possiamo comprendere noi stessi e il mondo di colui che ci sta di fronte, allora abbiamo fatto qualcosa di buono, anche per noi stessi.
Vorrei condividere, con coloro che leggeranno questo breve racconto sull’incontro con l’Enneagramma, l’immagine (che sembra proporsi come modello) che ho dell’Amore e, forse, chiarire la mia tipologia Tre.
Ho dell’Amore un’idea che lo pone certamente al centro della mia ricerca, ma che assume un carattere anche funzionale. Penso, infatti, che l’Amore è quel sentimento profondo che permette di “far funzionare le cose”. Le mancanze, il conflitto, le difficoltà, sono da me considerati come intoppi che mostrano chiaramente la carenza d’amore, eludendo così ogni altro aspetto emotivo e sentimentale che denigrano, inficiano e rendono inefficace questo sentimento.
Il percorso verso “la conoscenza di me stessa” è stato, in definitiva, facilitato profondamente grazie all’Enneagramma, ma (anche rispetto alla professione di psicoterapeuta che svolgo), sento che ciò è solo una parte di quello che è il cammino che devo percorrere.
Teresa, Tipo Quattro
Il mio incontro con l’enneagramma avvenne una diecina di anni fa su indicazione della mia terapeuta, anche lei enneagrammista convinta, che mi spinse a frequentare il corso tenuto in un’altra città da un insegnante/terapeuta.
Non avevo alcuna idea di cosa dovessimo fare; solo un po’ di strizza per tutta quella gente.
Mi figuravo di partecipare ad un gruppo di terapia dove bisognava parlare di se e la cosa non è che mi piacesse tanto, timidina come sono.
Poi l’insegnante espose questi cartelloni con un disegno strano, dove era scritto “passione” e “fissazione”, 1, 2, 3, ira, orgoglio, vanità, perfezionismo.
Ero perplessa, ma mi resi subito conto che la paura già mi era passata. Leggere i nomi delle emozioni mi rilassava perché tutto ciò che leggevo faceva parte della comune “esperienza umana”. Così cominciò il mio viaggio nell’affascinante mondo del Carattere. Ripensando a quei momenti mi rendo conto che mi sentivo come Dante quando attraversava l’inferno… il bello era che io non mi sentivo per niente una dannata; mi sentivo, anzi, finalmente…normale e libera.
Scoprire che ero come ero perché appartenevo a quel tipo di carattere, mi ha fatto sentire un senso di leggerezza; vedevo una via d’uscita dalle mie fissazioni, appunto.
Oggi posso sorridere pensando che all’inizio non mi ero riconosciuta nel tipo di carattere al quale appartengo, ma che mi ero riconosciuta in quello che rappresenta la parte di me da integrare.
Anche questo non aveva, d’altronde, molta importanza, perché l’importante per me era sapere che il mio modo di essere non era assolutamente una dannazione senza fine, ma semplicemente una scelta che io stessa avevo fatto tanto tempo fa, da piccolina, e che ora, da grande, potevo scegliere di modificare.
L’Enneagramma non mi ha svelato la mia vera essenza (quella la sto ancora cercando), quella che qualche volta fa capolino e che cerco di accogliere, ma mi ha detto, piuttosto, come boicotto la mia vera natura attraverso la mia corazza, che altro non è che il carattere che mi sono scelta. Conoscere il mio tipo caratteriale ha rappresentato per me un’opportunità in più per cambiare gli atteggiamenti cui sono abituata e che, a volte, sono motivo di malessere, ma mi ha anche insegnato ad essere indulgente con me stessa mentre, più in generale, la conoscenza dell’enneagramma mi permette di pormi in maniera aperta e comprensiva nei confronti degli altri.
Betta, Tipo Cinque
Sono venuta a conoscenza di questa disciplina così interessante leggendo un libro sull’argomento e sono rimasta incantata. Userei proprio questo termine, “incantata” perché il libro mi è apparso così tanto esauriente che da allora i miei pensieri convergono spesso sull’argomento “Enneagramma”.
La cosa che più mi ha colpito è capire che niente accade per caso, che i nostri pensieri e i nostri comportamenti (che prima non riuscivamo a spiegare bene o a comprendere), improvvisamente ci appaiono così chiari, semplici e del tutto prevedibili. Quando ho letto l’enneatipo Cinque ho pensato “allora esisto anch’io” e la prima sensazione è stata proprio questa. La sensazione, cioè, di essere compresa e di avere dei simili in un mondo in cui tutti, o quasi, sembrano appagati dal fatto di possedere le cose, di stare insieme, riunirsi, festeggiare, associarsi, farsi vedere, ecc. ecc.
Mi sono poi resa conto che non è facile capire bene quali sono stati i nostri condizionamenti e quale è realmente la nostra passione dominante.
Nel mio caso non sembra, infatti, possibile che io possa appartenere a quella ristretta cerchia di ricercatori, saggi, filosofi, pensatori, del tipo Cinque. Alcuni mi dicono che sono troppo “perfettina”, sempre “a posto”, sempre “adeguata” e un po’ troppo efficiente per essere un tipo Cinque e che sembro, piuttosto, un tipo Tre.
Il fatto di non aver ancora capito bene la mia posizione mi fa sentire, ovviamente, ancora confusa, ma, in ogni caso, una cosa è certa: dobbiamo cercare tutti di essere più “umani”, semplicemente questo (perché, però, è così difficile?) e l’Enneagramma ci può essere, in questo, di grande aiuto.
Arlene, tipo Due
Il mio incontro con l’enneagramma è stato casuale e mosso dalla curiosità di sapere cosa si nascondeva dietro a questa strana parola, e che tipo di strumento poteva mai essere per conoscere l’animo umano.
Forse è stato l’insegnante che mi ha iniziato, (qualcuno pensa che forse stia adulando? Questo è impossibile per un 2!) ma, quando ho capito come funziona l’enneagramma, mi è stato impossibile non cercare di approfondire la materia.
Oggi mi scopro quotidianamente impegnata ad utilizzarlo sia su di me sia con gli altri e trovo che sia uno strumento di conoscenza dell’animo umano, e quindi di noi stessi; potentissimo.
Mi ha aiutato tantissimo anche nella relazione di coppia poiché mi ha permesso di comprendere meglio la persona con la quale mi sono accompagnata, un tipo Cinque, per 20 anni.
L’enneagramma, secondo me, dovrebbe essere materia di studio nelle scuole medie superiori.
Rosy, Tipo Nove
Devo confessare che la prima volta che ho sentito parlare dell’Enneagramma da alcuni miei amici ero un po’ scettica e pensai: “Come è possibile ridurre il numero delle personalità ad una scala così ridotta composta da nove soli numeri”? Avevo, tuttavia, così tanto bisogno di capire delle cose di me e della mia vita che cercavo risposte ovunque, e decisi, spinta anche dalla fiducia che provavo istintivamente nei confronti di una mia amica in particolare, di cercare di avvicinarmi all’Enneagramma, anche se avevo un mare di riserve.
Dopo il primo incontro, io decisi di continuare e di andare fino in fondo, senza abbandonare. Più lavoravo con l’Enneagramma, più passavano i mesi, e più vedevo il mio profilo delinearsi, le mie paure e i miei meccanismi istintivi di difesa spiegati in modo che potevo comprendere.
Mi rendo conto che, forse, questo sarà stato uguale per tutti ma quello che voglio dire e che ora mi sento meno sola e finalmente riesco a spiegarmi la natura delle mie paure, il dolore devastante dell’abbandono, l’assoluto vuoto di sensazioni, e sono consapevole che tutto questo può essere modificato prestando attenzione maggiormente ai miei desideri e ai miei bisogni prima di qualsiasi altra cosa, senza sentirmi più in colpa per aver pensato prima di tutto a me.
Questa strada mi ha aiutato a giungere alla consapevolezza che voglio diventare protagonista di tutta la mia vita e non più guardarla andar via da dietro una finestra come ho fatto per tanto tempo. Ora ho imparato che, nonostante tutto, la cosa più giusta è accettare la bellezza della nostra unicità anche se, in fondo, siamo tutti un po’ simili.
P.S. Un’altra amica, anche lei Nove dice che io non posso essere di questo tipo perché dico io voglio, ma io credo che questo accada solo perché ho cominciato ad ascoltarmi.
Antonio, Tipo Quattro
Conobbi l’Enneagramma in un periodo della mia vita in cui mi sembrava maledettamente importante il conoscere il “perché” delle cose che mi accadevano. Non avevo, infatti, ancora imparato che quello che veramente conta non è tanto stare a riflettere sulle cause ultime di uno stato interiore, ma la capacità di operare consapevolmente su di esso e, al caso, di saperlo modificare.
L’impatto fu, in ogni caso, sconvolgente. Per la prima volta i miei strani cambiamenti di umore, la percezione di non essere mai veramente compreso dagli altri, il mio sentirmi in qualche modo fuori luogo o fuori tempo, erano elementi comprensibili di un quadro coerente che poteva essere corretto e modificato, e non gli elementi immutabili di una maledizione che gravava, da sempre, come un difetto di origine su di me.
Ricordo ancora con piacere il sollievo provato nel momento in cui vidi che c’erano altri (molti altri in verità, e questo era ancora più sconvolgente), che condividevano le mie stesse sequenze di pensiero, avevano le mie stesse “smanie”, dicevano le stesse parole che avrei detto io se mi fossi trovato nella loro situazione o annuivano con partecipazione alle parole che dicevo io.
Quel giorno il mio senso di estraneità alle cose del mondo lasciò il posto alla speranza che, tramite la conoscenza dell’Enneagramma, avrei potuto ritrovare quel me stesso che avevo, in qualche punto della mia infanzia, perduto insieme alla fiducia nelle persone e negli affetti.
In particolare l’Enneagramma mi ha fortemente aiutato nello sviluppo dell’empatia in generale e nella reale comprensione della mia partner, della sua specificità fatta dai suoi pregi e difetti.
Questo mi ha fatto anche capire che il rapporto “perfetto” non significa che l’altro debba essere come noi pretendiamo che sia; che se continuavo a paragonare me stesso e lei ad un ideale irrealizzabile, finivo per non cogliere quanto di bello e unico c’era in tutto quello che avevamo condiviso, e restavo bloccato nella mia fissazione da Quattro.
Sono passati tanti anni, ma posso dire che in definitiva ho ricevuto dall’Enneagramma più di quanto mi sarei, allora, aspettato di ricevere, sia per quello che riguarda il mio stato interiore sia per la qualità dei rapporti con le altre persone che fanno parte della mia vita.
Carola, Tipo Due
Fino a quando non scoprii l’Enneagramma, avvertivo la mancanza di un senso di interezza personale. Per me era più facile capire quello di cui gli altri avevano bisogno che rendermi conto delle mie stesse necessità. Poi, una sera di tanti anni fa, mentre lavoravo negli USA il mio compagno dell’epoca, che aveva già studiato l’Enneagramma, mi disse con naturalezza: “C’è un nuovo corso che comincia fra un paio di settimane che, credo, troverai sia interessante per te stessa che di aiuto nel tuo lavoro con i clienti. Se t’intriga, ti pagherò io la partecipazione”.
Quando gli chiesi più informazioni in proposito, mi rispose: “Vacci e capirai da sola”. Due settimane dopo, molto incuriosita, sedevo in una grande hall con circa altre duecento persone per partecipare ad un corso introduttivo della durata di nove settimane. La mia amica Clara mi sedeva vicino ed ambedue sapevamo molto poco del corso. La prima sera l’insegnante cominciò a spiegare il sistema e poi intervistò delle persone che erano esempi del tipo Tre. Ero stupefatta dall’onestà e dalla capacità di auto descriversi di quelle persone. Alla fine della serata io e Clara condividemmo l’eccitazione di aver scoperto di essere dei tipi Tre.
Più tardi, quando chiesi a Jack, il mio compagno: “Sono un Tre, non è vero?”. Lui rispose: “Devi scoprirlo da sola” e la mia sicurezza volò via dalla finestra. La settimana successiva, quando fu esposto il tipo Sei, io e Clara cambiammo opinione: eravamo dei Sei. Dissi a Jack con eccitazione: “Non mi sorprende che tu non abbia voluto dirmi che ero un Tre, sono un Sei, non è vero?” Lui si strinse nelle spalle e disse: “devi scoprirlo da sola”. “Uffà”, pensai. Mi sentivo frustrata ed irritata, specialmente con Jack.
Queste sensazioni si intensificarono quando lo stesso tipo di situazione si ripeté allorché furono spiegati i tipi Nove e Uno. Sapevo che ogni settimana avrei incarnato il tipo che veniva spiegato. Per quanto sbraitassi e m’infuriassi, non riuscivo ad ottenere da Jack il più minuscolo indizio che mi aiutasse a capire quale tipo lui pensava che io fossi.
Poi venne il turno del tipo Quattro. Quando diedi un’occhiata a Clara che sedeva alla mia sinistra, la vidi completamente stupefatta. Mentre le persone di quel tipo parlavano del loro dolore e del loro senso di perdita, Clara cominciò a piangere, con le lacrime che scorrevano lungo le sue guance fino a raggiungere la camicetta e la gonna. Osservando le sue reazioni, mi fu dolorosamente chiaro che certamente non avevo ancora scoperto il mio tipo.
Non dovevo, tuttavia, aspettare ancora molto a lungo. La settimana successiva mentre il tipo Due veniva spiegato, cominciai a sentirmi come se venissi spellata dalla testa ai piedi e rivoltata sotto sopra. Imparai a capire sia i miei bisogni sia il modo nel quale mi comportavo per soddisfarli, meglio di quanto non avessi imparato in tutti i miei anni di terapia, tre anni di psicoterapia con cinque sedute a settimana, sei anni di Gestalt e cinque o sei di altri lavori terapeutici assortiti.
Mi sentivo disgustata, dilaniata e vulnerabile, mentre sentivo crescere dentro di me la mia paura fondamentale e mi dicevo: “Io non sono degna di essere amata. Nessuno si prenderà mai cura di me se non cerco di guadagnarmi l’amore con la manipolazione e l’adulazione”.
Percepii un tremendo senso di odio per me stessa mentre, allo stesso tempo, provavo una strana pace e mi sentivo piena di speranza quando ripensavo all’onestà delle persone che avevano fatto da esempio e alle loro parole di incoraggiamento.
Quella sera non ebbi bisogno di chiedere a Jack se io fossi un Due. Ero semplicemente senza parole.
Mi rendevo conto di come avessi, fino a quel momento, lusingato le persone con le mie bugie e le mie manipolazioni e mi impegnai diligentemente a dire sempre la verità.
Ero determinata a non mentire più per dare una buona immagine di me agli altri.
Jack mi aiutò fortemente in questo impegno facendomi notare le bugie che dicevo a me stessa e richiamandomi all’attenzione quando tentennavo nel mantenere fede al mio impegno.
Per circa un anno ebbi un periodo molto difficile sia nel lavoro con i clienti (ero e sono una terapeuta professionale), sia nella mia vita privata, ma provai sempre a cercare di esprimere quello che veramente sentivo e la mia capacità intuitiva finalmente si accrebbe e mi fu di grande aiuto.
Dal giorno che scoprii quale era il mio tipo sono passati venti anni e, col passare degli anni, il mio senso di autenticità è diventato sempre più forte.
Molte cose sono cambiate nella mia vita, ma l’Enneagramma resta lo strumento più prezioso che possiedo, nella mia vita privata e professionale, per la crescita personale e della capacità di intuizione.
Antonio, tipo Nove
Il ripetuto invito ad esternare le proprie impressioni alla luce di quanto appreso lavorando con l’Enneagramma e il desiderio di rendermi utile, mi hanno spinto a guardarmi allo specchio.
L’immagine riflessa mi è apparsa, in privato, veramente brutta, ma il “compito” mi ha indotto a vedermi da solo per un attimo, senza amici, cercando di capire perché gli altri mi chiamano e mi frequentano.
Abituato a vedermi con gli occhi degli amici, come una persona sensibile, disponibile, di buona compagnia, non mi ero mai chiesto prima come veramente sono….
La fervida immaginazione, la facile intuizione dei bisogni e dei desideri altrui, la capacità di sostenere lavori stressanti per gli altri, mi permetteva (e mi permette) di sentirmi al centro dell’attenzione, di poter dire che tutti mi vogliono bene, …..tutti ne approfittano,…. tutti mi utilizzano……..
Ciò che deprime è che, pur ormai consapevole, continuo ad essere attratto da questi personaggi che mi stimolano, mi danno vita, mi distolgono dallo stare davanti alla televisione senza guardarla (senza, cioè, seguire veramente il programma), mi permettono di dimenticare la routine quotidiana, gli obblighi i doveri…..
Grazie all’Enneagramma ho percepito l’apatia che mi rende indifferente verso tutte le cose, incapace di provare forti emozioni, dolore o piacere, anche se immancabilmente non riesco a trattenere le lacrime ascoltando, leggendo, vedendo o raccontando fatti o scene, non necessariamente tristi, che possano accadere agli altri.
Ho constatato l’incapacità di reagire con immediatezza alle offese, che mi induce ad ignorare, o meglio, a cancellare, l’episodio e la persona per sempre, forse per salvare le apparenze, anche se a volte, se sono stressato, la reazione è incontrollata, sproporzionata e ingiustificata.
Dulcis in fundo, ho visto come alla naturale pigrizia si sovrappone, a volte, la “recita a soggetto”, per il desiderio di compiacere, per catturare l’attenzione.
E’ triste rendersi conto delle cose e non fare nulla per cambiarle, rendersi utili agli altri senza sapere aiutare se stesso, ma spero che l’Enneagramma possa essermi di aiuto su questa strada.
Claudio, Tipo Quattro
Raccontare la storia del mio incontro con il simbolo dell’Enneagramma significa parlare di una ritrovata intimità con qualcosa venuto da lontano, di antico, eppure, potrei dire senza timore di esagerare, da sempre conosciuto.
Usare il termine “incontro” potrebbe sembrare troppo enfatico, ma non riesco a definire in nessun altro modo ciò che avvenne in un afoso giorno di Giugno di otto anni fa.
Mi trovavo in un angolo di una grande libreria in centro città e vivevo un momento non proprio “felice”. A quell’epoca non avevo alcuna idea di che cosa significasse essere un enneatipo Quattro, ma oggi, a posteriori, riesco a descrivere alcuni sintomi che ne erano un segno inconfondibile: senso di malessere diffuso e pessimismo, struggimento per una relazione sentimentale terminata, auto assorbimento totale nel proprio sentire, sensazione della mancanza di qualcosa di fondamentale, la domanda continua di come mai gli altri avessero una vita apparentemente così facile e felice, rievocazione e ruminazione sul passato, il desiderio di comprendere me stesso e soprattutto di esprimere ciò che percepivo dentro di me.
È in questo contesto emotivo di solitudine che in quella calda giornata d’estate mi trovai a sfogliare “per caso” il libro di un’autrice americana, e a vedere per la prima volta il simbolo dell’Enneagramma.
Sino ad allora avevo letto e studiato moltissimi libri di psicologia e psicoanalisi, avevo partecipato a decine di gruppi di formazione, mi ero sottoposto anni prima ad una terapia freudiana ortodossa. Insomma, non ero certo a digiuno di pratiche riguardanti la conoscenza di sé, eppure, leggendo alcuni paragrafi di questo libro, mi accorsi che c’era qualcosa di nuovo, di profondo, e soprattutto qualcosa che percepivo psicologicamente come molto “reale”, e non solo teorico.
Mi misi a leggere quel libro avidamente e dopo pochi giorni acquistai anche un altro libro, perché da quel simbolo e da quelle parole mi stava arrivando un nutrimento di cui avevo estremamente bisogno. Nella mia mente si formavano collegamenti tra frammenti della mia storia e del mio modo di essere che fino a poco tempo prima mi sembravano sparsi qua e là.
D’altra parte, l’esigenza di scoprire il filo invisibile che teneva unito e dava un senso al mio percorso esistenziale avvenuto fino a quel momento, era davvero un’esigenza dell’anima. Mi sembrava inoltre che il percorso terapeutico del passato, benché utile ed approfondito, non fosse stato capace di delineare ed unificare in maniera così netta la complessità del mio modo di sentire e vedere le cose.
La contemplazione del simbolo dell’Enneagramma provocò strane ed intense reazioni, quasi un senso di liberazione, accompagnate da una sensazione di calore all’altezza del petto. Per un’intera settimana feci sogni molto vividi, e quasi tutti simili: sognavo di vagare in un deserto simile a quelli del Texas o dell’Arizona e, all’improvviso, di imbattermi, con mia grande sorpresa, in un grattacielo altissimo con le vetrate azzurre. Ovviamente tutto questo mi stupiva, ma non ne sapevo dare una lettura interpretativa.
Ad un livello più profondo, il mio riconoscermi nell’enneatipo Quattro fu davvero immediato e, ricordo, ciò indusse ad un senso di liberazione, di respiro, benché momentaneo e, soprattutto, rammento la percezione di un “significato unitario e coerente” rispetto alla mia esperienza di vita. “Liberazione” perché, per un attimo, quasi un flash, mi sembrò di poter uscire da me stesso, vedere la meccanicità e la ripetitività compulsiva sulla quale si basava la mia sofferenza, e osservare in maniera molto chiara la struttura mentale ed emozionale all’interno della quale le varie esperienze del passato si erano dipanate. “Liberazione” soprattutto perché potevo toccare con mano l’esistenza di qualche cosa d’altro di me al di fuori o al di là di ciò che noi chiamiamo personalità: come prendere una boccata di ossigeno dopo essere stati in immersione per un lungo tempo.
Fu una percezione velocissima ed impalpabile, che ebbe un impatto dirompente su di me. La visione, perché di questo si trattò, di un’immagine, della possibilità che la mia personalità potesse essere considerata qualcosa di più che un dato deterministico ed educativo, ma piuttosto come una porta d’entrata verso una dimensione spirituale, mise in azione energie e motivazioni sconosciute.
Con questo non voglio dire che di un tratto io fossi diventato un “illuminato”, ma certamente quello fu un salto evolutivo di notevole valenza, soprattutto perché mi condusse verso un’azione concreta e non rimase soltanto una percezione teorica, mentale e asettica. La spinta liberatoria fu tale che, per la prima volta, ebbi la sensazione di poter essere in qualche modo padrone del mio sentire e del mio pensiero.
In poco tempo l’interesse per l’Enneagramma si trasformò in dedizione, seguendo una sorta di voce interiore che mi invitava al contatto ed all’approfondimento di tale simbolo.
Dopo alcuni mesi, in seguito ad alcune circostanze fortuite, entrai in possesso di diversi libri sull’Enneagramma, fra i quali anche alcuni quasi introvabili e nel mese di Novembre dello stesso anno, attraverso l’informazione di una cara amica, partecipai in un’altra città ad una conferenza di uno dei massimi insegnanti del sistema.
Quella sera stessa, dopo la conferenza, ebbi l’opportunità di parlare pochi minuti con l’insegnante, di accennargli della mia “passione” per l’Enneagramma, e soprattutto della mia idea di iniziare una ricerca sui punti di collegamento fra grafologia e l’Enneagramma stesso, dato che la mia formazione e professione era ed è quella di grafologo.
L’insegnante, a questa suggestione, rimase un attimo in silenzio, e poi mi disse che da tempo riteneva che le due discipline potessero avere punti importanti di studio e connessione.
Non cercavo particolari conferme per seguire ciò che mi nasceva da dentro, ma indubbiamente il suo parere positivo rafforzò ulteriormente la mia sensazione di essere sulla strada giusta, senza chiedermi troppi perché, come invece capitava nel passato.
Iniziai quindi un percorso di formazione con quell’insegnante che al tempo stesso mi forniva campioni di grafie da lui raccolte, con l’indicazione dell’enneatipo e del sottotipo. In tal modo, oltre all’approfondimento dell’Enneagramma, potei iniziare la ricerca sul collegamento fra i due strumenti psicologici.
Non saprei dire esattamente quali cambiamenti lo studio dell’Enneagramma apportò allora ed ancora adesso nei rapporti con gli altri. Sono certo che non mi viene spontaneo, ad esempio, cercare di “tipizzare” le persone con cui vengo a contatto. Mi sembra però molto utile per poter analizzare e comprendere a posteriori certe dinamiche relazionali, soprattutto in presenza di conflitti.
Di certo l’Enneagramma mi ha permesso una chiara visione ed inquadramento del meccanismo dell’invidia, tipico dell’enneatipo Quattro, dandone una lettura che sento più vera per me: cioè non una scontentezza per la felicità altrui, ma la sensazione che manchi qualcosa, una sorta di perenne ed indefinibile nostalgia per qualcosa andato perso per sempre. Anche questo mi ha aiutato, se non a risolvere, quanto meno ad “osservare” il meccanismo auto perpetuantesi.
Un altro contributo che l’Enneagramma ha portato nella mia vita è la visione e comprensione chiara di cosa significhi, nella mia esperienza reale, passare, come enneatipo Quattro, nella disintegrazione dell’enneatipo Due, assumendo il ruolo di figura dipendente dagli altri, all’integrazione verso l’enneatipo Uno, canalizzando le energie in un’attività creativa che permetta di uscire dall’auto assorbimento (a questo riguardo debbo sottolineare che alcuni passi di un libro, nel quale si afferma che il Quattro rischia di “sprecare la vita” inseguendo le proprie fantasie, sono stati input molto potenti).
Le dinamiche e le compulsioni descritte dall’Enneagramma assumevano una prospettiva talmente vivida, integrata, e psicologicamente necessaria, che difficilmente era possibile resistere ad un atto di precisa presa di coscienza e quindi non agire di conseguenza.
Un ulteriore effetto tangibile esercitato dall’Enneagramma sulla mia vita fu la mia scelta di trascorrere, nel 2000, un anno negli Stati Uniti.
Anche in quel caso si trattò di seguire delle voci interiori, nulla di veramente programmato o che avesse uno scopo preordinato; ma solo il desiderio di recarsi in quella terra per conoscere da vicino le persone e le esperienze degli studiosi di questo simbolo.
Potrebbe, forse, sembrare una decisione normale, nulla fuori dell’ordinario, insomma, ma per un enneatipo Quattro che aveva trascorso molto tempo a fantasticare sulla vita chiuso nel proprio guscio, piuttosto che viverla, posso affermare che fu un salto nel buio. Non ero più un giovane in cerca di avventure, non parlavo una parola di inglese, dovevo lasciare il mio lavoro e soprattutto non ero dotato di risorse finanziarie illimitate.
L’esperienza negli States mi fece sentire guidato in un sentiero sul quale incontrai molte persone che mi parlarono di Enneagramma e, a tutt’oggi, definisco quel periodo come “sacro”.
Trovandomi a San Francisco, pur con il mio modestissimo inglese decisi di partecipare alla International Enneagram Conference, dove ebbi l’opportunità di entrare in contatto con la mole di studi che veniva svolta sull’argomento. Fu come entrare in un mondo nuovo.
Durante quella conferenza incontrai un anziano avvocato del Connecticut, uno dei relatori. Mi disse di essere anche il Presidente dell’International Graphological Colloquium, un consesso di grafologi di diversi Paesi del mondo, che aveva e ha lo scopo di trovare un linguaggio metodologico comune fra le diverse teorie di analisi della personalità attraverso la grafologia.
Quasi con modi paterni, mi disse, senza mezzi termini, che mi considerava un visionario che stava dilapidando il proprio tempo e le proprie energie inseguendo un sogno praticamente irrealizzabile. Secondo lui, infatti, tra grafologia ed Enneagramma non vi era assolutamente nessuna possibilità di interazione né teorica né pratica. Le sue parole non furono certo un incoraggiamento, ma, comunque, non desistetti dal mio intento.
Al di là dei fatti esterni mi appare, tuttavia, importante mettere in luce ciò che avveniva dentro di me. Avvertivo infatti un senso di maturazione, di apertura più fiduciosa verso gli altri, di dedizione. In fondo non era stato l’Enneagramma la spinta per tutto questo?
Tornato in Italia continuai la mia ricerca sui collegamenti tra Enneagramma e grafologia.
Il resto è storia di oggi. Nel 2003 fui invitato a presentare una relazione alla International Enneagram Conference, su “Grafia ed Enneatipo”. In quella occasione incontrai sia i curatori del sito, sia una psicoterapeuta canadese che mi avrebbe invitato l’anno dopo a condurre un ritiro di dieci giorni per un gruppo di persone, usando come mezzi di lavoro proprio grafologia ed Enneagramma.
È stata un’esperienza bellissima, perché ho potuto toccare con mano come alcune caratteristiche del Quattro, quali l’empatia o la disponibilità all’ascolto, possano rivelarsi di reale utilità per gli altri, oltre che per se stessi.
Inoltre, lo scettico avvocato che aveva cercato in precedenza di dissuadermi, mi invitò nel Quebec per tenere un workshop ad alcuni grafologi sullo stesso argomento. In quel contesto mi resi conto che la maggior parte dei miei colleghi americani ed europei è appassionata di Enneagramma.
Oggi ho il piacere di partecipare con i nuovi amici dell’Ass.I.S.E. a questa condivisione di argomenti che mi interessano profondamente.
Se dovessi in poche parole riassumere il senso della mia esperienza, direi che essere un Quattro, o qualsiasi altro tipo, ha comunque un suo preciso significato compulsivo e che conoscere il proprio enneatipo è utilissimo ma di per sé non è sufficiente. Evolvere è, infatti, faticoso e richiede tempo. Quando, talvolta, mi fermo a meditare sul simbolo dell’Enneagramma, provo ancora un senso di profonda gratitudine: mi ha parlato come mai nessuno prima aveva fatto e continua ancora a farlo.
Giovanna, tipo Uno
Mio marito studiava l’Enneagramma già da alcuni anni e me ne parlava sempre; fu così che ho deciso di “conoscerlo” anch’io, all’incirca otto anni fa.
Frequentai un corso di quattro giorni; una vera “full immersion”. All’inizio rimasi affascinata dall’esperienza in se stessa, la prima del genere per me, che mi fece conoscere tante persone che cercavano di approfondire la conoscenza di se stessi, poi cominciai realmente a riconoscermi nel mio tipo e, qui accadde……. la grande deflagrazione.
Iniziai ad acquisire la consapevolezza che altri erano come me e provai la strana gioia di non sentirmi sola; non sentirmi “sbagliata”. So di dire la cosa più scontata del mondo ma, fino a quando non lo provi, senti di essere l’unico ad avere i tuoi problemi, le tue sensazioni e quel modo particolare di pensare. Quando tutto questo è vissuto come un peso, o con la sensazione di un sottile disagio presente nella propria esistenza, è davvero liberatorio potersi osservare in persone del tuo stesso tipo, come in uno specchio.
Passata questa fase di condivisione dei problemi, mi rendevo conto, però, che quello che ascoltavo “su di me” non mi piaceva per niente.
Io ero l’irosa, quella che giudica, la risentita, la collerica, la preoccupata…e via discorrendo. “Mamma mia!” Mi dissi. “Mi sarà convenuto rimuovere questo sasso e vedere cosa c’è sotto?”
Da quel momento in poi, però, ho cominciato a comprendere il perché ero così, ho cominciato ad accettarmi un po’ di più, ho cominciato a vedere da vicino qualcosa che, anche se non appare bello, diventa comprensibile, accettabile e “tollerabile”. Così è stato anche quando, dopo aver compreso me, ho cominciato a cercare di comprendere gli altri.
Oggi ancora percorro questa strada, una strada senza fine, e sono contenta che sia senza fine, perché per me l’Enneagramma è stato ed è la vita stessa che scorre.
Raffaella, Tipo Nove
Come tutti i miei incontri anche quello con l’Enneagramma è stato fortuito….
Mi ci sono ritrovata più per caso che per volontà, ma a differenza degli altri, questo mi ha dapprima incuriosito (è sempre la solita storia) e poi, dato che mi ha colpito in punti chiave, mi ha attratto sempre più. Naturalmente (perché le cose di mia iniziativa sono lente e pesanti) in un primo momento ho partecipato agli incontri perché accompagnata.
L’incontro con l’Enneagramma in sé è stato caratterizzato da una prima fase in cui l’interesse era puramente teorico. Ho letto libri, scaricato materiale (che poi è rimasto da parte), per informarmi al meglio su quello che stavo affrontando. Poi, man mano che l’esperienza andava avanti ho notato che mi interessava soprattutto quello che mi riguardava personalmente.
Per quanto riguarda la continuazione del lavoro, ho avuto la possibilità di notare quanto facilmente si verificavano alcuni cambiamenti, quasi senza che me ne accorgessi, tanto che mi lasciava abbastanza sorpresa il fatto che riuscissi a provare dei sentimenti simili alla rabbia, anche se per momenti brevissimi.
Questo mi ha spinto, a più riprese, a ritornare sui miei passi, cioè a far finta di niente e a vivere questa esperienza solo a livello intellettivo. Grazie ad un percorso personale parallelo, però, ho potuto in qualche modo collegare le diverse parti che di solito provano indifferenza le une per le altre e che oggi stanno cominciando a rivolgersi la parola.
Franco, tipo Quattro
L’Enneagramma ha rivoluzionato la mia vita, il modo di percepire me stesso, i rapporti con gli altri e anche il modo di percepire e vivere l’esistenza.
Se guardo indietro, vedo me stesso come una persona depressa, confusa, con tante speranze e desideri che però non potevano realizzarsi perché intrappolato nelle mie compulsioni ai margini del mondo, come abbandonato.
Proprio mentre vivevo la mia crisi matrimoniale, ed ero arrivato al punto di dover fare i conti con me stesso e con un difficile bilancio della mia vita trascorsa, incontrai l’Enneagramma, grazie al consiglio di una mia amica religiosa che mi conosceva molto bene. La fiducia che avevo in questa
amica, anche per il fatto che era ed è una persona sincera e concreta, mi fece immediatamente avvicinare all’Enneagramma con ottimismo e, con il primo libro che acquistai, cominciai a vivere le mie prime nuove emozioni ed a cambiare la mia vita.
Naturalmente il primo contatto con l’Enneagramma avvenne con lo studio dei caratteri psicologici ed in particolare con la ricerca del carattere che era più vicino al mio.
Fu una grande emozione scoprire il mio carattere base, il Quattro, perché fu come vedermi per la prima volta in modo concreto. Nessuno mai mi aveva descritto così bene! Ero felice di non sentirmi più solo al mondo ed incuriosito di capire meglio certi miei meccanismi per poterli modificare, per crescere veramente.
Infatti più leggevo e più notavo che in me cresceva una persona nuova, una persona che riconosceva il suo grado di “immaturità caratteriale”, che cominciava a tendere una mano a quel “piccolo” Quattro che tanto soffriva.
Diventavo sempre più consapevole di me stesso e ricordo che spesso pronunciavo durante queste letture le parole: “E’ vero, è proprio così…..” quando riconoscevo le mie caratteristiche e i miei meccanismi psicologici.
Nell’Enneagramma trovavo tutte le risposte e tutte le verità di cui avevo bisogno e, in questo modo, cominciò a svilupparsi anche una certa autostima e sicurezza di me che timidamente si rafforzava sempre più. Anche lo studio delle altre tipologie enneagrammatiche fu emozionante: le persone cominciarono a “materializzarsi” davanti a me e cominciavo a rapportarmi a loro in un modo nuovo, mentre scoprivo la loro struttura scoprivo automaticamente altri aspetti di me.
Anche i nuovi rapporti sentimentali automaticamente cambiarono: non più illusioni e/o idealizzazioni ma scoprire di poter amare una persona reale con un suo “mondo meraviglioso” e la disponibilità a confortare psicologicamente perché finalmente capivo.
Ho sentito fin dall’inizio che l’Enneagramma è uno strumento universale che mi apparteneva da sempre, e grazie ad esso ho potuto proiettarmi meglio nella realtà che ora vivo con fiducia”.
Marisa, tipo Nove
Diversi anni fa, in un momento difficile della mia vita (mi stavo separando dal mio ex marito), due miei carissimi amici che mi sono stati molto vicini, allora e in seguito, non si stancavano di trascorrere ore ed ore a parlare con me e in uno di quei colloqui mi suggerirono la lettura di un libro sull’Enneagramma.
Fu per me la scoperta di una chiave in grado di aprire nuove porte: tanti avvenimenti del mio vissuto cominciarono ad assumere un significato diverso.
Continuai ad approfondire l’argomento leggendo diversi libri e collaborando nella traduzione di testi inediti in Italia e, successivamente, ebbi anche l’opportunità di partecipare a gruppi di lavoro.
L’esperienza si rivelò particolarmente interessante ed ha, nel tempo, arricchito in modo significativo la mia capacità di confronto e condivisione con gli altri.
Per questo, rivolgendomi idealmente all’Enneagramma, posso solo dire: Grazie!
Eleonora, tipo Cinque
Ho conosciuto L’Enneagramma delle Personalità diversi anni fa. Fu un mio amico a parlarmene per la prima volta; aveva partecipato ad un seminario e mi aveva portato delle fotocopie di un libro e un test per il riconoscimento del proprio enneatipo.
Ancor prima di leggere qualcosa, feci il test dal quale risultò che ero un enneatipo Sette. Più, però, leggevo le caratteristiche di questo tipo e più lo sentivo estraneo. Sì, c’era qualcosa, o meglio, potevo confondere qualcosa, identificando la progettualità del Sette con la mia tendenza a fantasticare e a rimandare l’azione, ma sicuramente tutta quella voglia di divertimento e quella ricerca del piacere in me mancavano quasi completamente.
A questo punto cominciai a leggere il libro e devo dire che a prima vista nell’Uno c’erano molte cose che potevo riconoscere come mie. Tuttavia, ciò che non mi apparteneva quasi per niente era la tendenza di questo tipo ad imporre agli altri il proprio punto di vista.
Io sono più indifferente ed anche meno assertiva.
Continuando la lettura mi resi subito conto che sicuramente non potevo essere un Due (al massimo, potevo confondere la mia compiacenza con il “dare” di questo tipo). Anche il Tre andava escluso. Mi soffermai, invece, sull’enneatipo Quattro perché molti aspetti di questo tipo mi appartenevano.
La ricerca ossessiva dell’eden perduto e dell’amore, un sentimento costante di mancanza e di disperazione esistenziale, l’idea del suicidio accarezzata da sempre e persino messa in atto, durante l’adolescenza, il sentirmi non compresa dal resto del mondo, erano tratti che mi appartenevano. Sentivo mia anche l’intensità del Quattro ma la mia era più vissuta in silenzio, nei momenti di solitudine, chiusa nella mia stanza piena di libri, di sogni e di forti emozioni che nessuno mai avrebbe immaginato. Del Quattro, tuttavia, mancava, in me quel senso di rivendicazione forte e la voglia di condividere con qualcuno la propria sofferenza. A che serviva lamentarsi? A cosa serviva far partecipe il mondo del proprio dolore? A nessuno importava di un altro; ognuno aveva i propri guai. Nella rivendicazione c’è ancora una speranza; io non ne avevo più neanche una goccia.
Quando passai alla lettura dell’enneatipo successivo, vi trovai i pezzi del puzzle che mancavano.
Fu scioccante! Come poteva sapere quell’autore cose di me che nessuno al mondo conosceva, alcune delle quali erano sconosciute persino a me stessa?
Ma come! Per anni avevo custodito così gelosamente i miei piccoli segreti ed ora tutto quanto era di pubblico dominio! Avevo letto tanto di psicologia e sui vari tipi di personalità, ma mai niente di ciò che avevo letto era riuscito a fotografare ciò che avevo dentro in modo così esatto.
Era vero, era tutto vero! Potevo tornare a sperare!
Da quel momento non ho più smesso di fare riferimento all’Enneagramma, nel mio percorso di crescita e ho potuto vedere tante cose!
Anche prima di conoscere l’Enneagramma sapevo di essere una che stava alla finestra ad osservare la vita che scorreva lontano da sé, ma adesso non mi sentivo più un essere superiore, d’elite; adesso sapevo che quel tenermi a distanza dal mondo era semplicemente paura.
No, non mi tenevo a distanza perché non volevo sporcarmi le mani in un mondo mediocre; era la mia incapacità a vivere tutti gli aspetti della vita che mi teneva lontana. Mi illudevo, in tal modo, di controllare la vita e di salvaguardarmi dal dolore. Capii che quel “non chiedere” mai niente agli altri era semplicemente paura del rifiuto, qualcosa che non potevo sopportare.
Subito dopo la lettura del testo prima citato, la prima cosa che compresi di me fu il mio usare il ritiro come arma di vendetta nei confronti degli altri.
Appena mi sentivo ferita da qualcuno o da qualcosa (e…veramente bastava molto poco per ferirmi), semplicemente, sparivo, mi eclissavo, trovando conforto nella mia altezzosa solitudine.
Era un modo per vendicarmi e per togliere all’altro qualcosa, o meglio, per non dare all’altro la mia preziosa presenza, niente di me, e per farlo sentire in colpa. Non sapevo ancora che in questo modo toglievo anche a me stessa la possibilità di ricevere.
Da allora l’Enneagramma è diventato il principale strumento di auto-osservazione e di lavoro su di me. Tante cose ho imparato a modificare, migliorando sensibilmente la qualità della mia vita quotidiana. Ricordo che le prime volte, da buon Cinque, facevo dei goffi tentativi, degli esperimenti per uscire dal mio meccanismo auto alienante.
Ad esempio, una volta mi imposi di uscire con persone semisconosciute. Fu un vero fallimento. Non vedevo l’ora di tornarmene a casa; che noia e che perdita di tempo!
Pian piano, capii che non era quello il modo per uscire dal mio isolamento e per vivere più intensamente. Capii, grazie all’Enneagramma, che il ritiro era causato da una mia eccessiva compiacenza nei confronti degli altri, da quell’obbedienza compulsiva che non mi permetteva quasi mai di esprimere me stessa, quando ero con gli altri.
Ho imparato, gradualmente, ad esprimermi di più, a saper dire anche di no, e questo mi ha permesso di godere maggiormente della compagnia degli altri.
Sono diventata un po’ più assertiva e spesso, anche nel lavoro, mi lancio a fare cose che non ho mai fatto prima, pur non sapendo tutto quello che si dovrebbe sapere al riguardo; accettando la possibilità di sbagliare e mettendo in conto che i risultati potrebbero non essere perfetti.
Ora so che imparo facendo, non solo leggendo e teorizzando. Ho imparato a chiedere, anche se, soprattutto all’inizio, molto timidamente ed anche se dentro di me permane ancora un vago senso d’indegnità, come se non fosse possibile che l’altro mi possa dare davvero.
Ho aperto di nuovo il mio cuore all’amore, mi sono innamorata e sono stata anche felice. Ho perso di nuovo l’amore ed ho sofferto terribilmente.
Ma questa volta non ho sbarrato di nuovo il mio cuore.
Sicuramente, oggi vivo la compagnia degli altri senza più avere la paura di trovarmi in situazioni spiacevoli, di essere ferita o di provare vergogna. Certo, può accadere, ma questo non mi impedisce di vivere anche tutti gli aspetti positivi delle situazioni. Oltre a sapermi difendere meglio, ora non voglio rinunciare a tutto ciò che di buono e di piacevole mi possono dare gli altri.
Pochi giorni fa, ho sentito chiaramente che la barriera dell’isolamento e la mia parte autistica esistono dentro di me semplicemente per tenere a bada un flusso continuo di apertura totale e di disponibilità al mondo, un flusso che va incontro agli altri e abbraccia tutto e tutti, senza filtri e senza capacità selettive. Ecco, c’era bisogno di una diga per contenere questo fiume! Negli ultimi anni, per fortuna, in questa diga sono stati aperti sempre più spazi dai quali permettere all’acqua di uscire, e so che continuerò a lavorare per allargare sempre di più queste aperture.
Certo, non tutto è stato sanato, risolto, superato, non tutte le ferite sono state guarite, ma il lavoro su di sé non finisce mai, fino all’ultimo istante di vita e forse, anche oltre, chissà!
Mi rendo conto di aver usato poco l’ironia in questo scritto; in genere, quando sono costretta a parlare più intimamente di me, utilizzo spesso quest’arma per sdrammatizzare, ma ho potuto evitare di farlo perché è proprio la mia vita reale che oggi vivo meno drammaticamente.
E mi rendo anche conto di aver scritto molto, quasi come avrebbe fatto un Quattro, anche se sicuramente il mio insegnante mi rimprovererà sicuramente di aver detto, comunque, molto poco di me. Ragazzi, mi dispiace, ma questo è il massimo che posso fare…ehm…dare.
Se volete sapere di più e se vi affascina il gossip, dovete fare in modo di diventare miei amici intimi, (meglio se via e-mail per mantenere bene le distanze…) ed allora, può darsi, vi racconterò anche particolari piccanti della mia vita interiore perché, al contrario di quanto se ne dice, io sono un Cinque che preferisce l’espressione diretta (quando si esprime), e detesta il pettegolezzo.
Il nostro indirizzo di posta elettronica è: postmaster@enneagramma.info