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Questo argomento contiene 38 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da un atomo 13 anni, 2 mesi fa.
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Utente Ospite:AmelièL’uomo è un animale abitudinario. Ci si abitua a tutto. L’abitudine è una cosa che si desidera e da cui si rifugge. “Guai all’abitudine in amore”, “non voglio perdere le mie abitudini”, “mi sono abituato al dolore”.
Quante volte abbiamo detto o ascoltato queste cose?! L’abitudine è una cosa di cui non possiamo fare a meno. Siamo programmati a tollerare, a compensare. Ogni spostamento dall’equilibrio (abitudine) nel quale ci troviamo genera uno sbandamento, un malessere, un fastidio. Ma dopo un periodo definito troviamo un nuovo equilibrio che ci consente di tollerare quello che fino a poco prima ci sembrava intollerabile.
A questo meccanismo fisiologico molto complesso, sottendono la maggior parte delle nostre iterazioni con l’ambiente circostante.
Ad esempio almeno una volta nella vita tutti hanno fatto questa esperienza: quando indossiamo un orologio, un anello per la prima volta ne sentiamo la presenza, il peso, per un certo periodo di tempo. Superato questo momento, non lo avvertiamo più. Viceversa, se lo togliamo ne percepiamo la mancanza. Perché accade tutto questo? Perché nella nostra pelle ci i “recettori da contatto”. Si attivano con il contatto, si “abituano” allo stesso e si riattivano al distacco.
In modo analogo a questo meccanismo sottendono tutte le funzioni chimico-fisiche e forse….psico-emozionali.
Esempio? Quando troviamo un nuovo compagno, dopo un iniziale sbandamento (al più positivo) nelle reciproche abitudini (anche se a qualcuno radicato possono apparire come violazioni della propria libertà:-) troviamo un piacevole equilibrio di coppia (sennò che ci stai a fà?). Presto ci abituiamo ad avere accanto la persona cara, qualcuno di noi solo ad immaginare una variazione di questa situazione sente di poterne persino morire! Perché si crede di non poterne fare a meno, di non riuscire a respirare. Se ci separiamo, quello che subisce l’evento inatteso, manifesta una vera sindrome di astinenza, in precisi momenti del giorno, in orari stabiliti sente forte la mancanza dell’altro. Con un po’ di lucidità ci si rende conto che magari in qui momenti si condividevano delle esperienze…il buon giorno al risveglio, la cena ecc. per fortuna le crisi pian piano si attenuano fino a scomparire del tutto…ci si abitua… Si sente dire sempre”solo il tempo…” Resta solo il ricordo e tutte le sensazioni che questo rimanda al nostro corpo.
L’inverso accade a chi è abituato a stare solo. Sta tanto bene che dopo un po’ gli sembra di non poter più condividere i propri spazi, le proprie abitudini, con gli altri. Ma niente è per sempre….
Ci abituiamo anche alla sofferenza…ci abituiamo all’amore? Non lo so, ma qualcosa dentro di me dice si. Nel primo caso immagino persone che vivono nel grigio, nella nebbia; nell’altro persone che vivono al sole dei tropici (ma il sole scotta)…in entrambe le condizioni sento le emozioni che perdono di intensità!
Se tutto questo è vero, ed io so che lo è! Cosa ci rende speciali, cos’è che ci fa andare avanti nonostante le nostre numerose abitudini? C’è qualcosa che resiste alle sollecitazioni, che ha un suo equilibrio stabile, che è imperturbabile!???
Secondo me è la speranza di realizzare i nostri sogni…ai quali non ci abituiamo mai… non per niente Cenerentola cantava “i sogni son desideri di felicità…” anche se Cenerentola, come Biancaneve e tante altre doveva morire!!! Ma questa è un’altra storia…
Bruno Ordonsellimi sembra che sull’abitudine cara…… Ameliè hai già le idee chiare e forse non troppo positive il problema io lo ribalto, è che secondo me siamo fatti per non abituarci perchè generalmente io non mi abituo ma mi stanco dell’…….abitudine
Utente Ospite:AmelièCiao Bruno, mi spiace che il tuo percepito sia negativo. In realtà non ho emesso alcun giudizio sull’abitudine. L’ho solo fotografata da qualche angolazione, mia ovviamente. Mi sembra però che tu, sostanzialmente non abbia nulla in contrario alla mia analisi. Tuttavia, voglio sottolineare di aver detto che NIENTE E’ PER SEMPRE. Per finire mi sono chiesta e contestualmente l’ho fatto a tutti voi, se l’unica cosa imperturbabile, immune all’abitudine, sia la speranza che i nostri sogni si realizzino. Tu ne hai sogni? Permettimi una pignoleria: se non ti abitui (quindi non conosci abitudine) come fai ad esserne stanco?
Bruno Ordonselliil mio era un gioco ed è chiaro che concordo con te.io sono proprio messo male sono un 4 e la mia speranza è sempre vivissima e tenace ma spesso per non dire sempre mi capita di avere un a cosa e non apprezzarla finchè non l’ho perduta.Poi penso che le abitudini servano solo a crogiolarsi in una stupida mediocrità bisognerebbe mettersi in gioco tutti i giorni ma l’abitudine ce l’impedisce.
Antonio BarbatoIo direi che ci sono almeno due aspetti da distinguere nel discorso sulle abitudini. Da un lato va ricordato che l’abitudine è parte dello stato normale di ogni cosa, dall’altro che il cambiamento non è assolutamente un fatto che può sempre essere giudicato negativo o percepito come positivo. Permettetemi di estremizzare il discorso per cercare di trasmettere meglio quello che voglio dire. Una dipendenza di qualsiasi genere, poniamo una tossico dipendenza, produce come effetto quello di portare la persona a ripetere sempre e comunque gli stessi comportamenti, per evitare fondamentalmente di percepire il dolore. Se la persona riesce a rompere questo stato, essa non percepisce all’inizio alcun miglioramento, anzi, al contrario, percepisce solo un dolore intenso ed una transitoria pena maggiore. Potrebbe giudicare questa persona in modo corretto il suo stato? Tu Ameliè hai sottolineato che l’unica cosa che ci accompagna sono i nostri sogni e le nostre speranze, ma io mi permetto di ricordarti il famoso proverbio che afferma che chi di speranze vive, disperato muore (tranne se non è un Sette nel qual caso ti dirà che è solo un piccolo fatto transitorio, anche se ha il collo nel cappio del boia) 🙂 🙂
Utente Ospite:AmelièStasera mi chiamo puntiglio! Caro Antonio credo che tu voglia dirmi che la mia macchina fotografica ha la messa a fuoco rotta? Non credo. Io penso che alcuni individui, indipendentemente dallo stao di dipedenza o detossificazione abbiano la lucidità e la consapevolezza del proprio stato. Inoltre, sempre per precisare, io non ho affatto detto che l’unica cosa che ci accompagna sono sogni e speranze. Ma bensì mi sono chiesta e l’ho chiesto a voi (mi sà che ho qualche pbl di comunicazione) se lunica cosa che è immune all’abitudine, imperturbabile è la speranza che i nostri sogni si realizzino. Tu che dici? Sogni???
Antonio BarbatoBeh, mia dolce puntigliosa Ameliè, se ci mettiamo a giocare a puntiglio, un gioco che ho fatto per tanti anni, mi permetto di citare le tue parole del messaggio iniziale: C’è qualcosa che resiste alle sollecitazioni, che ha un suo equilibrio stabile, che è imperturbabile!??? Secondo me è la speranza di realizzare i nostri sogni…ai quali non ci abituiamo mai…… Se i nostri sogni e le nostre speranze, dunque, non ci accompagnassero, come potremmo sperare di realizzarli? Tuttavia, io non volevo dire che tu hai, per così dire, un difetto di visione, volevo solo suggerirti che c’è una altra chiave di lettura della realtà che non può essere facilmente percepita da chi la vive, tutto qui. Tu sei una persona eminentemente scientifica e, quindi, ricorderai di certo quella legge della fisica che afferma che un corpo in uno stato di quiete, se riceve un urto, tenderà a ritornare nel più breve tempo possibile allo stato di quiete precedente. La mia domanda sottointesa nel precedente messaggio è: quale dei due stati che il corpo vive è migliore? Esiste una possibilità di stabilirlo? Baci raggiosloeschi al suo (si spera per te) meraviglioso mondo!!
Utente Ospite:AmelièMio caro, mi spiace contraddirti sulle leggi della fisica, ma un corpo quando riceve un urto subisce uno spostamento ma non torna indietro. prima o poi la forza d’attrito lo farà fermare, ma il corpo non è tornato al punto di partenza. Ha raggiunto un nuovo stato. INDIETRO NON SI TORNA. (a meno che tu non sia un boomerang o un’elastico). La mia risposta è che non posso dire quale dei due stati è migliore proprio perchè, sebbene simili, gli stati sono diversi. Durante il cammino che mi ha condotto fin qui, io ho fatto delle esperienze, che belle o brutte che siano, mi hanno resa diversa. Per cui anche se apparentemente ti sembro la stessa…non lo sono. E’ sempre un piacere avere diverbi con te. Dal nuvoloso mondo…è tutto.
Marina PieriniIo ho la sensazione che tu non abbia soppesato a fondo quello che Anto ti suggerisce Amelie…:-) scusa è solo una mia sensazione ma la legge scientifica citata da Antonio non è quella sulla quale hai basato tu la risposta. Non si torna indietro, dici tu, ma si cerca di ricreare uno stato di quiete “come” quello precedente all’urto. Il punto mi sembra questo. Un corpo immobile, che riceve un urto, tornerà quanto prima ad uno stato di immobilità. Il fatto che sia stato spostato non cambia l’immobilità come meta da raggiungere e questa immobilità non è nè meglio nè peggio del movimento. Comunque…perdonami…torno a me….e vorrei dire un’altra cosa invece…c’e’ un più di un passaggio di quello che hai scritto che mi ha colpita. Innanzitutto sono abbastanza d’accordo sul tuo modo di riassumere l’abitudine. E’ indubbio che se il nostro corpo non si abituasse alla sensazione degli abiti addosso e così via, non saremmo capaci di fare nulla perchè il cervello sarebbe impegnato a registrare e reagire a miliardi di sensazioni “distraenti”. C’e’ quindi la naturale necessità di percepire alcune cose solo la prima volta, e poi l’abitudine lascia scivolare in una sorta di “livello sommerso” sensazioni ecc. che sono classificate, riconosciute e non più utili. Così che la persona possa procedere oltre. Abituarsi anche in situazioni di stenti e sofferenza ha permesso alla nostra specie di adattarsi tanto da poter sopravvivere sia al caldo del deserto sia nei luoghi più gelidi e remoti del mondo. L’abitudine dunque, entro certi limiti, è una caratteristica, una necessità ed una qualità della specie umana e anche di altre specie. Detto questo, mi viene da pensare che al contrario di quanto affermi, io credo che nessuno abbia la consapevolezza e la lucidità del proprio stato. Penso piuttosto che alcuni abbiano di tanto in tanto dei flash di lucidità, di consapevolezza, di apparente o reale risveglio, che gli permettono di percepire meglio ciò che è al di fuori della sfera routinaria. Tu parli dell’amore e del rischio per ciascuno che ama di scivolare in una routine, nell’abitudine. Che l’abitudine ad una solitudine subìta però, può creare nuove abitudini tanto che possiamo finire col difendere quella solitudine e quella libertà che prima tanto temevamo. Ognuna di queste scelte può essere sia sana che insana. Dipende. Chi si “abitua” all’amore e si addormenta non è consapevole. Chi si “abitua” alla solitudine e si addormenta, secondo me, altrettanto. Trovo molto difficile spiegarti quello che vorrei, mi sembra di sfiorare il punto in questione per perdere il filo un secondo dopo. I sogni non sono talvolta una soluzione abitudinaria che ci solleva dalla realtà? Non possono essere dunque anch’essi frutto della necessità e dell’abitudine? Sogno, così non sono nel qui e ora. L’amore può essere consapevole, e questo significa che alle abitudini necessarie a stabilire una routine che gestisce le nostre energie, c’e’ anche la precisa consapevolezza del qui e ora. Dell’uomo che si ama, della vita prima di lui, di quello che proviamo, di quello che desideriamo ora, di quello che stiamo facendo proprio adesso, senza aver bisogno di sognare una ipotetica e rosata dimensione spesso iraggiungibile, idealizzata e lontana. La solitudine può essere una scelta consapevole, quindi se io accetto e scelgo il lusso di poter gestire la mia libertà i miei spazi ecc. ma sono qui e ora, non sarò così nevroticamente attaccata a tutto questo se poi la vita mi offre qualcos’altro. Qualcosa che possa interessarmi profondamente e che mi cambierà profondamente. Insomma vorrei dire che la risposta all’abitudine eccessiva e quindi come dire…apatica, ottenebrante, è saper essere nel qui ed ora, almeno secondo me. La consapevolezza, la voce interiore che ci invita a guardare bene, guardare meglio, osservare e percepire con attenzione e gustare quanto c’e’ attorno a noi “ora”. I sogni sono desideri di felicità….ma chi troppo sogna non si accorge di averla magari già vicina. Chi desidera altro, altrove, non apprezza quello che ha già. Chi si lega troppo ad uno stato, si priva dell’esperienza di altro. Ma bisogna saperlo notare. Bisogna “saperlo”. Bisogna “vederlo”. Bisogna “gustarlo”. Non quello che sogno e che quindi non ho, ma quello che ho esattamente adesso, accanto a me, dentro di me, attorno a me. Non so se mi sono spiegata…fammi sapere….baci.
un atomoSe ho capito cosa dici Marina forse si potrebbe riassumere così: ‘ Tutto è disponibile qui e ora’ Non nell’altrove del sogno o del progetto futuro, nè nel ricordo del passato. Tutto è già disponibile. E questa è forse l’unica possibile forma di consapevolezza. Se è in sostanza quello che intendevi dire ultimamente sto capendo che questa è l’unica forma di serenità possibile.
Marina PieriniE’ esattamente questo che intendevo.
Utente Ospite:AmelièBhe allora, se secondo voi tutto è qui ed ora..a me resta ben poco.. Comunque nella vita si sà, è tutto relativo. Ognuno ha il suo punto di riferimento, difatti io e Antonio parlavamo dello stesso fenomeno solo che lo abbiamo analizzato da due punti di vista differenti. Lui ha guardato semplicemente al ripristinarsi dell’equilibrio dopo un evento. Io sono il corpo che ha ricevuto l’urto, mi sono fatta il percorso per intero e dico che è vero che si torna ad un’equilibrio…ma non è quello iniziale…perchè l’esperienza mi ha cambiata..anche se sono tornata in equilibrio. E poi non sono convinta che l’equilibrio sia la meta da raggiungere!!! (almeno non la mia) Cara Marina, tranquilla, è tutto chiaro. Solo che qualcosa del mio messaggio non è passato: c’è qualcosa di immutabile? Imperturbabile? Io l’ho chiamata speranza che i nostri sogni si realizzino. Non ho detto che vivo di sogni, per fuggire la realtà. Anzi, vivo giorno per giorno la mia vita per quella che è. Non mi aspetto niente da nessuno. Tutto dipende da me. Sono artefice del mio successo ed insuccesso e se volessi tante cose potrebbero accadere… basta volerlo! Inoltre, tu non sai che sono la fondatrice del club: “biancaneve doveva morire” tra le adepte ci sono trentenni laureate, bella presenza, buon lavoro, single non per scelta. Se la sera per farci dormire, le nostre madri, ci avessero raccontato che biancaneve sarebbe morta dopo aver morso la mela, noi avremmo saputo la verità: che il principe azzurro non esiste o che se esiste, è stronzo ed egoista! Risultato? Più realismo e meno sogni!!! Come volevate dimostrare! Ciao 🙂
Marina PieriniAmelie…Amelie…ma tu non hai bisogno di sogni allora…tu hai bisogno di magia!
Marina PieriniVorrei aggiungere qualcosa, io sono una donna di fede, e penso che nessuno sia completamente artefice della propria vita e del proprio destino. Tu non ti sei generata da sola e il desiderio che si muove dentro, quell’oscuro richiamo un pò doloroso potrebbe essere molto di più che il disincanto per una delusione o per una perdita. Sei entrata nel mondo degli adutli? Mi dispiace, perchè l’ingresso quando ce ne accorgiamo non avviene mai dalla porta con la scritta “felicità”ma ne sono anche felice per te, perchè da oggi in poi ti saranno aperte nuove possibilità. Benvenuta nel mondo in cui nessuno ti deve nulla Amelie…nel mondo in cui gli affetti si perdono, la vita finisce, il nostro tempo è misurato. Non sei sola…guardati in giro e vedrai un mondo intero di adulti cresciuti in fretta, di bambini divenuti vecchi in un attimo, di persone mature ancora pateticamente attaccate alla soglia della porta perchè non vogliono oltrepassarla. Ma se il bruco non muore, la farfalla non vivrà mai. Io ho scoperto che la magia c’è e che la fede è qualcosa di molto molto più che il regalo di babbo natale, ma è la mia vita e non posso raccontartela. Non sei convinta che l’equilibrio sia la meta? Credo che tu abbia ragione. Ma è una posizione esistenziale sicuramente più comoda, che ci permette di cogliere della vita gli aspetti migliori, ce la rende non solo più sopportabile ma anche pensa un pò…degna di essere vissuta. Ora sei tutta dolorante e forse non ci credi, ma esiste un luogo nella tua vita futura in cui non i sogni ma la magia, la speranza diranno alla tua anima che puoi accettarlo, che puoi stare bene, che puoi sopravvivere alla delusione e al dolore e che forse non sei sola e non sei artefice del tuo successo e del tuo insuccesso, perchè appartieni. Non c’e’ una sola parola che possa convincerti, ma io mi sento certa che te ne accorgerai, sono certa che in quel luogo ci arriverai, è una questione di tempo…..si….Amelie…tu dici che la verità è che un principe azzurro non esiste e se c’e’ non è certo un brav’uomo, ma tutti soffrono non puoi dimenticarlo, e tutti prima o poi crescono, anche se a volte lo fanno un attimo prima di morire, quando forse è troppo tardi…forse……io credo che scoprirai che per essere serena innanzitutto non hai bisogno del principe. Che nessuno ti può dare quello che ti manca e che non lo puoi pretendere da qualcuno che non deve tradire le tue aspettative. Non la realtà, non la verità, cambiano, ma la prospettiva dalla quale le guardi. Forse un giorno scoprirai che non avere aspettative non significa sostare nel deserto, ma in un’oasi sorprendentemente lussureggiante, che ti permetterà di accogliere l’uomo, non il principe, che il tuo cuore avrà scelto, e lo acetterai per il tempo che vi sarà dato. Non sarai delusa per averlo perduto, ma forse grata per averlo amato. Il piano su cui poggiano le tue percezioni si può inclinare e farti vedere tutto dall’altra prospettiva. Qualcosa di immutabile c’e’…e lo dico sempre fino alla noia…ed è l’amore. Non il tuo. Tu non sei immutabile. Non quello della gente del mondo. Anche la gente non è immutabile. Ma l’amore che a tutti si trasfonde e ci arricchisce. Non esiste un solo attimo della storia dell’uomo in cui qualcuno non abbia amato qualcun altro. Quell’amore ha una sua struttura e una sua consistenza, ci attraversa, questo si, ma non ci appartiene. Non coccolare la tua rabbia. Te lo scrivo col cuore, sfogala, vivila e poi lasciala andare, perchè tu come chiunque meriti di diventare qualcos’altro e non puoi finchè ti rifiuti di lasciar andare la maniglia della porta. Finchè pensi che la colpa sia di un principe non azzurro o anche solo tua. Finchè pensi che c’e’ una colpa. Molla la presa, apri le mani. Senza rimpianti. 🙂
Bruno Ordonselliil principe azzurro è certo stronzo ed egoista …….ma anche biancaneve non scherza
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