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Almaas e le idee sacre.

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Questo argomento contiene 100 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da  Marina Pierini 13 anni, 2 mesi fa.

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  • #5638 Risposta

    Roberto Maieron

    In una storia di Anthony De Mello il solito spiritosissimo maestro spirituale sosteneva di sapere che cosa provava un pesce ossia di sapere che tipo di coscienza/consapevolezza possedesse, con grande sorpresa (e scetticismo) del suo interlocutore. Naturalmente la cosa era vera. Lui sapeva che cosa sosteneva la mente del suo cane. Che tipo di consapevolezza avesse. Perche’ era la sua stessa consapevolezza. Io sono assolutamente d’accordo con lui. Fra me e il cane non c’e’ nessunissima differenza a livello di consapevolezza a dispetto di quello che puo’ apparire e a dispetto di tutti gli studi “scientifici” che rilevano diversità e distinguono livelli e qualita’ di coscienza. Questo stavo cercando di dire. I contenuti di coscienza miei e del cane sono diversi, ma solo i contenuti e le modalità di accesso agli stessi. Del resto e’ certo che la coscienza non esiste, esiste solo “qualcosa” che sostiene la coscienza. La coscienza si crea solo nella relazione. Io ho relazioni diverse del mio cane e ho un corpo con una fisiologia diversa da quella del mio cane. Per questo poi definiamo due diversi contenitori di coscienza. In realta’ la differenza e’ solo apparente, perche’ la consapevolezza che sostiene la coscienza e’ la stessa.
    Ma proviamo a vedere questa presunta superiorita’ della coscienza umana rispetto a quella del cane: guardate le vostre mani. Provate a muovere le dita. Ossservate la quantita’ straordinaria di cellule cosi’ diverse fra loro che compongono le vostre mani . C’e’ una sola cellula cosciente di dov’e’ e di che cosa sta facendo? La mano che state rigirando, le dita che state piegando, hanno la piu’ pallida idea di quello che stanno facendo? Hanno una qualche idea di se stesse? Guardate la bocca di una persona che sta parlando: le labbra, la lingua, i denti, le corde vocali che vibrano per emettere i suoni… tutte queste parti sono consapevoli di quello che sta succedendo? Sanno che cosa stanno facendo, perche’ lo stanno facendo, se ha senso quello che stanno facendo? Hanno una sola pallida idea di se stesse? Forse che nel cervello troviamo questa coscienza superiore, questa consapevolezza? Fra l’attivita’ elettrica dei miliardi di neuroni che compongono il cervello, c’e’ n’e’ qualcuno che sa che cosa sta facendo, che cosa sta succedendo, che e’ cosciente di se’? C’e’ una sola parte del nostro corpo, magari infinitesimale che non funziona in modo automatico, come reazione a degli stimoli esterni ?
    A volte, scherzando, quando la radio e’ accesa, e qualcuno sta parlando, dico a chi mi sta vicino: “Accidenti, ci deve essere qualcuno incastrato dentro, bisogna liberarlo!”. Ma, se smonto la radio, non trovo nulla. Cosi’, se smonto un essere umano, non trovo nessuna coscienza. Nessuna anima, nulla. Solo un corpo
    assolutamente incosciente, dotato di una sua intelligenza naturale, che funziona in totale automatismo.
    Io e il cane da questo punto di vista siamo assolutamente identici.
    L’unica differenza e’ che io do’ continuita’ al mio essere perche’ ho dei contenuti dei coscienza che mi fanno credere questo, mentre il cane non ha la fisiologia adatta per dare continuita’ alla sua sensazione di essere (essere qualcuno o qualcosa) per cui i suoi contenuti di coscienza possono apparire piu’ grossolani.

    #5639 Risposta

    Sarah

    Cosa vuol dire: “se smonto un essere umano?”. Gli uomini hanno la capacità di fermarsi e meditare, osservando l’andare della macchian automatica.

    #5640 Risposta

    Roberto Maieron

    Mi scuso per il limite del mio linguaggio. Dopo aver letto mi rendo conto che uso dei vocaboli dando loro un significato preciso, mentre un altro lettore li decodifica dando loro un altro significato. Pazienza. Dovrei mettermi a scrivere per giorni interi e non e’ proprio il caso. Vi ringrazio tutti perche’ questa discussione mi sta proprio divertendo.

    #5641 Risposta

    Chiara

    Sono d’accordo, cara Atomo, sul discorso del linguaggio e sull’essere coscienti di essere cosciente che è per me il fulcro dell’esperienza umana.
    Cara Marina, capisco il tuo voler essere certa di aver veicolato il tuo punto di vista: cerco di spiegarti la mia modalità. Quando io vi leggo, non scendo per mia natura nei particolari vi leggo cercando di cogliere ciò che mi risuona nelle vostre parole, non ciò che mi differenzia. Il mio processo di lettura non è mai analitico, sono purtroppo deficitaria nel particolare ho sempre sguardi d’insieme, generalmente intuitivi, molte cose nei dettagli non so spiegarle neanche a me stessa. Penso inoltre che le parole assumono il significato particolare e il colore che ciascuno di noi gli dà in base al proprio vissuto personale. Quindi io spesso leggo nelle parole degli altri ciò che ho nella mia testa e non ciò che l’altro vuole effettivamente dire, e in base a quello rispondo.
    Leggo Roberto e c’è qualcosa in ciò che dice Roberto che mi risuona, leggo atomo e anche atomo mi risuona, leggo maurizio e mi risuona anche lui, leggo te e mi risuonano le tue parole:)…E’ come se da diversi punti di vista fosse tutto giusto e vero per me.
    Quindi faccio fatica poi a capire i punti di differenziazione…Abbi pazienza..aiutami. Cerca di farmi capire qual è il punto su cui senti di non essere capita o dove ti sembra che il discorso prenda altre pieghe.
    Mi era sembrato di capire dalle tue parole che tu intendessi l’uomo come punto di arrivo cioè la nostra una scala evolutiva in cui noi rispetto all’animale acquistiamo qualcosa in termini di coscienza di sè e quindi del mondo, e in questo ero d’accordo.
    Un bacio. Chiara

    #5642 Risposta

    Antonio Barbato

    Una serie di interventi che mi stimolano dato che il tema della coscienza di sè (meglio definirla così, piuttosto, che usare la parola consapevolezza) e dell’identità sono stati e sono temi fondamentali delle mie ricerche. Col mio come al solito iper sintetico intervento, che rivela l’influenza del tipo Cinque in me, ho forse contribuito a creare confusione sull’argomento. In esso riferivo la storia del sesto patriarca Chen, il cui nome era Huineng, che era analfabeta e non aveva, agli occhi del mondo esteriore, alcuna idea di cosa fosse lo spirituale. Questo uomo udì senti recitare una sutra e improvvisamente, come è tipico delle scuole che credono nell’illuminazione (qualunque cosa essa sia) immediata, realizzò l’essenza della Buddhità. Da ciò la buona Sarah ha desunto che l’elemento determinante della sua realizzazione, fosse stato l’influenza delle parole che aveva ascoltato. In realtà non è così, perchè, come lui stesso commentava, la Consapevolezza totale non può essere raggiunta od espressa con le parole. Non avevo dato rilievo a questo punto, perché il tema centrale del mio intervento era piuttosto quello di sottolineare l’importanza determinante della Consapevolezza come elemento distintivo. Esso, tuttavia, può essere facilmente dimostrato, ricordando che a milioni di altre persone quelle stesse parole non hanno fatto effetto alcuno (compreso, ahimè, il sottoscritto). Quello che portò Huineng a raggiungere il suo stato fu il suo allineamento interiore, la sua comprensione che l’insegnamento non è suono nè forma, ma egli non era consapevole, così come un uomo che non si è mai potuto specchiare in un oggetto riflettente non sa l’immagine del proprio volto. Le parole ebbero solo quell’effetto. Non produssero in lui una trasformazione, ma solo l’indispensabile consapevolezza.

    #5643 Risposta

    Antonio Barbato

    Ho separato gli interventi per rendere più agevole la trattazione di alcuni punti. Un essere umano è, per definizione comune, un individuo, cioè un non separato nelle sue parti componenti. Perchè fra tante possibili definizioni abbiamo deciso di utilizzare questa? Perchè essa ci da dei significati che distinguono immediatamente ciò che è uomo da ciò che non lo è. Cosa vuol dire essere non separati? Prima di tutto che esiste un ricettore che percepisce, aldilà dello stesso concetto della propriocezione, che c’è una unitarietà dietro le diversi componenti che lo compongono. Inoltre, che questo stesso ricettore ha il senso della sua permanenza nel tempo e che può riferire a sè situazioni avvenute in momenti ed in luoghi diversi. Infine che è capace di distinguere quello che sente accadere all’interno del suo nucleo di percezione, rispetto a quello che sente esterno a questa sfera. Queste tre componenti determinano quella che comunemente chiamiamo coscienza del sè o, meno propriamente, consapevolezza. Il linguaggio è una sovrastruttura rispetto a questi componenti dato che è una espressione come un’altra di questa percezione, non è tipica solo dell’essere umano e perchè è soprattutto una elaborazione simbolica che può espressa anche in altri modi. Ad esempio con un disegno o la mimica dei corpi. Credo che sia rilevante il fatto che nessuna specie animale, tranne l’uomo ovviamente, è capace di disegnare una mappa o di avere senso geometrico delle forme e che questo è risultato di una precisa specializzazione interrelata delle due aree del cervello non presente in altri esseri viventi. In quanto al mistico che secondo Edelman vorrebbe diventare cane, credo che questa affermazione rivelì solo una non conoscenza di quello a cui un mistico aspira (o sa, o crede, come più vi piace), di aver realizzato. Meister Echkart, un mistico cristiano, diceva che lo scopo fondamentale dell’esistenza era, appena appena, quello di diventare Cristo e Husayn il Cardatore, un grande mistico Sufi, affermava, con una certezza che lo portò al supplizio, Io sono la Verità, intendendo dire che la sua parte più essenziale non era più umana ma una sola cosa con Dio (qualunque cosa ciò possa significare). In tutti i casi quello che tutti loro mettevano in evidenza, era che il loro stato interiore (la loro consapevolezza) era evoluto fino a raggiungere uno stato di non differenziazione da ogni altra forma. Un essere umano normale, invece, sperimenta, all’opposto, quella sensazione di individualità e di differenziazione che lo definisce come l’essere che ha Coscienza della propria Coscienza (come ha giustamente detto Chiara).

    #5644 Risposta

    Antonio Barbato

    In merito alle affermazioni sulla origine della coscienza di Sarah e sul principio di realtà, al quale Marina si richiamava, credo che sia impossibile negare l’evidenza diretta della superiore complessità del cervello umano. Tutti gli animali nella scala evolutiva fino al rettile hanno un cervello che si occupa esclusivamente di quelle routine e sub routine definite normalmente come istintuali, mentre i mammiferi hanno in aggiunta ad esso una ulteriore serie di aree che elaborano quelle percezioni e le trasformano in risposte emozionali (dal latino ex muovere, muovere verso l’esterno, nel senso che una percezione viene individuata, elaborata, e alla quale si da una risposta normalmente verso l’esterno del sè). Solo nell’uomo si trovano ulteriori aree che elaborano quello che definiamo come pensiero e come capacità di prendersi cura del benessere proprio e dei propri cari nel tempo. Come diceva un mio amico che vende polizze sulla vita, la coscienza dell’uomo è quello che mi permette di vivere, poiché, senza di essa, nessuno si sognerebbe di fare una polizza a venti anni con i propri figli come beneficiari 🙂 😉

    #5645 Risposta

    Antonio Barbato

    In ultimo vorrei condividere alcune idee sull’evoluzione dell’uomo. La mia domanda fondamentale è: perché l’ego? La natura non si cura del singolo, non tiene in alcun conto l’esistenza individuale; si cura solo di far prevalere i geni migliori ed elimina tutto il resto. L’elemento vecchio o quello malato vengono eliminati e le ragioni del gruppo prevalgono sempre su quelle del singolo, invece nell’essere umano ciò, per nostra fortuna, non accade. perché mai? Quale è il significato nascosto che si cela dietro questo apparente contro senso? L’ego si oppone alla propria fine, combatte strenuamente per prolungare la propria esistenza e renderne migliore la vivibilità (in questo mondo o in un altro, non importa), si rifiuta di obbedire alle regole alle quali obbedisce tutto il resto del creato! Ecco perchè secondo me la sola vera domanda è: perché ho la coscienza di esistere?

    #5646 Risposta

    Marina Pierini

    Grazie amore mio, anche se viviamo assieme e mi devi sopportare nelle ie mille elucubrazioni, come al solito sei riuscito a dare chiarezza ai miei pensieri come io non riesco, perchè mi mancano dati tecnici che mi aiutino a riportare concetti a me molto chiari. Il tuo penultimo messaggio è ESATTAMENTE quello che sto dicendo da giorni ed è quello che più strettamente rappresenta quel “principio di realtà” al quale mi sto appellando ma che evidentemente viene frainteso. Sarah confonde “coscienza o anima” con “coscienza del sè” e in questo c’è un errore del quale se lei non si rende conto, ogni altra parola mi risulta inutile. Abbiamo parlato dell’anima prima dell’intervento di tale Simon che ci ha accusati di almanaccare e dal quale poi è scaturita la mia osservazione sulla nostra capacità oggettiva di pensare, a differenza di quanto non facciano gli animali. Principio di realtà. Dunque non si stava più parlando dello spirituale, ma di una capacità che è attribuibile solo al cervello umano. Sarah ti prego di capire che se si attribuiscono significati soggettivi ai termini ci si allontana dal centro di un discorso. Ad Atomo rispondo solo che quello studioso che io avevo citato a caso come osservatore della “coscienza del sè” ha detto una cosa non esatta a proposito dei cani. Tu sai che io ho una passione per i cani e che avrei voluto seguire corsi per addestratori, sono anni che studio per conto mio e se c’e’ una cosa che ti posso assicurare, perchè me lo dice l’esperienza diretta oltre che il mio studio, è che i cani non hanno memoria a lungo termine. Ogni cosa lui ne deduce di conseguenza a mio avviso è inesatta e frutto di proiezione. Mi fermo qui e ringrazio Chiara che come al solito mi disarma….e così come a Sarah, vorrei solo dirti che sebbene sia molto sano non attaccarsi al dettaglio di un discorso, come tu ben fai, e di quest’acqua chiara ti ringrazio, è anche importante ai fini di una comunicazione efficace cercare di non soggettivizzare troppo il “senso” di quanto gli altri ci dicono. Altrimenti si equivoca. I termini giusti, ai significati giusti. Capisco in questa frustrazione Roberto, anche se non condivido la sua resa….ah l’enneagramma insegna! Un salutone a tutti.

    #5647 Risposta

    Chiara

    Carissima Marina..grazie per avermi risposto. Ora mi è tutto molto più chiaro.
    Purtroppo è vero..:)..soggettivizzo troppo con grande disappunto del mio povero Gianco che certe volte cerca di farmi parlare di dati, di “fatti” e non di percezioni emotive…
    E’ bello però alla luce di tutto leggere come tutti hanno risposto secondo il proprio punto enneagrammatico:)
    Un abbraccio

    #5648 Risposta

    un atomo

    oggi con la scoperta dei neuroni mirror e la teoria della mente molte cose sono cambiate e stanno ancora cambiando nelle conoscenze che finora avevamo. Sto seguendo per lavoro una serie di seminari sull’argomento e le cose non sono così scontate. E’ un argomento complesso e molto affascinante. Non molto adatto ad essere approfondito su un forum sull’enneagramma.

    #5649 Risposta

    un atomo

    marina so della tua passione per i cani però edelman che ho citato e autore di una teoria della coscienza basata su studi di neurologia è un premio nobel della medicina, quindi immagino che sappia di cosa parla.

    #5650 Risposta

    Antonio Barbato

    Ma tu guarda che sorprese ti riserba questo forum!! Si era partiti dalle elucubrazioni di Ahmeed Alì sugli psicocatalizzatori della filosofia positiva e si finisce col citare l’ottimo Vilayanur ed i suoi saggi sui neuroni specchi ed il loro ruolo nell’apprendimento del linguaggio. In ogni caso, e senza voler dare nessun significato ulteriore a questo, io credo che un insegnante di enneagramma debba attivamente seguire lo sviluppo delle scoperte sulle attività della mente, per meglio capire che cosa sta dicendo agli altri. Personalmente leggo libri di neuro fisiologia e di fondamenti di funzionamento del cervello sin dal lontano 1980, anno in cui, purtroppo, mia madre fu colpita da un devastante ictus. Riconosco che, probabilmente, dietro al mio interesse c’era una disperata speranza di potere esserle di aiuto, ma tant’è! Da quei tempi ho sempre letto quello che mi capitava nelle mani, e sono sempre più affascinato dal cervello umano e dalle sue specificità.

    #5651 Risposta

    Antonio Barbato

    A proposito, credo che il bel di Aldous Huxley sulle Frontiere della Percezione, sia un must per tutti quelli che hanno fatto un certo genere di esperienza. magari durante un corso più o meno lungo.

    #5652 Risposta

    un atomo

    eh sì ti capisco Antonio, effettivamente le esperienze personali influiscono sugli interessi, soprattutto quelle dolorose, si cerca di capire…anche per me la malattia di mio fratello è stata una molla per seguire, da sempre, tutto il possibile sull’argomento. Il mio primo approccio è avvenuto a 14 anni quando mia madre mi portò con sè ad un convegno a Milano, in quel caso si trattava del metodo Delacato, da allora i passi avanti sono stati enormi, Molte cose si sono ribaltate…alla fine ho scelto un lavoro che avesse un senso riparatore… Mi fa piacere sapere che coltiviamo altri interessi in comune…forse per motivi persino un pò simili.
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