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Questo argomento contiene 67 risposte, ha 2 partecipanti, ed è stato aggiornato da Antonio Barbato 12 anni, 5 mesi fa.
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un atomoSì, mi capitava a 11 anni.
EleonoraCavolo, che interessante conversazione! ragazze, grazie; a me sembra che qualcuno dall’alto vi abbia stimolato questo discorso per aiutare anche un po’ me. Atomo, credo davvero che ci si possa redimere, anzi, ne sono convinta. Così come sono convinta che ancora non è il mio caso. Tra le altre cose, due mi hanno quasi folgorata: “hai mai accettato di aver sofferto per amore del dolore?”. Oggi posso rispondere sicuramente di sì, anche se ne sono stata sempre + o meno consapevole; diciamo che questa verità è sempre stata ad un livello preconscio, mai completamente ammessa e mai completamente negata. Sì, per anni mi sono tenuta stretta il mio dolore e, credo, per + di un motivo motivi: il + scontato è che nel dolore mi sentivo speciale (ed io avevo bisogno di sentirmi così – vedi post precedente – ); il secondo motivo è che, rimanere attaccata al dolore era l’unico modo per mantenere in vita chi non c’era più e contemporaneamente, mantenere in vita me, per non essere cacciata dall’eden nel quale volevo rimanere a tutti i costi. ed inoltre, non rimanere attaccata al dolore per quella perdita significava anche sentirmi ingrata, significava provare grandi sensi di colpa per il semplice fatto che io ero ancora viva mentre un’importantissima parte di me se n’era andata per sempre. Solo il dolore poteva, a quel punto, dare un senso alla mia vita. L’ultimo motivo (per il momento ma chissà quanti altri ce ne sono) è legato al condizionamento religioso. da bimba ma anche da adolescente, io credevo davvero (per come me lo avevano propinato) che tutta quella sofferenza sarebbe stata la scala per la salvezza della mia anima. ci ho messo parecchio a capire che non era così, e a quel punto ricordo ancora adesso lo stupore, mi sentii beffata persino da Dio. Perchè? perchè non era vero niente? perchè il dolore non poteva riscattarmi? Non avevo + neanche questa speranza? e perchè avevo sofferto tanto inutilmente? non potevo capirlo prima? e Dio, non poteva farmelo capire prima? non c’è bisogno di aggiungere che razionalmente so benissimo che non è così. in questo preciso momento, mi accorgo che mi sto preoccupando che voi – per le precedenti domande fatte a me stessa – possiate deridermi e pensare: ” ma questa è proprio tonta?”. Ed ecco la vergogna. L’altra domanda di Marina, che io non mi sono mai posta è: “dov’è finita la vergogna?” Accidentaccio…già…dov’è finita la vergogna? ho percorso molti chilometri nella vita per allontanarmi il + possibile da lei, l’ho voluto fortissimamente ed oggi mi sembra tutto ok, o quasi; difficilmente mi capita di vivere quel senso di inadeguatezza tante volte provato da ragazzina. ma sinceramente non mi sento di dire che non esiste + dentro di me. piuttosto, lo sento esattamente come la domanda precedente sul dolore, qualcosa che sta sullo sfondo ma che ancora mi riguarda. a questo punto credo di avere un bel po’ di cose su cui riflettere, ricordare, riportare in primo piano. vediamo che cosa ne uscirà. Grazie ancora a te, Tecla e a te Marina. buonanotte. eleonora
Marina PieriniCarissima Eleonora, hai centrato il bersaglio. L’esperienza della comprensione di certe scelte “pilotate inconsciamente” è un primo passo che deve aiutarci a riconoscerle anche quando crediamo che certe peculiarità non ci appartengano più. Ricordare cosa significa per un tipo 4 amoreggiare col dolore, non riuscire ad abbandonarlo e in che modo lo facciamo. Riscoprire la vergogna sepolta dietro l’ostinata indipendenza, intuire la nostra negazione attraverso il riflesso sul volto di chi ci rimanda qualcosa che noi non vogliamo vedere. Smontare il senso di orgogliosa specialità che non è esattamente amore per sè stessi, ma solo la perpetuazione della nostra elitarietà…sono tutti passi a mio avviso necessari per cercare di non mollare le briglie di queste fiere che tentano continuamente di distrarci, ingannarci, farci cadere nella dimenticanza. Atomo dice che certe cose le provava da ragazzina, ma oggi da adulta cosa rimane della tua Passione e come, essa, si esprime? Sicuramente soffrire di meno, alleggerire il carico, serve moltissimo ed è un segnale di una maggiore integrazione, ma a meno che non si è convinti di aver raggiunto uno stato completamente evoluto (e l’età anagrafica haimè non significa nulla) tutto è ancora lì. Più leggero, forse. Pù visibile, speriamo. Più agguantabile quando ci sguscia dentro, auguriamocelo. Secondo me commettiamo un errore calcolato (dai nostri demoni) quando paragoniamo il nostro stato a quando eravamo ragazzini. E’ chiaro che la distanza possa sembrare enorme, e sicuramente in parte è vero. Questo è un primo passo, e spesso l’edp stesso ci riconduce al bambino che è in noi e non all’adulto, perchè è prima di tutto il bambino che deve vedere e comprendere. Tuttavia, siccome è auspicabile che nel tempo dei progressi si siano fatti, dovremmo paragonare le nostre evoluzioni usando come metro pochi anni. Un metro più corto che ci dica anche quanto l’adulto si sia adattato, ingannato, automanipolato per distanziarsi e addormentarsi nuovamente. Mi fa molto piacere scoprire che queste nostre riflessioni ti sono utili. Perchè a turno penso che tutte noi abbiamo potuto approfittare di qualcosa che tra il flusso di parole infinito ci ha colpite, ha avuto un effetto schok, ci ha catapultate all’improvviso in stanze remote e dimenticate.
Marina Pierini…e aggiungo…stanze molto spesso sgradite.
un atomoCara Marina eventi di questi giorni hanno messo fortemente alla prova tutto quanto detto. In modo anche abbastanza drammatico. E sì, posso dirlo a conclusione di un cortocircuito tremendo è stato l’equilibrio conquistato di cui parlavo a guidarmi lucidamente. Ho sentito una forza autentica e sincera che senza bisogno di attaccarsi alla dolorosa vergogna e senza chiudersi a riccio nella specialità, pure ha riconosciuto questa specialità come vera e come fruibile in questo momento della mia vita. Il mio cammino in questo momento è sottoposto ad urti e scossoni ma io sento dentro qualcosa che forse non ho mai sentito, una fiducia serena in me stessa che non sapevo nemmeno di possedere. A volte siamo costretti a guardare e a fare i conti, io sono stata aiutata dalla assoluta necessità di confrontarmi con la mia fame d’amore e con la mia dipendenza affettiva,e ho capito non come stanno le cose perchè già lo sapevo, ma cosa devo fare con la mia vita, e come farlo. . Poi ci sono tante e tante cose che non sono sciolte e in cui il cammino è lungo. Quello che sento una pesante catena è forse la caratteristica del mio sottotipo, quella famosa tenacia o ostinazione che pure tanto mi è stata utile ma di cui sempre più vedo il peso e l’ostacolo che mi crea nell’espressione più libera di me. Su questo ho molto non da imparare ma forse da incontrare. Solo che ora so con certezza che per quanto possa essere una testa di legno 🙂 le cose non mi passano addosso senza che alla fine non ne sappia trarre qualcosa che va oltre l’apparenza. Tu parli spesso di fiducia io credo che bisogna concederla anche a se stessi e saper valutare anche positivamente ciò che si fa e che si è. E’ il nostro modo di essere (4) che ci spinge sempre a credere che ogni cosa non viene mai superata e se scopriamo qualcosa di buono di noi dobbiamo negarlo. Io non ci sto più. Lo so che adesso dico una cosa un pò imbarazzante, e che infatti mi costa tuttavia io vi voglio bene, veramente. E’ un sentimento di cui sono piuttosto avara nella distribuzione a molte persone (e a proposito della mia avarizia, un giorno dovremmo parlarne:-) ) e se lo dico è perchè e vero, perchè ormai sono più di tre anni che scrivo quì , che ho incontrato l’enneagramma e so che in nessun altro posto ho incontrato tanta possibilità di mettere le mani dentro in maniera condivisa con altri con i quali seppure non sono stata sempre d’accordo tuttavia me l’hanno consentito fino in fondo. Per tipi così esigenti, quali noi siamo (ecco un altro punto debole!) non è poco. E’ moltissimo. La gratitudine sincera nel senso del riconoscimento del valore di ciò che l’altro ti porta per me è un sentimento importante, è un valore.
Marina PieriniCara Tecla, mi dispiace sapere che ancora e ancora ti trovi in queste acque turbolente. La fiducia in noi stessi è il primo passo essenziale per poter giungere ad una fiducia che vada anche oltre e si trasfonda nelle situazioni e nelle persone attorno a noi. L’affetto che tu provi è ricambiato e anche se a volte il nostro amore per le discussioni è troppo “passionale” in tutti i suoi significati, penso effettivamente che sia il modo che certi 4 meglio conoscono per arrivare all’essenza delle cose, e non il bisogno arrogante di dare lezioni all’altro. Mi assenterò in questi giorni di ferragosto, spero di ritrovarti serena e più distaccata da un dolore che ormai bisogna lascia andare. Tu sei già una donna forte, ora devi avere fiducia e aprire le mani 🙂 Un abbraccio affettuoso.
Antonio BarbatoResta nella sensazione di quella fiducia e non disperderla con parole inutili. Tu dai tanto, per cui siamo tutti noi che dovremmo provare gratitudine verso di te e tu, a tua volta, sii grata a chi ti ha reso così capace di donare.
EleonoraHo capito che devo risolvere il problema da sola :). Nel poco tempo che mi rimane a disposizione ogni giorno sto cercando di trovare le somiglianze e le differenze tra il 4 e il 5, ed in effetti, di somiglianze ce ne sono tantissime, soprattutto tra il 5 e il 4 conservativo. uno degli aspetti che mi aveva fatto subito escludere il 4 consisteva nel fatto che secondo me, io non mi lamentavo troppo all’esterno ed ho scoperto, infatti, che il 4 conservativo è quello che non si lamenta; come non confondere, inoltre, l’arroganza intellettuale del 5 con l’elitarismo del 4? il senso di inadeguatezza e il senso di colpa presenti in entrambi? come non confondere l’amore per la conoscenza del 5 con l’amore per la cultura del 4? e l’essere solitari? lo è il 5 ma lo sono anche molti 4. Come non confondere l’apatia e la depressione presente nel 5 con lo stato depressivo del 4? sì, la depressione del 5 è asciutta ma mica è facile distinguerla dalla sopportazione stoica del 4 conservativo! Dalla rilettura di questi giorni constato che alcuni aspetti del 5 mi appartengono senza ombra di dubbio mentre alcuni altri proprio per niente; ad esempio la motivazione che sta alla base dell’avarizia, ossia la paura dell’impoverimento di sè: è una cosa che non mi è mai appartenuta, anzi, al contrario, io ho sempre pensato di non rimanere mai senza: denaro, cose ecc.; ho sempre pensato che se avessi avuto bisogno di soldi, sarei sempre riuscita ad averli, se avessi dovuto risolvere altri tipi di problemi, sarei sempre riuscita a risolverli (chiaramente problemi di ordine materiale); tra l’altro, avere questa fiducia a priori mi viene dall’esperienza. e poi, a dirla tutta, non sono mai stata un’avara se non nell’ordine della normalità, anzi, il mio peccato è stata l’eccessiva prodigalità, ho le “mani bucate”, come si suol dire. Nel 5, invece, mi ritrovo per la mia facilità alla rinuncia (che però vivo stoicamente) – anche se, a dire il vero questo aspetto riguarda + il passato – e l’insofferenza a sprecare il mio tempo in cose che reputo di nessun conto. per stasera mi fermo qui, anche se so che ci sono altre somiglianze che vorrò evidenziare tra i due enneatipi in questione. chiaramente mi interessa l’opinione di tutti voi su queste somiglianze ma mi preme anche sapere qualcosa dal Capitano, il nostro pulitore di scale, come egli stesso ama definirsi. Antò…mi aiuti ancora un po’ a pulire le mie? un abbraccio a tutti voi. eleonora
un atomoConsiderazioni molto acute e pertinenti che tra l’altro hanno aiutato anche me che sento una forte ala 5. In particolare mi ha colpito il concetto che differenzia la conoscenza per un 5 e la cultura per un 4 conservativo. Un’unica cosa tu dici che del 5 ritrovi la facilità alla rinuncia e in più aggiungi rinuncia stoica, ti posso assicurare che quest’aspetto è assolutamente tipico del 4 conservativo, ed è molto interessante che tu parli di atteggiamento stoico fortemente entito dal sottotipo del 4. Sicuramente la rinuncia del 5 e quella del 4 conservativo avranno origini e sentire profondi diversi. Ecco anche qui ci potrebbe aiutare il capitano che è sempre più in alto mare, lontano…lontano. Non mi piace tirare la gente per il cravattino, mi procura insofferenza e mi imbarazza però…ogni tanto qualche piccola sollcitazione delicata si può fare?
Marina PieriniEle…ho una perplessità….perchè confondi il senso di inadeguatezza del 4 con il senso di colpa del 5? Non ti sembrano due cose profondamente diverse? Il primo nasce da una sorta di complesso di inferiorità indotto dall’ambiente familiare che tende a frustrare ogni tentativo di espressione del bambino, che non capisce cosa si vuole davvero da lui per poter essere accettato ed amato. Il secondo nasce dalla necessità del 5 di doversi allontanare ed isolare dai propri affetti, anche se in qualche modo viene inibito, raffreddato, il percepire emozionale il senso di colpa per essersi “sottratto” rimane. Tu cosa senti?
Il capitanoSollecitazioni così delicate debbono essere raccolte, ovviamente, per quanto possa essere io in grado di esprimere bene come vedo le due posizioni. In primo luogo Atomo ha pienamente ragione nell’affermare che una specie di rinuncia stoica è molto tipica del Quattro di conservazione. In realtà, tuttavia, più che di rinuncia stoica, io parlerei di ostinazione nel non cedere ed accettare che, in verità, si sente lo stesso bisogno lacerante che, però, non può essere espresso. La posizione tipica di un bambino che dentro di sè dice: se non mi amate, io farò a meno del vostro amore anche se dentro sento di morire per questo. Una fondamentale diferenza che ho notato che un Quattro e un Cinque consiste nel piacere che il primo trova nel fare fantasticherie del tipo di quelle di Eleonora, mentre il secondo è molto più attento nel cercare di avere una visione oggettiva del reale (senza, peraltro, mai riuscirci del tutto). In un famoso quadro di Brueghel, il Misantropo, si vede un uomo profondamente assorto nei suoi pensieri astratti, tutto preso da uno sforzo di capire un imperscrutabile profondo mistero, che non si accorge, però, del ladro che gli ruba il borsellino. Molti Cinque sono così: persone auto assorbite nell’inseguire la deduzione esatta, il pensiero analitico o metafisico, che, però, non ha quasi contatto col piano del terrestre, della realtà quotidiana. Nel Quattro, invece, c’è un continuo confrontare il reale con l’ideale a cui si vuole tendere, un riempirsi di sentimento che ha bisogno di un oggetto con cui confrontarsi (d’altra parte, ricordiamolo, l’Invidia è una passione tipicamente sociale che nasce, appunto, dal confronto). Basta pensare, ad esempio, al piacere che un Quattro trova nel confrontare la sua piccolezza a confronto con la grandezza degli elementi naturali. Questo è totalmente assente nel Cinque che è, invece, facilmente qualcuno che si auto totemizza, che sente di avere qualcosa di unico da dire al mondo anche se non sa come esprimerlo. Credo che questi elementi siano utili per una riflessione ulteriore sulle differenze non apparenti fra i due tipi. Sono, comunque, a disposizione se volete continuare il dialogo. Antonio
EleonoraX Marina… in realtà, credo di non essermi espressa bene ma io non confondo il senso di inadeguatezza del 4 con il senso di colpa del 5; dico solamente che questi due aspetti sono presenti in entrambi gli enneatipi. Per quanto riguarda ciò che dici tu, Antonio, in riferimento alla rinuncia vissuta stoicamente, è vero, il bisogno lacerante rimane ma si decide di rinuciarvi per una sorta di patto (almeno nel mio caso) con se stessi e/o con la vita e con Dio. Dentro di me, per anni, ho sempre pensato che un giorno la vita, Dio, l’universo mi avrebbero ricompensata per questo, mi avrebbero dato a piene mani tutto quello a cui ero stata costretta a rinunciare. non so se senza questa certezza, sarei mai riuscita a rinunciare. faccio un esempio: avevo 11-12 anni, a casa mia era successo non ricordo cosa, mia madre se la prese con me e non credette ad una sola parola di ciò che io le dicevo. dopo aver insistito un po’ affinchè mi credesse, ricordo che mollai la presa pensando che un giorno, dopo la mia e la sua morte, lei avrebbe saputo finalmente la verità e a quel punto non avrebbe potuto + fare a meno di credermi ed io avrei ottenuto giustizia. ecco, le mie rinunce erano dettate sempre dalla promessa di un riscatto finale, di una Giustizia che, alla fine avrebbe trionfato. Per quanto riguarda l’ultima parte del tuo post, mi interessa molto (come già detto in un post precedente) cercare di capire bene la differenza tra il senso di specialità del 4 e quel sentire di avere qualcosa di unico da dire al mondo del 5. qual è l’elemento inconfondibile che non ce li fa confondere? Un altro aspetto che volevo approfondire e che ha ripreso anche Atomo è quello tra l’amore per la conoscenza del 5 e l’amore della cultura del 4. ci ho riflettuto un po’ e credo che la differenza potrebbe essere la seguente: nel 5 l’amore per la conoscenza serve a riempire quel vuoto prodotto dalla mancanza di relazioni e dall’evitamento dell’azione. nel 4, invece, l’amore per il sapere trova la sua origine proprio in quel desiderio di relazione, è il mezzo attraverso il quale mantiene il contatto col mondo e, contemporaneamente, forse, gli serve anche a nutrire quel senso di specialità che lo fa sentire, a volte, al di sopra degli altri, ma viene vissuto, comunque, sempre all’interno di un’idea di relazione-confronto. A presto. eleonora
un atomoNon so se hai ragione Ele, però per me non è così, l’amore per il sapere è in massima parte segreto e nutre qualcosa di personale, nel quale gli altri sono distanti anzi meglio ancora se scompaiono. Con ciò non voglio dire che non c’è interesse nella relazione soprattutto se condita da una vivace discussione, ma non ha niernte a che vedere con il sapere, la conoscenza o la cultura per me. Nel relazionarsi con gli altri si prendono alcuni aspetti superficiali e magari si attizzano con un pò di dialettica, serve per comprendere le reazioni altrui e sentirsi in empatia , ma non ha a che vedere con la sfera del sapere. Per me questo avviene nel silenzio, nella solitudine, nell’isolamento, è qualcosa dove gli altri non ci sono , non è cosa da condividere, è un luogo un pò dove fuggire in un mondo altro pieno di cose incomunicabili. Non so se sono un 4 anomalo, però per me è così e credo che ciò sia generato dall’abitudine contratta nell’infanzia e a lungo sostenuta. Io credo che in generale non si possa comunicare che qualche scintilla di apparenza e che la sostanza delle cose sia in un mondo interiore inviolabile soprattutto se è innaffiato da letture, poesie, musica, arte. La presenza di persone in questa dmensione è superflua e faticosa. Sì, è il termine esatto terribilmente faticosa.
un atomoA pensarci bene ciò che provo è proprio come tu l’hai detto per un 5 mancanza di relazioni ed evitamento dell’azione. E anche quando c’è relazione quasi mai è su questo terreno ma piuttosto è su un terreno emozionale e cioè per me superficiale ma piùsemplice da comunicare.
un atomoessere vuoto di ogni creatura è essere pieno di Dio ed essere pieno delle creature è essere vuoto di Dio
Meister Eckart -
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