HomePage › Forum › Forum ASS.I.S.E. › Enneagramma e dipendenza
Questo argomento contiene 164 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Sarah 13 anni, 1 mese fa.
-
AutoreArticoli
-
AlessiaCiao a tutti. Ad un seminario a cui ho partecipato (e che evidentemente mi ha molto colpito!!!!) si è discusso sul tema della dipendenza contrapposta a quello dell’appartenenza. Secondo i prof. i primi sarebbero negativi e caratterizzerebbero i rapporti che nascono per “bisogno” (di amore, di accudimento, ma anche di rabbia e di colmare “vuoti” infantili), mentre i legami di appartenenza sarebbero quelli sani, evolutivi. Questa differenziazione mi ha molto colpito, essendo una contro-dipendente dalla nascita (il che non è comunque un atteggiamento sano, visto che è solo l’altra faccia della medaglia), e mi sono chiesta come si fa a capire che i rapporti che viviamo quotidianamente (con famiglie d’origine e con le nostre relazioni attuali) sono rapporti sani. Ed i vari enneatipi come vivono la dipendenza?
L’essere umano alla nascita è fisicamente dipendente da chi si prende cura di lui, per il nutrimento, per l’accudimento, sia materiale sia emotivo. Poi cresce ed inizia a decidere, ma affettivamente è sempre dipendente (o quanto meno influenzato) dall’ambiente in cui vive e cresce. In ambienti sani si arriva sicuramente ad una maggiore individuazione e differenziazione, passando dalla fase adolescenziale a quella adulta, alla costruzione di un’identità personale, che ci fa unici ed irripetibili, ma i retaggi antichi sono sempre presenti e ci condizionano sempre ( a chi più, a chi meno). Che ne pensate?
EleonoraTema molto interessante e complesso. Per anni, mia madre mi ha sempre definita la ribelle della famiglia e solo perchè non la pensavo come lei. Eppure, sono quella che non è riuscita a staccarsi veramente da lei. Personalmente credo che i rapporti sani siano davvero pochi perchè per essere veramente liberi non dovremmo essere condizionati dai tanti vuoti interni che ancora, da adulti, cerchiamo di colmare. Ciascuno di noi può sentirsi libero da un bisogno solo nel momento in cui l’ha soddisfatto e superato. Se ancora tanti di noi fanno i conti con la mancanza d’amore infantile, non è tanto semplice smettere di cercare quell’amore in ogni Altro che ci ruota attorno. E qui non intendo per forza una mancanza d’amore reale ma anche semplicemente quella percepita e/o distorta dalla nostra mente. Io mi sento contemporaneamente dipendente e indipendente. Mi sento dipendente perchè cerco di muovermi collezionando meno sensi di colpa possibili e, quindi, a volte, il mio comportamento è fortemente influenzato, appunto, dal senso di colpa, soprattutto con mia madre e la mia famiglia. Mi sento indipendente, invece, perchè, comunque, il mio senso di colpa non influisce sul mio pensiero. E’ come se mi sentissi condizionata nel “sentire” e libera nel “pensare”. Ossia, posso agire in modo dipendente ma so benissimo che lo sto facendo e perchè lo sto facendo. Forse, questa modalità potrebbe benissimo avere a che fare con l’essere schizoide, non so esattamente. bacioni. eleonora
Alice/StefaniaCredo che tutto ruoti intorno alla reale capacità di amare in modo incondizionato e reciproco. Credo che solo in questo modo si riesca a non sentirsi dipendenti. Ci si può arrivare, ma penso siano veramennte in pochi quelli che riescono ad amare in questo modo…forse non siamo pronti…forse abbiamo paura di non vivere con passione i nostri sentimenti…forse abbiamo bisogno di sentirci dipendenti da qualcuno o qualcosa anche solo per poterci sentire ancorarati e appartenenere a questo mondo…o forse proprio per poterci ribellare alla dipendenza stessa. Alice.
TeresaSi Alice, sono daccordo con te. Solo l’amore incondizionato ci rende liberi, ma non è facile. Io quando sento l’amore dentro di me sono veramente felice e mi sento felice nel donarlo, ma poi il senso di mancanza torna e ancora troppo spesso mi divora. Ed ecco che divento dipendente, ho bisogno di conferme continue che riempiono il mio vuoto. Retaggi infantili certo, ma mi rendo conto che questo atteggiamento è dannoso soprattutto per me. Oggi al contrario del passato riesco ad accorgermi quando divento dipendente, soprattutto dal partner. Anch’io sono una contro-dipendente ma questo non significa che io non lo sia, piuttosto che lotto con la mia tendenza alla dipendenza, ed è sfiancante, lo faccio da una vita, sempre a dimostrare che non ho bisogno di nessuno. Credo che il mio atteggiamento derivi dalla paura di non rispondere alle aspettative degli altri, come mi è stato chiesto da piccola e che la soluzione stia proprio nel riconoscere la bella verità, che non devo rispondere alle aspettative di nessuno, nemmeno alle mie. Quando sento questo mi sento libera e piena.
EleonoraSto leggendo il libro “Autoterapia gestaltica” di Muriel Schiffman. In questo testo, l’autrice, parlando dell’amore, cita un certo Putney (forse uno psicologo) il quale definisce l’amore come nevrosi, nel senso del concetto freudiano di nevrosi da transfert. Dal momento che Putney vede l’amore come nevrosi pura e semplice, ritiene che non ci siano basi per il matrimonio. Egli sostiene che le persone che godono la vita possono fare un buon matrimonio quasi con chiunque. L’autrice del libro, invece, pur essendo d’accordo con lui sul fatto che un buon matrimonio sia costituito da due persone che vivono una vita ricca e piena l’una accanto all’altra, dissente, tuttavia, su un punto. Ella, infatti, sostiene che “non tutte le tendenze non razionali sono autodisfattiste”. Anche in questo campo – ella afferma – va usato l’intelletto e l’intuizione (inconscio). “Se sapete che la persona di cui vi siete infatuate ha valori molto diversi dai vostri, ha un atteggiamento verso la vita incompatibile con il vostro, sareste stupidi a sposarla, usate la testa! D’altra parte è pericoloso pianificare un’associazione per la vita semplicemente perchè avete molte cose in comune. Senza quella certa scintilla, quel sentimento non razionale che chiamiamo amore, la vita in comune sarà insoddisfacente e frustrante.” Quindi, ragazze, a proposito del nostro discorso iniziale, secondo quanto afferma l’autrice di questo libro, io capisco che bisogna comunque usare la testa nel considerare la persona di cui siamo innamorati, potrebbe, infatti, non essere affatto la persona giusta per noi (non essere dipendenti); pur tuttavia, perchè si parli d’amore c’è bisogno, comunque, di stare in contatto e di far valere quella parte di noi non razionale, inconscia, che può farci innamorare di qualcuno solo perchè ci ricorda qualcun altro all’interno dei nostri rapporti primari, e/o perchè va a colmare un vuoto, e così via. In questo caso, il rapporto si fonderebbe sulla dipendenza. by by ele
TeresaInsomma come la giri e come la volti… se usiamo la testa manca la scintilla e il rapporto sarà insoddisfacente se diamo retta alla scintilla diventiamo dipendenti. Lo dico io che bisogna stare da soli e godersela… se solo riuscissi a farlo!!!! Baci
Marina PieriniIo francamente sono abbastanza perplessa circa questo discorso. Viviamo in un’epoca in cui smaltiamo gli scarti di periodi ideologici come il Positivismo, l’Illuminismo che hanno lasciato strascichi di convinzioni miscelate al consumismo, al fatuttodate, al disincanto, al relativismo per cui tutto si puo’ fare e creare e tutto si puo’ distruggere perche’ tutto e’ relativo. Siamo in pieno individualismo. Abbiamo creduto che la ragione potesse portarci li’ “dove nessuno era mai stato prima” e ci stiamo accorgendo di saperne meno di prima, di porci sempre le stesse domande che sembrano non avere una risposta. Non bisogna essere dipendenti? Ma scusate….chi ha detto che questa e’ la risposta, l’obbiettivo sano da raggiungere? Come sempre io mi ritrovo contro ogni tendenza a ragionare e parlare da sola…vorrei riflettere con voi …partendo dall’assunto che “crescere” “emanciparsi” “divenire adulti” significa saper badare a se stessi, riuscire a soddisfare il bisogno della fame, che ci rende dipendenti dal cibo, saper rispondere al bisogno di un tetto decoroso sulla testa per poter rispondere al bisogno di avere un rifugio, un nido, una cuccia o come vi pare …dopodiche’ dobbiamo fare i conti col nostro istinto di espansione che ci spinge a moltiplicarci, ad avere la necessita’ di essere amati e di esprimere amore perche’ anche di questo bisogno siamo fatti….non capisco allora se abbiamo tutti questi bisogni come e’ mai possibile parlare di “indipendenza” o “dipendenza” da chi o cosa. Credo allora che sarebbe opportuno chiarire che, nella vita dovremmo tutti saper badare a noi stessi, perche’ ci sono persone che lamentandosi del non poter fare o non saper fare vivono perennemente sulle spalle altrui e non intendono assumersi la responsabilita’ della sopravvivenza su questa terra. Detto questo, se e’ vero che oltre al cibo e al riparo, noi siamo fatti per relazionarci col mondo, per amare, per emozionarci davanti ad un tramonto….che significa che si cerca di essere indipendenti ma che poi non ci si riesce e ci si sente in colpa??? In colpa per cosa?? Perche’ si ama qualcuno al quale non si riesce a rinunciare? Perche’ non si riesce a vivere senza amore o senza dolore? Perche’ ogni tanto non ce la facciamo a non lamentarci e dobbiamo vergognarci perche’ non sappiamo cavarcela da soli??Io non capisco….dovremmo addirittura rinunciare a sposarci con qualcuno che e’ distante dalla nostra cultura o troppo diverso da noi? Saranno felici di saperlo tutti coloro che a dispetto dei colori e delle razze hanno felicemente calpestato il suolo di questa terra e hanno osato vivere e celebrare l’amore in quanto tale con coraggio, con audacia, con incoscienza da bambini e con fede. Qualche volta e’ andata bene, qualche volta e’ andata male. Il dolore va vissuto come dono indispensabile per arrivare alla comprensione. Non c’e’ la possibilita’ di capire noi stessi e gli altri senza attraversare la gamma di esperienze che la vita ci offre. Stefania dice che vorrebbe cancellare il male dal mondo…. 🙂 c’e’ un vecchio proverbio tibetano che dice “attento a cio’ che desideri, perche’ potresti ottenerlo”. Attenta a quello che desideri allora Stefania :-)…io penso che se Siddharta per divenire il Buddha ha dovuto perdersi nel male del mondo, se Cristo per offrirci la salvezza ha dovuto esperire il dolore del mondo…chi siamo noi per pensare che vivremmo meglio senza i nostri demoni? Io penso che dovremmo, piuttosto che preoccuparci della dipendenza, raggiungere uno stato di liberta’. Noi siamo nati per dipendere dal mondo che ci circonda, e’ un dato di fatto. E’ sano evitare una dipendenza che diventi “parassitaria”, e’ sano condividere, essere solidali, cercare di costruire, imparare a donare, saper rinunciare, camminare sulle proprie gambe…ma vivaddio l’amore ci serve, c’e’, e’ indispensabile alla sopravvivenza dell’uomo sulla terra, ed e’ lo strumento che Dio ci ha offerto per trovare la Fede…per chi ci crede e anche per chi non ci crede (senza contare che l’amore e’ pure bello!!!). Il nostro cervello non e’ fatto per trovare la fede negli altri e nemmeno in Dio. Lo dimostra il fatto che quando ci innamoriamo l’intelletto gestisce veramente nulla. Noi non “scegliamo”, l’amore prescinde la nostra volonta’. L’amore ci conduce agli altri, non l’intelletto. Allora che sia la fede a guidarci se amiamo qualcuno. La fede nell’amore, nella vita, nel nostro umano bisogno di amare ed essere amati, la Fede in Dio, in qualcosa che ci spinge ad affrontare questo mistero facendo un salto che ci porti “al di la’”…e che vada bene o male, avremo avuto il coraggio di vivere questo dono, imparare qualcosa, celebrare la vita stessa che e’ fatta di tutto e nel tutto c’e’ il nostro non essere soli, isolati, perduti nel vuoto. Essere liberi di essere creature vulnerabili e bisognose. Essere liberi di scegliere, di crescere, di sbagliare e contare sul perdono e la misericordia di chi ci dona l’amore. Essere liberi nella pienezza dei nostri limiti, sapendo che e’ impossibile essere perfetti. Occorre forse la consapevolezza per poterli esplorare questi limiti, e certamente l’intelletto ci aiuta in questo compito, una volta conosciuti i nostri limiti possono espanderci portandoci a migliorare per vivere piu’ serenamente nel mondo e col mondo, ma l’intelletto e’ solo uno strumento per liberarci delle catene…liberarci…liberta’….non indipendenza….l’indipendenza e’ una bugia che vi vendono in televisione, un’utopia irraggiungibile che vi fara’ sempre sentire sbagliati, perduti, inadatti, incapaci di staccarvi dalle cose del mondo, dalle persone e dal mondo stesso. Noi in questo mondo ci viviamo, e viviamo assieme a tutti gli altri. Siamo “connessi” tutti a tutto, non siamo “staccati”, isolati, irrilevanti all’esistenza umana. Non lo so, ma io penso che ci sia bisogno di un atto di umilta’, che non e’ “umiliazione”, ma umilta’….se io con umilta’ riconosco di essere imperfetta e di avere bisogno degli altri, forse riusciro’ a trovare dentro di me la forza di cavarmela da sola fin quando riesco, ma anche la serenita’ di chiedere aiuto a chi amo e a chi mi ama quando non ce la faccio. Con la purezza dei cuori semplici. Che senza andare troppo lontano, sanno gia’. Autonomi, adulti, responsabili, ma connessi….sempre connessi a tutto, con tutti i rischi e i pericoli ai quali il nostro ego tenta di sottrarci, alimentando le nostre menomazioni e le nostre misere deformita’ dell’anima. L’enneagramma ci fa vedere la nostra forma, la nostra anima reclama la liberta’. Ma chi ha detto che c’entra qualcosa l’indipendenza, non e’ forse essa la strada verso la solitudine?
TeresaMa mò Marina Pierini chi è, Sirenella? E’ curioso che a volte vi firmate con i vostri nomi e a volte con gli pseudonimi, che è, dipende da come vi sentite :)? Mizzica Marina, sei una pasionaria. Concordo con te in tutto, ma il tuo è un discorso che si rifà al generale. Abbiamo bisogno degli altri,certo, altrimenti non siamo nessuno. Io mi riconosco quando mi confronto e quando condivido. Ma credevo si stesse parlando di quel tipo di dipendenza che ci fa perdere di vista i nostri reali bisogni, di quando si vive in funzione degli altri. Molte persone si comportano così e credo, francamente, che siano molto più sole di quanto immaginano, perchè non hanno loro stesse.
Alice/StefaniaP.S: Ho dimenticato di dire che può essere vero che attraverso il dolore si può raggiungere la “salvezza”, ma… io detesto e trovo assurdo il martirio, almeno come ci è sempre stato insegnato fin da bambini. Trovo terribile la frase “più soffri, più hai meriti” ! Fa parte di una vecchia cultura cattolica, che non ha molto senso oggi, ma non perchè non abbia un valore la sofferenza che ti può portare alla salvezza, ma perchè viene interpretata come un’espiazione per i propri peccati. L’ha fatto Gesù Cristo morendo sulla croce per riscattare l’umanità dal peccato. Lo ha fatto proprio per farci comprendere quanto può essere grande l’Amore. E’ nella nostra cultura che ci rende più meritevoli se passiamo attraverso il dolore, come se fosse una colpa essere felici, o gioire della vita, pur conoscendone le miserie e le atrocità…ma non c’è solo questo…la vita è anche Amore. Alice.
Marina PieriniScusa Terry dipende anche da come entro sul forum, se entro con la pw mi da il mio nome e cognome. Ma cosa vuoi dire esattamente quando parli della dipendenza che ci fa perdere di vista i nostri reali bisogni? Se la premessa e’ crescere e non parassitare, il resto e’ fatto tutto di reali bisogni Teresa…compreso quello che abbiamo di amare, anche quando amiamo male, quando amiamo per tappare i buchi della vita, quando facciamo le cazzate, perche’…non e’ la verita’ imperfetta della nostra debolezza? Non e’ reale la nostra goffa imperfezione? Non e’ reale la nostra dipendenza col mondo? Ci sono coppie che erano dipendenti l’uno dall’altra, magari presi singolarmente non erano capaci di farsi un panino, eppure magari quelle persone sono invecchiate assieme e si sono amate a modo loro tutta la vita…io non parlo in generale ma proprio nello specifico. Cerchiamo l’autonomia che ci porti alla libera scelta…ma non inseguiamo il mito dell’indipendenza…ce lo vendono con le scarpe trendissime, i profumi machi, e il make-up da strafighe,assieme ai fustini in trexdue…per non farci notare quanto tutto questo ci isola. Internet e’ forse la dimostrazione piu’ reale e vera di quanto la gente si senta profondamente sola, perche’ la ragione e il discernimento non bastano…e la fiducia negli altri non te la puoi comperare col timbro Armani sul posteriore…non credi sia molto specifico e microscopico il nostro avere terrore per la dipendenza? Tu, quando hai bisogno di aiuto, lo chiedi? Quando qualcuno ti dice che ti vuole bene, gli credi? Quando con quel qualcuno ci litighi, dubiti del suo amore immediatamente? Quando vuoi bene a qualcuno e lo vorresti accanto a te, ti senti libera o in colpa perche’ vuoi qualcosa per te? 🙂
Marina PieriniAlice scusa ma credo ci sia un equivoco…il dolore porta alla comprensione di cio’ che si ha, di cio’ che si perde, di cio’ che manca e di cio’ che forse si desiderava ma che non aveva reale valore. Il dolore ci porta alla compassione, alla comprensione di noi stessi e degli altri. Il dolore ci porta anche alla vanita’ del dolore stesso, come esibizione che nasconde il nostro pretendere dagli altri. Ma quand’anche non ci portasse a nulla, fa semplicemente parte della vita. E’ un ingrediente come un altro. Il dolore NON salva. Nessuno salva nessuno Alice. Nessuno ha questo potere. Il dolore esiste, quindi di quale salvezza parli? Di quella dell’anima? Ah beh..allora sarai felice di sapere che se credi di avere un’anima e credi in Dio, egli ci ha gia’ salvati, ed e’ l’unico a poterlo fare. Se non ci credi, allora il dolore dovrebbe salvarci…da cosa??? Dalla vita??? Io non penso che il dolore sia necessario per espiare, il dolore non ha bisogno di una scusa per esistere, esiste come esperienza della vita perche’ e’ cosi’, come la gioia, la passione, l’odio, il rancore e tutto il resto…sta a noi decidere in che modo usare questa esperienza….questo e’ tutto. Siddharta non vive il dolore per espiare i suoi peccati e purifucarsi, egli era gia’ un puro finche’ accettava di vivere nel suo castello dorato…ma il dolore e la morte gli hanno aperto la via verso l’empatia, la comprensione, la compassione, la generosita’, il perdono….non l’espiazione 🙂
TeclaIo non so se ho interpretato bene il senso delle convinzioni di Stefania. Mi sembra di capire che lei voglia dire che se si ama in modo incondizionato, accettando l’altro per ciò che è, non nutrendo alcuna falsa aspettativa, alcun egoistico ritorno che alimenti il nostro ego o funga da rassicuratore per le nostre insicurezze allora e solo allora non ci sarà dipendenza. Se è questo quello che Stefania intende io credo fermamente che abbia ragione e credo che questo tipo di amore pregno di vero rispetto, capace di regalarsi senza legare l’altro al carro dei propri bisogni, senza dipendere e senza voler far dipendere l’altro da noi, insomma questo suo essere incondizionato, sia l’unica forma di vero amore possibile e di vera libertà. Naturalmente è solo il mio parere e non un assioma assoluto. Inoltre credo che per quanto sia difficile realizzarlo tuttavia sia possibile anche se necessita di una potenzialità spirituale e di una lucidità intellettuale ed emotiva notevole. Mi piacerebbe che Stefania mi chiarisse se è questo a cui si riferiva. In quanto alla visione del dolore come forma salvifica, io ritengo che non possiamo sottrarci e che bisogna saper accettare e fare frutto della sofferenza ma concordo con Stefania che non bisogna assumere il Dolore come fatto positivo in sè, il dolore in sè può forse salvare qualcuno, ma qualcun altro (la maggioranza) ne viene solo ingoiato, un’esperienza felice ed intensa può salvare mille volte di più un’anima mettendola in contatto con il senso pieno e gioioso della vita, potenziando la nostra naturale fiducia in noi stessi e la nostra luminosità. Il senso delle cose è raccolto nell’aspirazione alla felicità piena e non nel caricarsi della croce della sofferenza. Il che non vuol dire rifuggire da essa e vivere una vita futile e superficiale. Quando ci tocca la nostra fetta di infelicità la sopporteremo ma saremo anche tanto umili da non pensare che essa ci riscatti e nemmeno che ci renda migliori. Almeno non automaticamente.Attravcerso al sofferenza possiamo effettivamente crescere ed entrare in contatto profondo, ma possiamo anche distruggersi,dunque non è il dolore in sè a costituire motivo di salvezza ma solo la nostra capacità di farlo divenire una forma di consapevolezza. La stessa cosa può avvenire incontrando altri sentimenti e coinvolgimenti profondi.
Marina PieriniScusami Alice, ma non avevo letto la prima parte della tua risposta…non sono affatto risentita e ho la sensazione che tu abbia visto la mia risposta come una risposta data a te, rispetto a quanto hai scritto tu. Io non so nulla di te e nemmeno tu di me…ovviamente non e’ il caso di affermare che tipo di amore conosci tu, ma nemmeno che tipo di amore conosco io….di competizioni possiamo farne a meno 🙂 ….sorrido del tuo desiderio di pace nel mondo perche’ e’ semplicemente impossibile, e’ la negazione della natura umana in quanto tale…e mi fa appunto…solo sorridere…se tu lo hai interpretato come un voler ridere di te, mettendomi al di sopra di quanto dici, hai mal interpretato i miei riferimenti alle tue dichiarazioni, e mal intepretato il mio sorriso. Io parlo del mio modo di vedere le cose…se in qualche modo mi lego e mi sciolgo ai discorsi fatti da voi e’ per poter sviluppare un tema attraverso la “connessione” appunto, col vostro sentire…esprimendo in ogni caso il mio parere…come mai ti sei sentita cosi’ presa al microscopio se in fondo il tuo desiderio ingenuo mi ha fatta sorridere e non deridere la tua affermazione? Non capisco davvero….vorrei che tu rileggessi il mio post magari con piu’ serenita’ e calma, credendo che non so nulla di te e nemmeno mi interessa fare polemiche su quanto tu affermi o circa le cose in cui credi. Insomma a parte quella citazione, non c’eri nei miei discorsi, come mai ti sei cosi’ risentita?
TeclaMarina anche io avevo letto nel tono della tua risposta non solo la constatazione che il dolore fa parte della vita am quasi invece che esso sia una necessità, in questo senso sembrava che tu volessi dargi una forza salvifica. Hai fatto bene a chiarire il tuo punto di vista così mi ritrovo anch’io. Comunque sento che nel tuo post delle 21.11 c’è qualcosa che mi sfugge. Che non capisco. Forse un equivoco sul tema iniziale. Stasera sono tarda di comprendonio. Cosa pensi in realtà che sia giusto accettare il concetto di dover dipendere? Perchè in realtà dipendiamo sempre? E che questo fa parte del nostro uimano destino, e che il concetto di indipiendenza sia solo una trovata consumistica? Se volevi dire questo credo che hai frainteso ciò che intendeva Stefania. L’amore incondizionato di cui lei parla è un’amore assolutamente libero da dipendenza e questa grande libertà di essere se stessi e di potersi sperimentare senza perdere l’amore dell’altro e senza negartlo all’altro è un bene supremo, inestimabile che non può essere paragonato a nessuna seppur umana e comprensibile forma di dipendenza.
Marina PieriniTecla scusa allora ti chiedo, se la gioia ci puo’ davvero insegnare di piu’, come mai persone sane, ricche che hanno tutto non sanno cosa sia la gioia e si distruggono? Cosa ci da’ la percezione della gioia? Cosa ci serve, per capire cosa e’ “gioia” e cosa e’ “dolore”? E’ necessario esperire ogni emozione, nella speranza di comprendere il valore delle cose. L’amore di cui parlate non e’ di questa terra. E’ bello idealmente ed intellettualmente, ma a parte rari stati di grazia in cui davvero si puo’ amare cosi’, noi non possiamo negare a noi stessi il nostro bisogno di corresponsione. Non siamo santi, siamo uomini. L’amore incondizionato esiste come concetto filosofico, come ideale da raggiungere, o come dono che Dio ci ha fatto..liberandoci pero’ dal doverglielo restituire perche’ Egli e’ perfetto e puo’…noi no! Non e’ reale e inseguirlo, secondo me e’ assolutamente frustrante e inutile. Sembra quasi un’autoimmolarsi, un atto di vanita’ profonda….siamo umani, come possiamo amare incondizionatamente chiunque attorno a noi senza desiderare mai nulla in cambio? Perche’ credere di non avere bisogno di essere ricambiati e’ l’inganno piu’ sottile dell’ego, secondo me. Vanita’ di vanita’….e dai ragazze…ma veramente dite? Veramente siete state capaci di raggiungere con tutti questo stato di grazia assoluta??? veramente l’amore incondizionato vi libera??? E’ l’amore vero? Quindi tutti gli altri amano per finta?? Non dimentichiamo che noi da bravi 4 corriamo il rischio di idealizzare un concetto, renderlo perfetto immolandolo su un altare di “bellezza” e perdiamo haime’ il contatto con la realta’. Cristo ci ha detto, riguardo all’amore, che non c’e’ amore piu’ grande di un amico, che dona la vita per un amico. Sacrificare la propria vita per salvare quella di un amico e’ l’atto d’amore piu’ grande. Ma non penso che volesse farci vivere nella schiavitu’ dell’amore incondizionato…perche’ sapeva bene che noi dell’amore abbiamo bisogno anche di rimando, ci da’ gioia dare ma anche ricevere….ci nutre e ci permette di nutrire….insomma io preferisco pensare che quando amo qualcuno cerco di non perdere di vista il suo bene, ma se quella persona mi fa del male scelgo di allontanarmene perche’ trovo insano amare gli altri dimenticando di dover amare anche me stessa. Incondizionato no. Amore che nutre, crea e libera, si. Spero di aver chiarito meglio quanto volevo dire….e’ un argomento spigoloso a quanto pare e mi scuso se la mia passione mi porta ad essere poco esaustiva…
-
AutoreArticoli