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Questo argomento contiene 130 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Marina Mele 13 anni, 1 mese fa.
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Alice/StefaniaAnch’io sogno spesso di cadere! Di trovarmi nel vuoto.
Come stai Eleonora? E il tuo gattino Musetto?
Un abbraccio Alice.
Eleonorache piacere risentirti Alice! Musetto si è ripreso completamente anche se ogni tanto dovrò fargli qualche controllo ai valori epatici. Grazie. ti abbraccio. ele
Alice/StefaniaGrazie Ele. Si, ogni tanto mi faccio risentire! Non è che non voglia esserci, il problema è che, in questo periodo, ho poco tempo e quindi non riesco a stare al pc. A volte riesco a leggere i vostri post, ma non ho il tempo di rispondere. Spero di riuscire a ritornare presto! Un abbraccio. Alice
Antonio BarbatoCara Ele, abbiamo così a lungo discusso sul ruolo di tuo padre nella tua vita che, posso affermare, mi ha aiutato non poco a vedere come l’altro genitore fosse poco più di un’immagine mentale, che si doveva conservare per non sentirsi del tutto soli. Il sognatore, infatti, mi ripeteva sempre che, nonostante lui fosse seduto al sole, sentiva sempre freddo. Una volta, durante un bel lavoro insieme, mi disse con chiarezza: “come un sole che ti consente di vedere bene le cose, ma non ti da l’energia per vivere”. Che ne dite amici Cinque??
Maura Amelia BonannoMi è capitato innumerevoli volte di provare una sensazione analoga a quella di vivere “un sole che ti consente di vedere bene le cose, ma non ti da l’energia per vivere”, ma in un altro contesto. A me succede con il mare. Tante, tante volte, da quando ho capacità di concettualizare (non so se questo termine esiste), mi sono ritrovata davanti al mare, a riconoscerne la grandezza e la potenza, a riconoscerne la divinità e a ritenermi non in grado di goderne, provare senso di colpa per non essere all’altezza di goderne la bellezza. E’ una sensazione molto famigliare che estendo alla vita stessa fino alla disperazione dell’essere incapace di vivere, di godere della vita, del mare, del sole. Sentirne il calore, con il dolore del riconoscere che non entra…”perdonami sole, perdonami mare”…meglio non sentire nulla che questo disagio…come se fosse possibile non sentire nulla…meglio sentire qualcosa d’altro che l’assenza, la mancanza, il bisogno, la solitudine. Meglio non pensare al “il genitore altro rispetto al pitone” che non c’è . Io non pensavo mai a mio padre, non ci ho pensato per tantissimo tempo, una rimozione totale dalla coscienza, appena mi sono resa conto che la mia famiglia “era diversa”, e ho cominciato a fare domande, e ho cominciato a non avere risposte, ho semplicemente e automaticamente cancellato. Non so se è tipicamente Cinque, funziono esattamente come un computer, 1 e 0, e quando schiaccio “canc”, è canc. Ho scoperto dopo, in terapia, quanto nel mio inconscio io aspettassi che venisse a salvarmi, l’ho idealizzato tantissimo, un martire del serpente come me, un complice fantasma: “fatemi quello che volete, io ho lui e voi non lo sapete”. Ho incontrato mio padre a vent’anni, mi ha chiamata a casa un pomeriggio, era malato, senza tetto, e aveva bisogno di soldi. Ho incontrato il complice del pitone. Ho scoperto nei due anni che gli sono stata affianco in ospedale orario continuato con i miei libri universitari, quanto fosse diverso dall’immagine che avevo di lui, e che non sapevo di avere, e quando io gli assomigliassi…mio padre era un Sette e mia madre (il genitore pitone) è un Tre. Il rapporto con il pitone mi ha fatto reagire con l’anoressia e quello con l’altro, il padre, mi ha fatto reagire con la bulimia. E’ una storia lunga e piena di colpi di scena e intrecci, non voglio scrivere qui il romanzo della mia vita. Riallacciandomi a ciò che racconta Eleonora, ho sognato spesso di cadere da burroni o in buchi profondi dai 7 ai 12 anni circa, c’era sempre qualcuno che mi ci spingeva, me li ricordo ancora oggi nei dettagli. Però adoro prendere l’aereo. Mau
EleonoraDopo aver letto il post di Maura mi sono ricordata di un’altra cosa e, siccome su questo non mi sono mai confrontata con nessuno (solo col mio terapeuta) vorrei sapere se è successo anche a voi. Durante l’adolescenza, appena chiudevo gli occhi (non era necessario che dormissi) iniziavo a sprofondare in un abisso buio e senza fondo. Cadevo cadevo e non arrivavo mai in fondo. A volte riaprivo gli occhi, altre volte andavo nel sonno. Questo fenomeno è durato parecchi anni tanto che non ne ho mai parlato con nessuno perchè, per molto tempo, ho pensato fosse un fatto naturale che capitava a tutti. Solo da poco, ricordandomene, mi sono chiesta se è davvero così. Mi date una mano? grazie. ele
ElisabettaNon mi è stato possibile, causa stanchezza, intervenire sul discorso del “genitore non pitone” ma ci tenevo a farlo. La mia storia è diversa da quella di Ele e Maura, perchè entrambi i miei genitori, nei primi anni di vita sono stati assenti o se presenti occupati in altre cose. Mia madre ha delegato molti compiti ad un’altra donna che si occupava principalmente di cosa e come dovessi crescere. Benchè fossi piccola è non avessi lucida percezione di ciò che accadeva intorno a me, ho sentito l’inesorabile assenza di mia madre, ho percepito con dolore il fatto di non essere stata protetta e difesa da questa donna che senza amore ne grazia mi comandava a bacchetta. Ho chiesto, a volte, l’intervento di mia madre ma non ricordo sia mai arrivato, non per cattiveria, forse per superficialità o distrazione. Purtroppo mia madre è morta ed io avevo solo sette anni e non mi è stato possibile stabilire con lei un rapporto che in realtà non c’era mai stato. Ho accettato la sua morte così, e dopo aver trattenuto tanto il dolore l’ho cancellata per molti anni. Anche mio padre, spesso assente, non è stato in grado quando presente di farmi sentire protetta o rassicurata. Parlo di questa mancanza di protezione come esperienza che ha segnato la mia vita, perchè sentirsi soli in un mondo di persone adulte spesso superficiali e a volte crudeli è devastante. Non che abbia subito violenze fisiche ma psicologiche reali o presunte si, ed il fatto di non essere stata in grado di difendermi mi ha portato ad isolarmi di fronte a comportamenti che non sapevo gestire, ed isolarsi significa annullare gli altri, le loro parole, le loro superficialità, le loro cattiverie. Quando penso ai miei genitori, riesco lucidamente a dargli colpe ma forse sono sempre troppo
lucida, non posso fare a meno di vedere obbiettivamente tutte le situazioni contingenti che hanno determinato certi comportamenti, e spesso mi accorgo di razionalizzare la realtà restando al di fuori di essa, senza riuscire a sentire vera rabbia per ciò che ho subito.
ElisabettaMi ha colpito anche l’associazione tra sole-calore-energia vitale e freddo-mancanza di energia. Io sono sempre in lotta con il freddo. In inverno a volte sono scossa da brividi, da novembre a marzo indosso maglioni con colli alti, metto coperte sopra il piumone. Sembrerà ridicola questa cosa ma sento adesso che questo freddo viene da dentro, che denuncia una mancanza di calore di accoglienza di amore, la mancanza di una presenza che non ha contenuto con un abbraccio forte e sicuro il naturale bisogno di calore umano.
Maura AnkaaDiverse le nostre storie Elisabetta, ma non così tanto. Non ho precisato che sono cresciuta con i nonni, vedevo mia madre una volta lla settimana, non spevo mai quando arrivava e quando no, assenza, incertezza, confusione, mancanza di confini. Anche nell’assenza e nel suo essere occupata in altre cose (è un vanto per lei ricordare che passava ad allattarmi e mentre prendevo il latte lavorava), mia madre era pitone. Ho vissuto con lei solo dagli 11 ai 13 anni, per poi decidere di tornare dai nonni, che credevo “sicuri” nella loro durezza, pesantezza e omertà (nonna 1 e nonno 9), e che ho scoperto dopo essere complici del pitone. In effetti la famiglia materna è stata tutta pitonesca. Mau
ElisabettaCara Maura mi ha fatto piacere sentire la tua presenza, finalmente riscopro il piacere della comunicazione, del contatto, di sentire la condivisione di esperienze come positiva e con un senso di grande sollievo mi accorgo che ne percepisco grande beneficio e che inizio a sentire dentro il calore della vostre presenza. Un abbraccio forte a te Eleonora e tutti voi.
Maura Amelia BonannoElisabetta, mi era sfuggito il tuo post sul freddo…sensazione chiave della mia vita. Desidero fare una condivisione a proposito. Nei miei ricordi ho cominciato a soffrire il freddo appena prima dell’adolescenza e da allora non mi ha mai abbandonata, tranne che per brevi periodi. Condivido con te che viene da dentro, questo è chiaro per me. Ricordo di avere passato anni, attorno ai venti, quando ho incontrato mio padre, con la pancia fredda, stupivo tutto col gelo del mio ventre. Poi con gli anni, lavoro su di me di vario genere e la situazione piano piano è cambiata, ma mai totalmente. Anni dopo abitavo in Arabia e uscivo col maglione. Poi sono arrivata a trasferirmi in India per essere sicura di evitare l’inverno, cercavo fuori il caldo che non sento dentro. I due punti del corpo che sento sempre di dover “proteggere” sono il collo e la pancia. Quando mi ammalo, non mi viene la febbre, ma mi si abbassa la temperatura, sono arrivata anche a 34 gradi. Ma quest’anno è successa una cosa interessante. Alcuni di voi sanno che sto frequentando la Ridhwan School, nell’ultimo ritiro che abbiamo fatto a Gennaio, abbiamo lavorato sul Latifa Rosso. Il Latifa rosso, fra le numerose altre cose, è pulsazione vitale. Non so se sono state le meditazioni tumo quotidiane, le pratiche che continuo seguire, il lavoro di tutti questi anni che è giunto ad una maturazione, congiunture astrali o altro, ma durante il ritiro ho cominciato ad avere un fortissimo bisogno di uscire fuori nella neve in maniche di camicia, mi sono quasi spogliata una notte nel parcheggio talmente avevo bisogno di raffreddarmi. Non mi era mai successo prima, in nessun lavoro corporeo fatto né meditazioni varie , nel mio immaginario l’inferno era ghiacciato, neanche a pensarci di stare nella neve! E’ chiaramente successo qualcosa, e sembra che non sia un’esperienza isolata, come speso accade, di contatto con la pulsazione vitale, col magma caldo che bolle, perché questo è il primo inverno (perlomeno da Gennaio) che non soffro da cani e che non pago 3000 euro di riscaldamento. Sento sempre di voler proteggere collo e pancia, ma qualcosa è diverso. Comunque il mio sogno rimane vivere sotto le palme con le infradito!
EleonoraCare compagne di viaggio, a questo punto sento di voler ancora condividere qualcosa oltre al fatto che i vostri post mi hanno suscitato una certa riflessione. Per me non è stato facile confrontarmi con persone del tipo 5 e men che meno con donne appartenenti a questo tipo perchè, in genere, nei vari incontri avuti sull’enneagramma, sono stata sempre l’unica donna 5 presente. L’unica eccezione è rappresentata dalla comunicazione epistolar-elettronica che da qualche anno ho con Elisabetta. La prima cosa che volevo dire riguarda l’aver sofferto anch’io sempre molto il freddo. In inverno, per sentire davvero il calore e riscaldarmi, ho bisogno di vedere proprio fisicamente la fiamma. In casa mia sono stata sempre quella che quasi si butta nella stufa oppure che sta incollata col corpo al termosifone. Anche fisicamente, in inverno, il corpo quasi si accartoccia su se stesso nel tentativo di sentire meno freddo. Solamente da qualche anno la situazione è un po’ migliorata. Ho sempre pensato che l’essere nata in gennaio abbia dato l’imprinting in questo senso, ma evidentemente, il gelo che il mio corpo ha trovato al suo arrivo su questa terra è di ben
altro tipo. A parte il freddo, i vostri post, come dicevo prima mi hanno fatto riflettere su una cosa. Le esperienze che raccontate sembrano mettere in evidenza soprattutto il senso di abbandono e l’essere lasciate lì da sole in pasto agli “avvoltoi”, senza alcuna difesa o protezione. E questo sentire è molto forte anche in me. Da mia madre, oltre a non sentirmi mai rispettata non mi sono mai sentita neanche davvero voluta. E infatti, per anni lei ha continuato a ripetere che era stato mio padre a volerci. Questo rifiuto credo di averlo sentito già nella sua pancia. Dopo la morte di mio padre ho sentito che anche la mia vita finiva lì. Da quel momento in poi non ci sarebbe stata neppure più la piccola illusione che qualcuno poteva difendermi dalla violenza di mia madre e dal suo non-amore. Per anni mi sono chiesta perchè mai mi aveva messa al mondo. Dopo la morte di mio padre noi figli siamo cresciuti praticamente da soli. Mia madre ha iniziato a lavorare e noi allo sbando totale. Gli anni dell’adolescenza sono stati molto conflittuali fino a quando non accadde una cosa che mi imbavagliò quasi totalmente. Mia madre si trovò sul punto di morire e da quel giorno (avevo 16 anni) decisi che non avrei più combattuto contro di lei. Ancora una volta la vita mi metteva di fronte alla morte e ne sentii fortemente il ricatto. In quei giorni in cui mia madre stette male soffrii terribilmente e fui assalita da miliardi di sensi di colpa. Fu allora che decisi di zittire per sempre: i sensi di colpa facevano molto male. Da allora passarono molti anni prima che io esplodessi ancora contro mia madre. Dopo aver imparato a mangiare la mia rabbia, mi sono ritrovata in quello che affermi tu, Elisabetta, mi sono ritrovata a non sentire più rabbia. Ce l’avevo solo con la vita. Nessuno aveva colpe. Ho sempre razionalizzato troppo e la mia capacità di comprensione non mi ha certamente aiutata. Infatti, la mia equazione è sempre stata: comprensione delle cose=impossibilità di arrabbiarsi. Oggi che mia madre è abbastanza avanti negli anni non ha perso di una virgola la sua arroganza e la sua “violenza” è solo più trattenuta. Ma qui inizia un’altra storia. Ancora una volta la capacità di ascoltare e comprendere mi fanno provare compassione, il più delle volte, per questa donna che, a sua volta, è vissuta come me: senza amore e senza qualcuno che la difendesse e la proteggesse. Come poteva mai darmi l’amore se nemmeno lei l’aveva ricevuto? In fondo, sono stata più fortunata di lei. Un giorno lei morirà con la stessa consapevolezza o quasi, che aveva da giovane. Non è molto cresciuta. Io, forse ho capito qualcosa in più e ancora una volta tocca a me comprendere. Non so se questa maggiore consapevolezza mi servirà davvero a qualcosa, ma non posso fare altrimenti. Perdonate la lungaggine. eleonora
Maura Amelia BonannoEleonora, in ciò che hai scritto c’è una frase che mi ha penetrata forte:”comprensione delle cose = impossibilità di arrabbiarsi”. Mi hai dato uno spunto per rivedere meglio il mio cercare di comprendere sempre il comportamento degli altri, per poi, ma accettarlo senza arrabbiarmi come forse sarebbe sano. I problema che capisco molto, quindi l’altro se la cava sempre. E, inoltre, comprendo ma non giustifico, quindi la rabbia rimane dentro. La prima con cui ho fatto questo è stata mia madre, per non perdere il suo amore. Ancora lo faccio con chi amo. E’ un meccanismo molto sottile che il tuo intervento mi riporta alla coscienza. Mau
ElisabettaForse sono troppo lenta nello scrivere e quando ho inviato il messaggio è caduta la linea. Mi dispiace per ora ma riprovo più tardi.
Mauralo accetti un consiglio? Prova a scrivere su un documento e poi a incollarlo qui, così almeno non lo perdi. Mau
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