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Questo argomento contiene 130 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Marina Mele 13 anni, 1 mese fa.
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ElisabettaInutile dirvi quanto le vostre testimonianze mi abbiano colpito. Leggendo ho provato commozione ed un senso di smarrimento nel sentirvi così vicine. Non accade di frequente, ma quando certe affinità sono evidenti emozioni e sentimenti affiorano turbando piacevolmente i sensi e la gioia, anche se fugace e compressa, riempie il cuore. Mi è difficile lasciarmi trasportare a lungo da questa allegria che ho sentito riconoscendomi nelle vostre parole, sembra che non mi sia concesso; tutto il corpo si mette in moto, i muscoli si irrigidiscono ed il ventre si contrae con lo sforzo di annullare il perdurare di uno stato di dolce euforia. Quali colpe avrò mai commesso, mi chiedo? Quello che hai detto Eleonora sul fatto di non esserti sentita desiderata è stato il mio tormento interiore, ho sempre avuto la sensazione di essere un pesce fuor d’acqua, qualcosa che è lì anche se non avrebbe dovuto esserci e per non essere di peso a nessuno ho imparato da bambina a non fare richieste o lamenti, a vivere di me stessa e ad esserne fiera. C’è poco da esserne fieri in realtà, visto che ho sempre la sensazione di non aver diritto a niente e non capisco di conseguenza perchè tante persone si affannano tanto per ottenere diritti e privilegi per me inesistenti. Non stò facendo la vittima di una situazione famigliare ormai superata ma vorrei ora solo esprimere la difficoltà che ho di prendere e godere di ciò che la vita offre. Anche quello che hai detto tu Maura su quell’infinita comprensione mi appartiene molto, ma cosa si nasconde dietro? Gli impulsi ed i meccanismi che mettiamo in atto sono tutti legati da uno stesso filo conduttore, si intrecciano in una tela ed ognuno fa da sostegno e si appoggia all’altro per sostenersi. La comprensione secondo me è un’alibi che nasconde, dietro una presunta superiorità, l’incapacità di buttarsi nella vita e la paura di vivere fino in fondo i tumulti dell’anima. Sono stata felice immaginandoti sulla neve con un gran desiderio di sentire il freddo sulla pelle, deve essere stata una sensazione indimenticabile. Mi scuso per aver occupato un’area destinata ai sogni senza averne parlato, forse censuro e reprimo anche quelli.
Grazie Maura per il consiglio.
Maura Amelia BonannoTi sei scusata per avere scritto, ma non di sogni…quanto mi ci vedo anche io…chiedere scusa per occupare uno spazio…avevo un amico in adolescenza che mi prendeva in giro dicendomi:”e già che che ci sei perché non chiedi scusa del fatto che oggi piove?”. Nei momenti peggiori ho sentito dentro di volermi scusare per esistere. Mi hai toccata molto Elisabetta nella tua descrizione, anche mia, del sentire di non avere diritto a nulla. E’ una roba forte. E anche quella del vedere le persone inseguire privilegi inesistenti…Grazie ad entrambe, Eleonora ed Elisabetta! Mau
Antonio BarbatoMie care amiche (e debbo necessariamente rivolgermi a tutte e tre perché ognuna di voi ha aggiunto qualcosa di inestimabilmente bello sul piano “emozionale”, si, proprio sul piano emozionale), il Cinque è stato a lungo il mio più grande cruccio nel lungo lavoro che mi ha condotto a capire la Ferita Originaria dei tipi. Perché, mi chiedevo, tanto senso di colpa e tanto freddo interiore (ho sempre associato il Cinque ad una statua di ghiaccio che teme le emozioni per paura di sciogliersi), in un carattere in cui la comprensione va di pari passo con l’incapacità di esprimere la rabbia? Perché non c’è un deciso scagliarsi contro il genitore/ i genitori colpevoli di aver tanto “limitato” nell’espressione (Tenete ben presente questo punto! Nel Cinque più che la non soddisfazione del bisogno è la repressione dell’espressione a produrre i danni maggiori) il bambino? Perchè una ritrazione tanto intensa è vissuta come una colpa e non come una semplice difesa? Una parte della risposta sta, ovviamente, nell’impossibilità di arrabbiarsi verso il “pitone”, ma il vero problema è: perchè ci si rifiuta in tutti i modi di assomigliare al pitone? Questo è il mio assist e vorrei tanto continuare a discuterlo con voi.
ElisabettaQuello che scrivi mi colpisce, in poche frasi ho percepito tanta verità, una corazza esterna che rachiude tanta paura e vulnerabilità, tanto da non avere più percezione di quanto dura sia questa corazza e di quanto invece ci si senta indifesi dentro. Non si può assomigliare al pitone perchè non si hanno armi per combattere, non è un rifiuto ma una fuga, si può sfuggire, allontanarsi, nascondersi perchè uno scontro diretto non si può sostenere senza la consapevolezza di cadere per primi. Se diventassi un pitone forse eploderebbe la rabbia, e sarebbe così violenta, forse troppo violenta che ne resterei spaventata io stessa. Per questo non si può, e la rabbia è stata così forte che ne siamo stati mortificati, qui è nato un grande senso di colpa per questi sentimenti taciuti, ma così forti presenti e spaventosi tanto da essere stati costretti a cancellarli.
ElisabettaNon ho risposto all’ultima domanda di Antonio, mi ha lasciato perplessa e non riuscivo a capire perchè non si può in alcun modo assomigliare alla persona che ha limitato l’espressione e la libertà di azione. Dopo aver riflettuto io credo di evitare in tutti i modi di essere invadente, insistente o di occupare uno spazio che non mi appartiene perchè sento come vitale la necessità di porre distanze tra me e gli altri (con esclusione della mia famiglia), e di mettere confini entro i quali potermi muovere liberamente. La paura inconscia sempre presente è che invadendo l’altro ci si trovi in condizione di essere costretti a subire di rimando atteggiamenti simili, dai quali ci si deve invece difendere in anticipo. Rispettare la libertà dell’altro garantisce il rispetto della pripria libertà: è un tacito accordo, non espresso verbalmente, ma di grande intensità: da quando ho conosciuto l’enneagramma ho percepito questo atteggiamento in me e mi sono resa conto che le persone sentono questa mia paura. Nello stesso tempo ho sentito presente in me uno dei tanti conflitti che inizio a vedere e cioè un grande disiderio di rapporti e di contatto contrapposto alla paura irrazionale che mi blocca ogni qualvolta si presenta l’occasione di conoscere persone nuove. Quello che sento come un limite stà anche nell’incapacità di sostenere dei rapporti che percepisco come debilitanti. Queste sono strutture mentali che avverto in me e che mi sono state chiare e facilmente comprensibili quando ho trovato le giuste chiavi di lettura che l’enneagramma mi ha fornito. Non voglio con questo dire che sicuramente sono un tipo cinque perchè quando si approfondisce la conoscenza, a volte, si ha l’impressione di allontanarsi da ogni certezza. Mi farebbe piacere, quando vi è possibile, sapere da chi vorrà partecipare, la vostra opinione riguardo al quesito di Antonio.
EleonoraIl quesito posto da Antonio è molto interessante e sicuramente dirò anche la mia ma dovrò aspettare qualche giorno perchè ora sono occupatissima con la campagna LAV contro i canili lager. Antonio, vedi, sono diventata più attiva. Sta nascendo una delegazione LAV anche nella provincia di Salerno e a Battipaglia grazie all’iniziativa di un 5! Urra!!! baci. eleonora
ElisabettaSono contentissima che tu sia riuscita a coronare il tuo sogno di aprire un punto LAV a Battipaglia Ele, questa è proprio una bella notizia ! Un bacio grande Eli.
EleonoraRiprendo il tema lasciato qualche post fa, tentando di rispondere alla domanda di Antonio: “perchè ci si rifiuta in tutti i modi di assomigliare al pitone?”. Come posso io assomigliare a qualcosa che mi ha profondamente terrorizzata? O, almeno, nella mia percezione è così. Da bambina avevo terrore dello sguardo di mia madre, dei suoi isterismi, della sua irrazionalità, della sua violenza provocata dall’aver nervi molto fragili. C’è un tratto di lei che continua ad avere forte ancora oggi ed è quello che mentre scherza e si diverte con te, all’improvviso, diventa ostile e si arrabbia per niente. Quando ero bambina, faceva lo stesso, mentre giocava e rideva con noi, all’improvviso mutava espressione e diceva puntualmente: “Il gioco è bello quando dura poco”. Ricordo un momento nel quale ci fu in tutti i familiari grande apprensione per lei. Secondo me si trovò realmente sul punto di impazzire. Infatti, il medico di famiglia consigliò mio padre di non fare altri figli altrimenti mia madre poteva rischiare la morte o il manicomio. Ma voglio raccontare un episodio il cui ricordo mi ha accompagnata per tutta la vita. Da bambina, nella via in cui abitavo, ci viveva anche un uomo di nome Natale che a me incuteva tantissima paura. Quando mi trovavo a passare davanti casa sua, e lo vedevo, correvo veloce col fiato in gola fin quando non mi trovavo a distanza di sicurezza. Lui sembrava divertirsi di questa mia paura e non mi risparmiava mai qualche performance terrifica, ogni volta che ne aveva l’occasione. Ebbene, in tutti questi anni ho sempre ricordato l’angoscia e il terrore da me provato un giorno che, tornando a casa, aprii la porta della cucina e lui stava lì, nascosto dietro la porta che cercava di prendermi e divertendosi alla grande davanti alle mie urla disperate. Mia madre, invece di calmarmi, rideva anche lei della mia paura, non pensando minimamente di aiutarmi. I loro ghigni e le mie urla disperate mi si sono impresse nella mente e in ogni fibra del mio corpo, ed ancora oggi sono più vive che mai. (Devo dire che solo da pochi anni ho compreso che avevo ragione ad aver paura di quella persona perchè, anche se non la vedo più da tanti anni, ho però, saputo delle cose che confermano la mia sensazione infantile. ) Quello che però, oggi mi turba è che, da pochissimo tempo, riflettendo sul fatto che mia madre non ha mai ricordato questo episodio (lei racconta sempre continuamente le stesse cose di tanti anni fa), mi sono detta che, forse, quest’episodio esiste solo nella mia fantasia. Ma è possibile, se ancora oggi è così vivo? Qualche giorno fa ho raccontato a mia madre, per la prima volta, questo episodio e le ho chiesto se lo ricordava. Mi ha risposto che non è mai successo. Una parte di me è disposta a crederle, forse l’ho davvero sognato, ma un’altra parte di me non ci crede affatto. Io, quella paura ancora la sento! Che ne dite? E’ capitato anche a voi qualcosa del genere? baci. eleonora
Marina MeleNon voglio semplificare e sai, Eleonora che non è nelle mi abitudini, semmai rassicurare…a me è capitato moltissime volte di ricordare cose che, a detta dei miei genitori non sono mai accadute e ascoltare cose da loro secondo me mai accadute ma prorpio inventate di sana pianta…anche dolorose che, nella mi adolescenza e anche dopo, dal mio punto di vista mi hanno proprio un pò segnato e per me traumi profonid per loro non sono mai esistiti……non sposto l’attenzione su di me ma solo dirti che tali eventi hanno causato ribellioni e rivoluzioni interne e esterne grandi nella mia vita con tutto quello che si portano dietro….io sono upò amnesica ma non sulle cose importanti perchè in quell sono concentratissima….allora che dire? Dico che nonostante la convivenza e l’amore che innegabilmente ci lega e legato a queste persone nella vita ognuno ha vissuto il proprio film e l’ha visto come è stato capace……è qui che ho imparato…..molto tardi, il perdono ma ho anche capito che non devo rinunciare al costante e continuo confronto con me stessa e con gli altri e cercare di aprire il cuore, i sensi e la mente il più possibile….Bello dirlo ma poi farlo e capire di riuscirci….una bella sfida però!
EleonoraGrazie, Melinda. baci
SirenellaIo sono un po’ perplessa dal messaggio scritto da Eleonora, per quello che io posso ricordare non mi e’ mai capitato di confondere la realta’ con la fantasia….eppure io ero sempre con la testa tra le nuvole. Non ho mai sbagliato nell’attribuire un evento alla realta’ piuttosto che al sogno o ad altro. Mi sembra strano e un po’ bislacco che sia accaduta una cosa del genere. Io penso semplicemente che i nostri ricordi appartengano a noi, che ne viviamo il senso, l’intensita’ nel bene e nel male in base alla nostra sensibilita’ al nostro modo di percepire e cosi’ via. In questo quindi sono d’accordo con Mel …se i nostri genitori non li ricordano non e’ perche’ non sono mai accadute certe cose (non lo escludo ma mi sembra improbabile) piuttosto penso che non siano mai accadute…per loro. Magari si tratta di eventi che a loro sono sembrati normali, quotidiani, non speciali tanto da doverli archiviare in memoria….pero’ da qui a confondere un “non mi ricordo” con un “non e’ mai accaduto” ….non so, io ci andrei cauta, non vi sembra? Forse cio’ che conta e’ che quelle cose siano accadute per noi, e quindi se le ricordiamo dovremmo chiederci perche’, che cosa ci tiene legati a quei ricordi e se per caso ce ne dobbiamo liberare per qualche motivo. Siamo abbastanza grandicelle, penso, per poter decidere da sole cosa e’ reale nella nostra vita e cosa non lo e’….con tutto il rispetto per i nostri genitori ovviamente….che ne dici Ele?
EleonoraConcordo con te, cara Sirenella, eppure, al momento, qualche dubbio ce l’ho. Anche perchè, in passato è accaduta una cosa analoga. Infatti, per molti anni sono stata convinta di essere stata, da bambina, azzannata da un cane alla mano. Ma anche di questo episodio, mia madre mi diede la stessa risposta: non era mai successo; anzi, qualche giorno fa mi ha detto che fu lei ad essere azzannata da un cane. Che dirti? Boh! E’ vero, come dici tu che, evidentemente è anche vero che ciascuno di noi vive la stessa cosa con intensità e sensibilità differente. Sarà successo questo, ma proprio il fatto che mia madre, all’epoca, non abbia compreso il mio enorme spavento e ne abbia riso insieme all'”uomo cattivo”, mi ha ferita. Se invece, è stato un incubo onirico, che dire?! Beh! il fatto che il mio inconscio abbia messo mia madre accanto all’uomo cattivo, a ridere di me, la dice lunga….. 🙂 (cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia…:) baci. eleonora
ElisabettaAnche io tempo fa, nel forum, parlai di violenze reali o presunte. Questa frase mi è tornata alla mente dopo aver letto ciò che tu hai scritto Eleonora. Non a caso mi sono espressa così, io credo che la paura causata dalla mancanza di sicurezza o di protezione ci faccia temere o sentire pericoli, a volte, inesistenti. Quando non percepisci intorno amore e protezione, quando sai che nessuno arriverà mai a difenderti,
la paura che qualcuno possa farti del male amplifica la sensibilità verso ciò che ci spaventa, ed ogni comportamento ambiguo viene vissuto con intensità eccessiva. Sicuramente le tue percezioni verso quell’uomo erano giuste, la tua sensibilità ha riconosciuto la sua “cattiveria”, ma le intenzioni forse non erano così come tu le hai vissute. La paura che io ho sentito da bambina era legata a questa profonda vulnerabilità che sentivo dentro ed al vuoto che avvertivo intorno a me. Ero consapevole della mia solitudine e questo mi rendeva indifesa ed inerme verso chiunque avesse voluto farmi del male. Quando sono nate le mie figlie ho sentito verso di loro un fortissimo senso di protezione, ero convinta che avrei dovuto difenderle dagli altri, dal mondo, dalla sofferenza e da tutto ciò che aveva creato in me tanto disagio. Per anni durante la loro infanzia ho indagato mentalmente sulle buone intenzioni e sulla sincerità di insegnanti, maestre ed amiche. Ripensandoci credo che questo mi sia costato grande fatica e controllo mentale, ma era più forte di me, non potevo rischiare che loro provassero lo stesso senso di insicurezza e di sfiducia che aveva accompagnato la mia infanzia.
Antonio BarbatoCara Elisabetta, la protezione è un’ottima cosa ma va bilanciata anche con l’autorizzazione, la comprensione che un rischio (limitato, ovviamente) va affrontato e vinto se si vuole dare fiducia. Il tuo messaggio mi ha interessato moltissimo, perché quello che hai rappresentato è, secondo me, l’Illusione tipica con la quale un Cinque cerca di prevenire il pericolo che sente nel mondo, e questo può esserci di aiuto nel chiarire alcuni punti sui quali avevamo (mi sembra) qualche difficoltà. Un salutone affettuoso, Antonio.
Marina MeleEro bambina. la casa non molto grande. seduta, da sola, in sala. Mia madre in cucina, la cucina alla destra, in successione, all’appartamento. E’ sera, ma non tardi. Si aspetta mio padre dal lavoro. Ho meno di sei anni. La sensazione è di un’ombra scura che arriva dall’ingresso che, da dove sono seduta, non si vede. L’ombra è pressante, è buia, nera, malvagia, si trasforma o ho paura si trasformi, si alza, è un animale a metà tra lupo e diavolo come è nell’immaginario, è nero , funoso, avanza, ha un alone funoso e viene verso di me….terrificata mi blocco, mi paralizza, lo guardo, ne ho terrore e a un certo punto vengo scossa da mia madre che arriva e mentre mi scuote mi dice: non è nulla, Marina, non è nulla……ho vissuto molte volte questo senso di terrore…..la solitudine, l’abbandono, l’essere qui e altrove perchè qui, con me, non c’è nessuno…….
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