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Questo argomento contiene 130 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Marina Mele 13 anni, 1 mese fa.
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ElisabettaE’ vero Antonio se si vuole vivere ci si deve esporre, si deve rischiare, prendere delle iniziative e crederci fino in fondo. Stare al riparo o vivere solo di immagini e pensieri non serve a niente, non ci fa palpitare ne stringere il cuore e soprattutto serve solo a perpetuare una stato di solitudine ed amarezza. Proteggermi per me significa evitare lo scontro, il coinvolgimento emotivo che credo di non poter sostenere. Eppure ho iniziato a sentirmi più viva proprio quando ho rotto (anche se di poco) questo guscio. Non aver interiorizzato sicurezza ed amore nell’infanzia mi pone dei limiti, l’illusione è che questo vuoto interno si riempia attraverso un attaccamento eccessivo a ciò che ho, che è sicuro e conosciuto e che mi permette di vivere in pace (cosa assolutamente falsa) E’ una rinuncia alla vita e la cosa strana è che questa rinuncia apparentemente non è di alcun peso, ma solo apparentemente.
EleonoraEli, comprendo perfettamente quello che dici: la rinuncia alla vita sembra non avere alcun peso. Molto più rassicurante stare alla finestra a guardare la vita che ti scorre sotto: un’arena da combattimento. Anch’io, per tanti anni ho vissuto così. La solitudine volontaria nella quale vivevo non solo mi piaceva ma mi faceva sentire superiore a tutta quella “melma” che si dibatteva voracemente per un posto al sole. Puah! Com’era mediocre tutto questo indaffararsi in cose da poco conto! Solo successivamente ho capito che questo senso di superiorità nascondeva un profondo senso di inferiorità. Sapere di non aver abbastanza coraggio per vivere e per conquistarmi il mio posto in questo mondo mi aveva fatto scegliere la solitudine come falso riparo dalla lotta per la vita. “La lotta per la vita”: questo concetto mi ha sempre provocato disgusto, pensavo che tutto mi fosse dovuto, pensavo che la vita avesse un grosso debito nei miei confronti e ho aspettato per anni che lo saldasse. Anche per questo motivo non chiedevo mai niente a nessuno. Nel segreto del mio cuore, invece, chiedevo tutto e aspettavo che mi venisse dato. Un giorno rimasi scioccata da un mio stesso pensiero. Mi dissi che la mia stessa esistenza significava che un giorno un unico spermatozoo era riuscito a fecondare l’ovulo, a discapito di tutti gli altri spermatozoi che erano stati costretti a morire. La mia lotta per la vita era già iniziata lì, checchè io ne potessi pensare. Mi sentii male e, tanto per cambiare, mi sentii in colpa verso tutte quelle altre possibilità di esistenza alle quali io avevo tolto l’opportunità di vivere. Lo so che è un’esagerazione ma l’ho pensato davvero. Un bacione. eleonora
Antonio BarbatoQuello che avete descritto è il limite estremo del distacco, il momento nel quale la riservatezza e la voglia di non rischiare rischiano di diventare patologica assenza di vita AVVERTITA, non reale. Nelle parole di Elisabetta sento più l’eco della parte Sei, la necessità assoluta di proteggersi, in quelle della Grilletta più la compensazione intellettuale della parte Cinque. Da qualche parte nel forum (forse nella parte Archivio per la quale potete utilizzare anche la funzione “ricerca”), ci sono alcuni riferimenti fatti da me Tecla e Marina/Sirenella ad un racconto di Borges. “La Casa di Asterione”, che vorrei tanto che leggeste perchè descrive bene come può vedere il mondo un Cinque. Baci serali. Antonio
Maura Amelia BonannoCambio di programma, il training con Russ e Riso è stato cancellato ed eccomi qui. (Marina ti sto cercando per parlarti….) Mi sento molto molto vicina a Eleonora, nel racconto del vissuto e del distacco. Sono ancora in profonda elaborazione interiore di ciò che ho sperimentato al ritiro con la Maitri la scorsa settimana, è stato stupendo e ricco di colpi di scena, sfaccettature e comprensioni. Ogni volta che mi trovo in contesti internazionali, è interessante osservare come gli stereotipi lavorino e come per la maggior parte dei partecipanti i Cinque in Italia, Spagna o Grecia non siano possibili…il Cinque deve essere inglese o venire dal nord. E lì io ero l’unica “del sud”. Ho riscoperto la bellezza dell’irrilevanza del tipo in certe strutture di lavoro. Sembra che ciò che sto condividendo non abbia attinenze con il tema, ma per me ce le ha. L’identità. Parte della mia identità gira attorno a ciò che secondo me è vero e che non è riconosciuto, apparentemente dagli altri, effettivamente da me. Da bambina attorno alla difesa di ciò che “sapevo” essere veramente accaduto e ciò che la mia famiglia mi rispecchiava come fantasia. Concordo con Eleonora che il risultato non cambia. Nell’anima tale impressione c’è, che sia di questa vita, di un’altra o assorbita da qualcuno. Nella mia esperienza c’è l’abuso. Dopo 20 anni ammesso dall’abusante e ancora una volta immediatamente rimosso da tutta la famiglia. Avete mai sentito parlare di “diniego”? “Smentita”? Sono cresciuta in una famiglia che è la regina del diniego. Vedo in ciò un perfetto territorio per la costruzione della struttura Cinque: come sappiamo il cuore del Punto Cinque è l’Otto, il cui meccanismo di difesa è appunto la negazione. Ecco una bambina che per sopravvivere ha dovuto mettere l’esperienza in un cassetto e ciò che prova in un altro. Meglio credere di essere una visionaria come dice mamma, che credere di avere una mamma fuori di testa. La amo molto, ma ho fatto di tutto per essere diversa da lei, cadendo anch’io nella negazione di ciò che sono….compresa la forza vitale, il rosso. Negare la vita è a un certo livello negare la mia esistenza. Ho avuto diverse esperienze di quando ero dentro mia madre e di come mi trattenesse…lei raccontava che io “non volevo uscire”, e anni dopo, ho vissuto che era lei a trattenermi dentro di sé. Mi collego ad un’altra domanda di Antonio riguardo al senso di colpa del Cinque. Fin dal grembo non sono stata libera di andare quando e dove volevo, ancora oggi sento la colpa di voler andare per la mia strada, e facilmente preferisco non riconoscermi in chi sono piuttosto che sentire che sto ferendo chi amo e affrontare il rischio di rimanere a camminare da sola. Anche in questo caso il risultato non cambia. Sono da sola comunque nelle mie fantasie e nella vita pratica e per di più con il senso di distacco interiore da chi amo. Riguardo al rischio…beh…sappiamo che noi Cinque possiamo studiare il territorio tutta la vita prima di entrarci…e ciò è così frustrante quando lo si riconosce…è una consapevolezza agghiacciante di negazione della vita che quando la provo mi fa gelare il sangue… Bacio Mau
AlessiaChe bello questo argomento! Ho letto con attenzione molti dei vostri post. Un bacione ad Eleonora in particolare, ti voglio sempre un gran bene!
Mi avete fatto ricordare uno dei miei sogni ricorrenti, che ritorna quando nella mia vita c’è qualche cambiamento imminente: sogno il terremoto! ma di guardare dall’esterno e non di viverlo in prima persona, di assistere, quindi, a qualcosa (casa, terreno, montagne) che davanti a me si sgretola e provoca grandi macelli…..ma solo di cose, le persone non ne sono coinvolte. Un altro sogno è quello che chiamo della “incomunicabilità” e mi capita quando credo di non essere compresa da qualcuno nella vita reale: nel sogno mi ritrovo in una situazione di emergenza ed obbligata a chiedere aiuto o gridando o telefonando, ma puntualmente non mi esce un filo di voce (stranezza inaudita per me) o di sbagliare costantemente numero di telefono nel comporlo, mentre l’ansia sale! Psicologicamente mi sono stati interpretati come sogni in cui l’impotenza fa da padrona e credo che sia abbastanza veritiero visto che è una delle condizioni (l’impossibilità di movimento o di reazione) che non tollero in assoluto.
baci baci. Ale
EleonoraCiao, Alessia, anch’io ti voglio bene. Dopo giugno vorrei farmi una capatina a Napoli (magari insieme a Lia) e spero di riuscire a vederti. In riferimento ai tuoi sogni, anch’io, nei momenti di cambiamento, sogno terremoti, non vedo crollare niente ma tutto traballa sotto i piedi. E sempre rimango incolume. Per quanto riguarda i sogni che tu definisci – e lo sono – di incomunicabilità, anche a me capita di sognare di parlare al telefono o al citofono. Ma nei miei sogni, non è l’impotenza a venir fuori bensì la sensazione che l’altro non mi ascolta. Infatti, io riesco a parlare ma, in qualche modo, è sempre l’altro che non sente, molto spesso per un guasto al telefono o al citofono. Un grande abbraccio. eleonora
SirenellaBellissima questa testimonianza di Alessia ed Eleonora sui terremoti. Io non ho mai sognato una cosa simile, ed e’ stranissimo rendermene conto mentre vi leggo. Mi sono ricordata pero’ di avere avuto un “elemento” ricorrente nei sogni del mio passato, e mi chiedevo se anche a voi e’ capitato qualche volta di sognarlo: l’oceano. Il mare, silenzioso, aggressivo, enorme, opprimente, infestato di squali, con pesciolini sul bagnasciuga che sembrano innocui ma trasmettono una sensazione sgradevole di inafferrabile invadenza, le onde grandi e azzurre, muri enormi di acqua che corrono veloci verso di voi, oppure onde fragorose di risacca che travolge tutto. Che mi dite?
EleonoraCara Sirenella, spesso mi è capitato di sognare il mare. A volte calmo e azzurro, altre volte scuro e in tempesta. Nella realtà, ho sempre amato di più l’immagine del mare d’inverno che rispecchia maggiormente i miei movimenti interiori ed inoltre è un’immagine che collego volentieri alla tristezza, a quella tristezza creativa di cui si è parlato in altri post. Qui, però, voglio raccontare un sogno che fu oggetto di una stranissima “coincidenza”. Parecchi anni fa sognai di stare su una spiaggia. In mare c’era tantissima gente ed io mi rifiutai di entrare in acqua perchè da essa proveniva uno sgradevolissimo odore. Fine del sogno. Il pomeriggio stesso guardavo alla TV un programma nel quale un esperto, rispondendo ad alcune lettere di telespettatori, parlava di sogni e li interpretava. La cosa stupefacente fu che lesse esattamente il mio stesso sogno fatto da un ragazzo. L’esperto interpretò il sogno molto positivamente, spiegando il rifiuto di entrare in quel mare puzzolente e pieno di gente come presa di coscienza di se stessi e come il rifiuto di conformarsi, appunto, a quei conformismi e falsi valori che sono normali per la maggior parte delle persone. Un bacio. eleonora
Alice/StefaniaAnche a me capita di sognare catasfrofi come il terremoto o di altro genere, e in effetti in periodi di trasformazione, come avete detto voi.
Ricordo perfettamente due sogni che ho fatto molto tempo fa. Primo:Ero a casa dei miei genitori, e appena uscita dal portone ho avuto la sensazione che ci fosse qualcosa che mi opprimeva e ho visto venire avanti l’ombra sul poggiolo, allora ho guardato in cielo e ho visto due mondi enormi. Mi sentivo schiacciare sotto di loro, ero terrorizzata e non avevo più il coraggio di guardare in alto. Avvertivo una sensazione claustrofobica. Secondo sogno: Stavo scappando dalla colata del magma del vulcano, vedevo la lava venire sempra più vicino, io urlavo e correvo, ma ad un certo punto la lava mi ha inghiottita ed io non sentivo niente, solo silenzio. Sapevo di essere morta, ma non sapevo che cosa mi aspettava, non ero spaventata, ma provavo un senso di disorientamento, non capivo che cosa avrei dovuto fare, c’era silenzio. Mi sono svegliata con la certezza di essere morta e solo dopo un pò mi resi conto di essre sul mio letto. Sogni ricorrenti invece, sono quelli che riguardano la scuola, non so perchè, ma nel sogno ho l’ansia perchè devo dare un esame e non arrivo in tempo, oppure devo fare un compito e qualcosa va storto, ecc. Ciao a tutti. Alice.
SirenellaPer quanto mi riguarda, nei miei sogni i cambiamenti della mia vita, quelli intensi o radicali o preoccupanti io li sogno con la morte. Non sono io a morire ma in genere una donna, che io osservo da fuori provando differenti emozioni a seconda di quello che il “passaggio” mi fa provare nella vita da sveglia. Le rinascite le sogno proprio con gravidanze. L’attesa, la vita nuova…con emozioni sempre legate a quello che provo nella vita cosciente. Qualche volta sogno di guidare, e siccome non ho la patente so che si tratta di un sogno significativo per me. Quando ero sposata sognavo spessissimo di essere la compagna del demonio. Era una sorta di stato di possessione, non potevo liberarmi da un uomo che nella fisionomia somigliava di frequente proprio al mio ex marito, dovevo sottostare alla sua volonta’ pur lucidamente comprendendo il mio desiderio di oppormi e voler scappare. Da quando mi sono separata, non ho piu’ sognato ne’ di morire, ne’ di avere accanto il diavolo. 🙂 e meno male….
TeresaAnch’io sogno spesso il mare. Ultimamente ho sognato di strare sugli scogli dove c’erano delle piccole lagunette dove io bagnavo i miei piedi. Ad un certo punto un uomo, un mio fidanzatino di quando ero adolescente, mi prende per un braccio e mi invita a girarmi verso il mare aperto, mi indica l’acqua sotto di me, come uno sprone a tuffarmi invece di bagnarmi appena appena i piedi. Io guardo giù e valuto che si, posso farlo, non mi farò male… in quel punto l’acqua non è nè troppo profonda nè troppo bassa. Mi sono svegliata prima del tuffo :)!!!
Ma un sogno al quale non riesco a trovare una spiegazione è questo: sono nella cucina della mia casa e lavo i piatti. Al telefono c’è una donna, che nella realtà lavora nella mia stessa azienda. Le chiedo, (stupita che lo stesse facendo da casa mia) a chi stesse telefonando, ” A telefono azzurro” mi risponde “mi hanno detto di aspettare…ma ora chiudo” “no, no” le dico “aspetta pure”. Intanto mentre lavo i piatti tiro fuori un bicchiere a forma di calice, rosso, con una parte del bordo rotta. Il sogno finisce qui perchè vengo svegliata dallo squillo del telefono. Mi chiamano dal lavoro per informarmi che quella notte Fidalma, la donna che ho sognato nella mia casa, era morta per un infarto.
Alice/StefaniaPer me Teresa, il tuo sogno ha una spiegazione, e direi abbastanza chiara. Anche a me è capitato di fare sogni premonitori o sognare qualcosa che stava succedendo. Hai “avvertito” la morte della tua collega, indipendentemente dal rapporto che tu avessi con questa persona. In fondo chiamare il “telefono azzurro” è una richiesta di aiuto.
Credo che anche il calice rosso e con il bordo spezzato possa essere letto simbolicamente come il cuore che si spezza (l’infarto). E’ soltanto una mia lettura istintiva, niente di più. Un saluto. Alice.
EleonoraTeresa, concordo con Alice, anche se “Telefono Azzurro” , oltre ad indicare una richiesta di aiuto può significare proprio il contatto con il cielo, azzurro, appunto. ciao. eleonora
TeresaSi Alice anch’io istintivamente mi sono data subito questa spiegazione. Ho avuto una premonizione, che mi ha turbata molto. E’ trascorso
quasi un anno e ancora ci penso. Quello che non riesco a capire è perchè l’ho sognato. Forse era un messaggio per me, dopo poco tempo infatti ho scoperto di essere ammalata. Non so. Grazie anche a te Ele. Certo Ele che abitiamo a due passi e non ci si incontra….Tanti baci
EleonoraE’ vero, Teresa. Dopo la chiusura della scuola, penso di andare a Napoli a trovare un po’ i miei cari amici enneagrammatici. Che ne dici? Si va insieme? baci. ele
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