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Questo argomento contiene 137 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Carla Basagni 13 anni, 1 mese fa.
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ElisabettaCara Marina, in realtà io vi sento molto più vicine di quanto non crediate proprio per la particolarità di questo rapporto che nasce da un desiderio spontaneo di conoscenza e comprensione reciproca. In fondo chi può dire se siano più amiche persone che si vedono tutti i giorni ma che scambiano superficiali resoconti della giornata o persone che non si vedono ma che sono spinte da un sincero intento di comunicazione profonda e sincera ? Qui non ci incontra per caso e questo non fa che rendere più vero questo libero ed incondizionato scambio di emozioni pensieri e sentimenti. Io lo faccio con sincera partecipazione e so che non c’è da aver paura di critiche o giudizi ma non posso buttarmi con modalità che non mi appartengono, io procedo lentamente e non potrò mai essere un uragano o scrivere liberamente come un fiume che scorre o una fonte che trabocca perchè, nonostante vorrei, mi è impossibile. Comunque nonostante gli inciampi ed i limiti che sento di avere, come tutti del resto, sono proprio contenta di esserci, piano piano le difese cedono per tutti. Per il tuo capo io punterei sull’onestà e sul rispetto come dice Antonio, secondo me un Uno su questi punti deve per forza riconoscere ciò che è giusto e comportarsi di conseguenza.
Antonio BarbatoCara Eli, più leggo le tue risposte e più mi convinco che tu sia un Cinque. I tuoi commenti sull’osservazione degli altri sono un marchio di fabbrica: francamente mi chiedo chi abbia mai potuto pensare a te conme ad un Tre 😉 🙂 🙂
SirenellaElisabetta 🙂 non ci sto capendo piu’ niente, mi sembrava aver letto un tuo commento qualche settimana fa, in cui affermavi di essere un 4. Forse quando parlavamo di Timoteo? Anche io ti leggo come un 5 netto, infatti non capisco questi riferimenti che fai sui 3… 🙂 .. Comunque sia, nessuno vuole che tu ti lanci con impeto….quella impetuosa quissu’ ormai si sa….so’ io 😉 ….massacratemi pure….anche se il tempo che i 5 impiegano per reagire e’ cosi’ tanto che mi sento la mosca che guarda al rallentatore la ‘gnora con la palettina…che non la becchera’ mai! 🙂 ragassi stasera non ce la faccio, rimando la manipolazione dei sei e dei sette a domani. intanto pero’ spero ancora negli interventi di Stefania, o magari Eleonora, o Tecla, o Teresa (ma ndo’ sei finita????) insomma su su….non pigronate! Melinda tutto bene??
TeresaEccomi qua! nella settimana scorsa sono stata in altre faccende affaccendata! Aspetto la descrizione del 7 e di quanto in questo tipo è influente la paura. Sire grazie per il tuo lavoro, sto stampando tutto in modo da conservarlo nel mio faldone sull’enneagramma! Baci e a presto.
EleonoraCara Sirenella, scusa il ritardo col quale scrivo ma una parte della verità è che sono stata molto indaffarata e la sera ero stanca; l’altra parte della verità è che davanti alla descrizione della manipolazione dei 5 sono rimasta un po’ sospesa. Avevo bisogno di riflettere bene. Ciò che mi ha lasciata un po’ nell’impasse è la descrizione del ritiro. E non perchè io non sia d’accordo con quello che scrivi, anzi! Sono rimasta a riflettere sulle due opzioni del ritiro da te descritte. La prima dice: mi ritiro ma tu vieni a cercarmi; la seconda: se mi cerchi, mi ritiro ancor di più. La prima l’ho messa in atto, spesso, in amore. La seconda, invece, solo in quei casi in cui mi sento immediatamente invasa da persone (donne o uomini) appena conosciuti. Ad esempio, in passato, quando conoscevo un uomo che avrebbe potuto anche interessarmi, se solo mi telefonava due giorni di seguito, mi sentivo già perseguitata e chiudevo la conoscenza anche piuttosto risentita. Ma succedeva lo stesso anche con donne che appena conosciute già venivano a trovarmi 7 giorni su 7. Noi 5 abbiamo bisogno di tempo per costruire un’amicizia e un affetto. Infatti, ho sempre pensato (e spesso anche verificato) che chi ti ama subito, chi si dimostra subito troppo entusiasta di te, in realtà non ti ama affatto, e che si prende solo delle “cotte” che scompaiono improvvisamente così come sono nate. Chiaramente, se l’uomo che amo o una mia cara amica mi telefonano tutti i giorni o vengono a trovarmi spesso, la cosa mi fa solo tanto piacere. Anche perchè, se in quel momento sono impegnata o devo andare in bagno, i miei amici capiranno. Il bello è che fino a qualche anno fa, persino con un amico non ero in grado di dire: “Scusa, mi scappa la pipì, ti richiamo dopo”. E così schiattavo piuttosto. Meno male che adesso ho il cordless! 🙂 A parte gli scherzi, i motivi del ritiro sono molteplici. Anche se la reazione è la stessa (il ritiro), i motivi possono essere molteplici. Ne elenco alcuni. Il motivo più ricorrente, nella mia vita, è stata la delusione. Mi ritiravo quando rimanevo profondamente delusa da qualcuno, e rimanevo delusa, soprattutto quando capivo che l’altro stava abusando della mia amicizia, quando sentivo che non era leale. Oggi mi ritiro perchè, dopo il lavoro torno a casa stanchissima e ho bisogno di recuperare le energie. Le poche intime amiche che ho hanno più energia di me, il fine settimana escono tardi la sera, proprio quando io crollo letteralmente. Si sa…l’età… In passato ho utilizzato il ritiro anche quando (stando molto con gli altri, amici e non), mi rendevo conto di arrivare a livelli troppo alti di “sottomissione”, ossia, mi adeguavo sempre io troppo agli altri, ai loro desideri, voglie, ecc.; ero incapace di dire di no, di esprimere davvero un mio desiderio. Accontentavo sempre tutti. Chiaramente, non sto accusando gli altri, ma capirai, che dopo un po’ di settimane o mesi di questa vita, dove faticavo ad esprimermi, alla fine avevo bisogno di ristorarmi da sola. Ecco, per me anche questo è manipolare gli altri. Sicuramente, in buona fede e per una mia reale difficoltà ad esprimermi, tuttavia, mi prendevo la loro accettazione in cambio della mia docilità. Vorrei chiudere parlando di un altro uso che personalmente ho fatto del ritiro. Prima ho detto che mi ritiravo quando mi sentivo delusa da qualcuno. Quando ho conosciuto l’enneagramma, ho capito che il ritiro mi serviva per vendicarmi. Tu mi ferisci? Io mi vendico negandoti il contatto con me. In amore, l’ho usato per vendicarmi e per far sentire l’altro in colpa. Era così bello sbattere la porta e andarmene lasciando l’altro con i suoi sensi di colpa e che, invariabilmente lo avrebbero condotto a cercarmi! Beh! Per ora basta con la spazzatura, il secchio è pieno. bacioni. eleonora
EleonoraCara Elisabetta, quasi tutto quello che hai scritto su di te mi appartiene profondamente, qualcosa un po’ di più, qualcos’altro, oggi, un po’ di meno. Ma leggendoti mi sembrava la mia radiografia. E’ da tempo che anche per me sei un 5. Ma al di là dell’enneatipo, voglio dirti che nei tuoi post si percepisce sempre una grande autenticità, uno sforzo sincero di capire e di capirsi, un darsi, pur con il timore di essere fraintesa o non compresa. Questo tuo modo di porti, per me è uno specchio nel quale guardare per vedere dove bleffo, dove manipolo, dove non sono autentica. Grazie. Ti abbraccio forte. eleonora
Antonio BarbatoLa manipolazione del Cinque potrebbe denominarsi: la manipolazione attraverso la fuga, ovvero, se scappo tu inseguimi. Questo atteggiamento è. dopo tutto, null’altro che uno dei tanti modi con i quali l’ego cerca di conseguire quello che vuole. La cosa veramente interessante, mi dicevo, è che questo atteggiamento deve essersi pur strutturato in una serie di esperienze, alias in un genitore che cerca di compensare qualche cosa (normalmente la sua scarsa presenza), con una attenzione che non diventa più gradevole ma soffocante. Questo mi ha aiutato a comprendere la Ferita Originaria del Cinque come una sommatoria di carente comunicazione diretta, unita ad una manipolazione profonda sul senso di colpa inconscio che il genitore ha nutrito verso il bambino. La domanda fondamentale che si deve porre chi insegue un Cinque è, pertanto, perchè ho bisogno di mettermi in una esperienza di inseguimento-aggancio da cui nessuno dei due otterrà un gran bene?
SirenellaPerche’ sentirsi rifiutati mortifica, o rende frustrati, o rende rabbiosi e riuscire a raggiungere chi fugge serve forse ad autoaffermarsi? Ti inseguo perche’ riuscire a bloccarti e costringerti a vedermi significa esistere. Chi fugge allora intende implicitamente affermare che tu, non esisti. Che ne pensi Anto, e’ possibile?
SirenellaIl bene che si ottiene, il premio, quindi e’ la conferma di esistere, nel vedersi riflessi nella vita e nello specchio di colui che fuggendo intendeva affermare il contrario, anche se da questo scaturisce conflitto, distruzione o perenne incertezza data da un gioco di inseguimenti/catture che non finisce mai.
Antonio BarbatoNon sono molto d’accordo sul fatto che il Quattro, come diceva la mia cara Teresina, tenda a prendersi tutto quello di buono che riceve ed a lamentarsi pure! Se un bambino si è convinto di non poter essere amato per come è, avra pur bisogno di ripetute conferme (quelle che il Quattro solitamente va cercando), prima di convincersi che qualcuno gli voglia veramente bene! L’aspetto più pericoloso del Quattro sta, invece, secondo me, nelle fasi di idealizzazione-delusione-distruzione con cui approccia le cose e le persone e che lo porta, spesso, a vomitare letteralmente il suo malessere addosso agli altri incolpandoli funestamente di ogni nequizia (A scanso di equivoci, cara la mia Tecla, il Quattro di Conservazione non fa tanto ma il risultato e che, alla fine, il risultato è lo stesso e l’altro viene sempre svalutato).
Antonio BarbatoCara Melinda bisogna proprio che io e te parliamo un po’ del tuo “sistema di visione” del tipo Tre. Mi sembra che ci sia un punto cardine che non evidenzi mai: un Tre ha bisogno di aderire ad un modello, di identificarsi con la maschera, di affermare il senso di sè non attraverso quello che è ma quello che fa. Un Tre non recita una parte, si identifica con quella parte, come il Paguro Bernardo si adatta ad una conchiglia, e quella “adesione” gli da un falso senso di sé col quale compensa la carenza che avverte dentro di sé. Come è andato l’intervento al dente? Spero bene.
Antonio BarbatoPossono esserci diverse motivazione, Sire. Una è quella che dice Michelle Pfeiffer in “Mi chiamo Sam”, e cioè: “Io non ho mai fallito”. Un’altra è quella del “Io ti aiuterò”, un’altra ancora è “Renderò la tua vita meno triste” e ce ne sono molte altre (fra le quali, tipicamente da Quattro, c’è il giochino di breve durata “Fra sofferenti ci possiamo capire”). Il punto è che nessuno chiede al Cinque: “Quali sono le tue regole?” ed aggiunqe “Queste sono le mie! Troviamo un accordo” Ancora una volta, in questi casi, mi riviene in mente il duro, ma verissimo vangelo di Fritz Perls che afferma: Io non sono su questa terra per accontentare te e tu non ci sei per accontentare me. Se ci incontriamo sarà bellissimo, altrimenti non ci sarà nulla, ma proprio nulla, da fare”. Responsabilità non richiesta, questa la parola chiave con un Cinque e con tutti i tipi in generale.
Marina PieriniSi Antonio, comprendo profondamente quello che dici, anche l’intento saggio e implicito alla non dipendenza, ma c’e’ un difetto in quanto affermava Perls…e cioe’ che chi ama, la responsabilita’ la sente perche’ e’ coinvolto, e non sempre chi dice no sta “veramente” o “chiaramente” dicendo no. La comunicazione e la decodificazione sono certamente alla base di tutto, ma e’ anche vero che “relazione” implica tra tante cose anche il sentirsi coinvolti a piu’ livelli e in differenti modi. Se io amo qualcuno e lo osservo fare qualcosa che per me e’ pericolosa o rischia di essere tale, per la sua esistenza, per la nostra relazione o altro, io non posso fare a meno di intervenire e interferire…e questa storia che se non ci capiamo tenendo la distanza allora saluti e baci, a me sembra un volo filosofico 🙂 la vita e’ “dentro” la relazione, non “fuori”. Con questo non voglio dire che bisogna annullare se stessi per riuscire ad accontentare qualcun altro, nemmeno che sia sano o giusto cedere ai ricatti di un partner perche’ amare significa per qualcuno, accontentare l’altro sempre e comunque…. ma lo sforzo, l’impegno, il dialogo, la comprensione, la tolleranza, la condivisione, l’intimita’, la solidarieta’, il venirsi incontro e quindi anche la rinuncia di tanto in tanto, sono le vie che portano agli altri, a gettare ponti “verso” coloro che sono di la’ da noi. Se si liquida l’impegno cosi’ facilmente diventa quasi inutile anche solo pensare di potersi sposare o costruire qualcosa. Almeno secondo me…
TeclaTutta questa riflessione sulla manipolazione mi ha condotta alla scoperta delle teorie della psicoterapia costruttivista e in particolare a Kelly. Egli parla di una psicologia della manipolazione e di una psicologia della comprensione. Le sue osservazioni mi sono state molto utili e di conferma e rinforzo anche in ambito lavorativo. Mi è impossibile sintetizzare tutto ciò che ho letto ma vi riporto solo alcune conclusioni che contengono molti spunti di riflessione. Per la psicologia della comprensione tutti sono pariteticamente aperti all’influenza reciproca. Valore fondamentale è il rispetto per l’autenticità e la validità delle diverse concezioni e visioni personali del mondo degli individui. La comprensione implica la disciplina a formulare le proprie opinioni e atteggiamenti nella modalità del COME SE. Si discutono gli eventi come se fosse meglio vederli in una luce piuttosto che in un’altra mantenendo sempre l’idea che è possibile poter tornare a quegli stessi eventi e costruirli in una luce diversa. L’idea costruttivista è che possiamo continuamente inventare nuove prospettive nei confronti di ciò che stiamo per incontrare o che abbiamo già incontrato. Ci spiega che non siamo mai nella posizione di vedere l’intera verità di una questione. Siamo ciechi nei confronti delle prospettive che si aprono da altri possibili punti di osservazione perchè in realtà nessuno conosce la storia intera. Mentre osserviamo e partecipiamo ad eventi siamo ciechi nei confronti della nostra cecità. Attraverso lo sviluppo di processi riflessivi di autoosservazione possiamo creare una struttura con cui divenire consapevoli della nostra cecità. Infine assume che il cambiamento personale non si realiza attraverso un passivo ricevere istruzioni. Tutto ciò richiede uno sforzo creativo e una assunzione di responsabilità personale.
Tutto quello che ho letto in questi giorni collegato alla psicologia costruttivista mi è suonato come musica, ho sentito la potente idea di libertà che vi è contenuta, l’apertura della mente , la capacità di evitare le etichette e di lasciare aperte tutte le possibilità al mutamento, senza intrappolare le persone in tipologie e in destini precostituiti. La libertà dalle soluzioni facili,dalle ricette, dal desiderio di aggiustare le persone, dalla ricerca delle continue ed immediate gratificazioni,dalla necessità di definire le persone attraverso sistemi dogmatici che partono da premesse indiscutibili da cui discendono logici ed indimostrabili postulati. La persona manipolativa non si apre al processo di influenza reciproca con chi interagisce, si mantiene non coinvolto ed interessato ad ottenere dagli altri ciò che vuole. Stimola gli altri a produrre ciò che vuole senza preoccuparsi del loro stato interiore. Ho molto riflettuto e PER ME l’idea di manipolazione non è un’ idea neutra ,una cosa da accettare perchè fa parte della natura umana ma un dis-valore,è qualcosa che talora utilizziamo ma che deve essere ribaltato sposando un’opposta filosofia di vita. Capisco che può sembrare un’altro idealismo, ma tutte le scelte etiche contengono una scelta ideale. Spero di non aver disturbato con riflessioni che non sono strettamente legate agli enneatipi, ma questa discussione mi ha portato su questi lidi e mi faceva piacere comunicarvelo e condividerlo con voi.
TeclaMentre scrivevo mi sono persa una decina dei vostri post e li ho letti solo ora..Caro Antonio, naturalmente non sarai d’accordo e non i crederai se ti dico che è molto raro che possa essere molto delusa da qualcuno per il semplice fatto che molto raramente lo idealizzo? : -) E’ proprio all’inizio che prendo le distanze, osservo e peso molto più di quello che sembra, data un’apparente impulsività e reattività, mi credi se ti dico che sembro molto molto più impulsiva di quello che appaio e che al contrario ho coscienza di essere molto riflessiva e quindi di non sentire tanto il bisogno del passaggio idealizzazione- delusione- distruzione.? Io dico che mi credi !!! 🙂 Sto affettuosamente scherzando, eh?
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