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Questo argomento contiene 2 risposte, ha 2 partecipanti, ed è stato aggiornato da Antonio Barbato 12 anni, 3 mesi fa.
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FatimaCirca tre mesi fa. Forse anche quattro? Non ricordo bene… Comunque ho avuto un compito interessante. Lo studio di una grande opera. L’Otello di William Shakespeare. Ed in particolare l’esame della personalità del personaggio Iago.
Faccio parte in qualche modo del mondo del teatro, per cui l’argomento capita a pennello, non a caso. Anche il fatto che questo personaggio appartenga al mio tipo enneagrammatico, ovviamente, non è casuale. All’inizio mi sono sentita molto entusiasta. Ho letto due volte l’opera teatrale. Ho visto per una seconda volta il video. Ho letto anche un libro di Agata Christie, – Il sipario – consigliatomi da un’amica poiché ad un certo punto si parla del personaggio Iago, ma non mi ha soddisfatta.
Poi le vacanze. Il rientro. Il lavoro. La vita di tutti i giorni. E rieccomi qui. Che sento di non aver fatto ancora abbastanza. Sono in uno stallo. Non mi sto muovendo. Mi sono però ripromessa (ma quando? non si sa…) di rileggere in una sola volta l’intera opera sottolineando le frasi che mi colpiscono maggiormente…… Per poi finalmente riuscire a fare la cosa giusta. Adesso non mi sento ancora sicura.
Non ho iniziato il compito perché vorrei fosse una cosa fatta perbene. Forse perfetta. Ma la perfezione non esiste, giusto? Non ho approntato nemmeno una bozza per poi eventualmente correggerla e ricorreggerla parlandone con Antonio. No. Non ho osato. Non ho rischiato. Non mi sono liberata. Sono effettivamente bloccata nell’inazione. Anche se, e non lo nascondo, l’idea di svolgere il compito mi alletta non poco.
Che assurdità…. Viene fuori qui la timidezza o, diciamola tutta, la vergogna di poter fare una cosa malamente, non “bella”. In realtà quello che mi viene chiesto è semplicemente un’analisi del personaggio che fino ad oggi ho avuto uno strano timore a fare.
Mi sono detta, tutte le volte che ci ho pensato, di non avere mai abbastanza tempo per concentrarmi e scrivere. In altri momenti ho ripetuto a me stessa che ero troppo stanca per pensare. In realtà mi ha letteralmente bloccato questo timore di non essere all’altezza (paura del confronto tra quello che sono e quello che vorrei essere), in un rifiuto totale della consapevolezza che forse si potrebbe fare di meglio e di più.
Nella mia vita mi sono sempre molto sentita giudicata, in particolar modo da mia madre. L’ho sempre aggredita verbalmente, alzando la voce, ma in realtà non mi sono mai difesa davvero da lei. Perché le ho indirettamente consentito di darmi dei limiti anche se non me ne sono mai accorta razionalmente. Ancora oggi spessissimo non faccio le cose, o meglio, di solito le rimando (fare la spesa, cambiare supermercato o altri negozi in cui far compere, cucinare, pulire casa, organizzare un’uscita, fare il bucato bianco, chiamare un idraulico, elettricista, inchiodare una mensola o mettere una tenda o magari chiederlo a qualcuno), per paura di fare la cosa sbagliata.
Come se fossi diventata giudice spietato di me stessa. Se sbaglio a fare la spesa chi se ne fregherebbe? Nessuno, vivo da sola! E allora? Non lo so, è più forte di me. Come se non mi concedessi il diritto di sbagliare per imparare. Devo assolutamente evitare la condizione di pormi alla mercè del giudizio altrui. Per questo mi sento timida e vergognosa (come in realtà ero da bambina) ma nessuno, vedendomi simpatica e brillante (ma questo sarà vero?) ci crede. Poi, magari, su altre cose esteriori, come l’abbigliamento oppure i gioielli (che mi rendono originale, ovviamente!), non mi faccio nessun tipo di problema su colori, forme e dimensioni…. E anche quando qualcuno è in disaccordo e mi critica, me ne frego!!
Questa nuova consapevolezza spero mi aiuti a superare il blocco o la trappola che dir si voglia perché prima o poi (spero più prima che poi) io svolgerò il mio compito e, chissà che questo scritto, in parte, non ne diventi un’incipit……..!!!!
Ps: cercasi la Tenacia e/o l’Ostinazione…….. prima o poi v’acchiappo, sapete??
MarialessandraInteressante racconto di te, Faty, e forse davvero un buon incipit al compito 😉
Fatima, riconosco pienamente la paura di non saper fare, o meglio di non riuscire a fare le cose “alla meglio” e in linea con l’idealizzazione che abbiamo della tali cose…e conosco bene poi a cosa porta: Non fare.
Pensa che in me è talmente radicata la vergogna che mi porta a non voler fare. Nel senso è talmente tanto il disagio nel dover fare qualcosa che so che mi farà sentire a disagio, che realmente percepisco di non desiderarla, di non volerla (per esempio la spesa….mi passa la fame..oppure un corso di fotografia…ma a me non è ke piaccia tanto la fotografia ecc ecc)
Fino a non sapere davvero quali sono i miei desideri e cosa davvero mi piace fare. In questo momenti (almeno finchè la luce non proverrà da me) seguo le indicazioni di quelli che per me hanno un'”intuizione superiore”, per far si che le mie di intuizioni possano farsi strada tra il pantano della vergogna. E così è stato con l’analisi di Ophelia. Non immagini che fatica abbia fatto..sia per il personaggio che non riconoscevo in me, sia per paura di esprimermi in un italiano non proprio corretto e sia per il timore di risultare banale…Ed invece, è stata proprio una grande soddisfazione, sia per le sensazioni che ho vissuto nel redigerlo che per il riconoscimento ottenuto alla fine. In bocca al lupo!! -
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