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Il sogno di un Quattro

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Questo argomento contiene 42 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da  Marina Pierini 13 anni, 1 mese fa.

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  • #468 Risposta

    Antonio Barbato

    Un’autrice americana, Veronica Whitty, mi ha appena finito di parlare di un sogno ricorrente di un tipo Quattro, che partecipa ai suoi gruppi di lavoro su Enneagramma e Sogni, che mi sembra molto interessante. Vorrei sentire su questo l’opinione dei molti amici Quattro. Il sogno è abbastanza breve ma pieno di un sentimento prima di disagio e poi di tristezza. Nel sogno la sognatrice sta pranzando a tavola con diverse persone, ma si sente fuori posto e, senza sapere perché, a disagio. Per questo motivo decide di alzarsi e di andare fuori a prendere un po’ di aria, ma, quando ritorna, trova che il suo posto è stato occupato da un’altra persona e resta in piedi, vicino alle sedie, senza sapere che fare. Il sogno si conclude ogni volta con lei che guarda con tristezza gli altri che si abboffano. Che ve ne pare??

    #2585 Risposta

    Teresa

    E vabbè…il quattro! Il bisogno di liberarsi dal senso di inadeguatezza (che è dolorosissimo) sprona all’abbandono dello spazio che viene prontamente occupato da altri. Si resta così come babbi a guardare questi ultimi che, occupando lo spazio lasciato loro a disposizione, si abboffano alla faccia sua, del quattro dico, così come merita!. Si rimane sempre a pancia vuota pur avendo tanta fame. La tragedia è che siamo noi che ci priviamo del nutrimento, perchè è più difficile sentire di meritarlo che lamentarsi per non averlo preso.
    No, è che sono un pò incazzata con me, in quanto 4. Situazioni del genere mi sono così familiari. Abbandonare il campo invece di pretendere di restare nel posto che mi spetta. Credo che il disagio derivi dal non essere certa che gli altri riconoscano che quel posto è mio. Se il mio posto è minacciato ho difficoltà a lottare per rimanere nel mio territorio, paradossalmente mi è più facile rinunciare (e lamentarmi e aspettare le soluzioni dal cielo!). Chiaramente questo equivale a non essere riconosciuta ma quello che mi rende triste è il riconoscere che io stessa non mi riconosco valore. Qui scatta l’invidia con tutto quello che ne deriva.
    Aspetto confronti, ora devo andare.
    Teri

    #2586 Risposta

    Lia

    Ecco che la mia parte quattro si risveglia. Io sognavo sempre, specie da bambina, di tornare a casa , di trovare la mia famiglia e nessuno mi conoscerva, riconosceva. Ricordo l’angoscia, il senso di abbandono e di solitudine… Ohibò che bello essere adulti! Invece la tavola e i convitati più che un sogno mi ricorda la realtà. Tante volte in situazioni sociali mi sono sentita di troppo, in difficoltà e mi accorgevo che la gente non si accorgeva neanche di me…mi voltava le spalle o si sedeva al mio posto…di qui una rabbia furente e un senso di inadeguatezza mostruoso. Ma ora mi capita meno. Sì, credo che in condizioni di malessere e di stress io mi sento così, però è anche vero che sotto il fuoco c’è sempre questa bambina inadeguata e abbandonata. Un bacio a tutti. Dineticavo … l’invidia. Lia Minerva

    #2587 Risposta

    Antonio Barbato

    Care Terry e Lia le vostre risposte si somigliano così tanto da farmi pensare ad un’unica matrice comune. La cosa che mi ha sopreso tanto del sogno è proprio questa incapacità di conservare quello che è il proprio posto. Io personalmente, invece, ho sempre combattuto in modo furioso se qualcuno voleva occupare un mio “spazio” e questo, soprattutto nei rapporti di lavoro con alcuni miei superiori Tre o Otto, mi ha creato non poche difficoltà. Sembra, pertanto, che il sogno avvalori l’ipotesi che nel Quattro esistono due distinte e ben diverse reazioni alla “espropriazione” dell’amore. Una che conduce alle risposte che avete dato voi ed un’altra che porta, invece, all’espressione più o meno diretta della rabbia auto affermatrice. Nessuna delle due, ovviamente, è migliore dell’altra, ma mi sembra plausibile ritenere che in alcune persone del tipo Quattro vi sia in azione una specie di formazione reattiva verso l’Invidia. Questo porta, paradossalmente, a posizioni nelle quali, per Invidia, viene accuratamente negata mediante un atteggiamento di lungo sforzo, del non dover mai chiedere a nessuno, che si ritrova, ad esempio, in modo molto evidente negli interventi di Tecla.

    #2588 Risposta

    Eleonora

    Anche se i miei sogni ricorrenti non sono di questo tipo, nella realtà, soprattutto in passato, mi sono trovata tante volte a non combattere per ciò che mi spettava. E la scusa era sempre quella di non voler scendere nell’arena a sbranarmi con gli altri come fanno gli animali feroci. In realtà, il sentimento profondo che accompagnava questa modalità era il sentirmi sempre “soggetto di minor diritto”. Una volta, in un racconto scritto da me, descrivevo un personaggio che dal suo modo di camminare sembrava chiedere continuamente scusa (all’asfalto e all’aria circostante) della sua intrusione. E in effetti, questo è stato per anni il mio modo di stare al mondo. baci. eleonora

    #2589 Risposta

    Teresa

    Antonio, tu che mi conosci, non sarà che sono 4 sociale piuttosto che tenacia? Provo molta rabbia per lo spazio che sento mi viene tolto(sono consapevole che la maggior parte delle volte a è una fissazione che mi venga tolto, in realtà non voglio prenderlo) e la mia modalità di reazione spesso rasenta l’aggressività, dalla ragione passo al torto ed è un casino recuperare. Per cui temendo le mie reazioni e per quieto vivere lascio perdere, ma poi covo risentimento,faccio la vittima, mi intrisisco, ecc. ecc. Riconosco la tenacia quando, appunto non chiedo, mi figuro di farcela da sola e se piango lo faccio di nascosto. Credo di essere stata un “tenacia” sin da piccola e un esempio chiaro, credo, è quello che riguarda la mia resistenza al dolore anche fisico. Mia madre di solito dopo avermi fatto una ramanzina si aspettava da me un bel pianto ma io non avrei versato una lacrima neppure sotto tortura, non le avrei mai dato soddisfazione, allora lei mi dava dei piccolissimi, terribili pizzicotti sugli avambracci e stava a guardarmi per vedere se piangevo. Cosa che facevo puntualmente ma lontano dalla sua vista…

    #2590 Risposta

    Marina Mele

    Consapevole di entrare in uno spazio degli amici quattro posso però affermare che questo dolore l’ho provato molte volte ma certamente in maniera diversa. La paura di non essere riconosciuta nel mio valore e che questo corrispondesse alla “sostituzione” di me. A volte ho pensato: è destino! Altre volte ho pensato: è colpa mia, non ho lottato abbastanza, oppure sono stata stupida nello sfidare il mio esistere senza dare di me quello che in relatà l’altro o gli altri volevano….Ora, in questi ultimi anni di maturità e miglior consapevolezza, ho imparato a combattere e a rimanere li finchè “c’è vita” in quello che sento….questo dove si giocano i sentimenti. Sul lavoro non mi accade. Nel territorio professionale mi sento più forte e allenata e li non mollo mai. Li mi sento più nel giusto e devono passare sul mio cadavere….

    #2591 Risposta

    Tecla

    Caro Antonio, appena letto il sogno che raccontavi sono rimasta sbalordita perchè non mi sono per niente riconosciuta, anzi ho sentito una sensazione di estraneità,di incomprensione e anche di fastidio. Evidentemente è come dici tu ci sono due matrici del quattro. Io non avverto che nessuno mi levi spazio o posto, io credo di occupare lo spazio che mi spetta visto che è lo spazio che ho, credo di avere le cose che sono giuste per me ora, dal momento che è la mia realtà non c’è nulla da recriminare ma solo da accettare profondamente.
    In quanto al non chiedere non è del tutto vero. Ho chiesto moltissimo ma solo quando ho sentito la certezza interiore dell’accettazione e dell’amore profondo. Se non sento tutto ciò non posso chiedere ma non perchè penso che gli altri non siano disponibili ma perchè penso che non mi spetta, che non si ha diritto di chiedere mai, a meno che non ci sia una forma d’amore vero. Come citava Lia in un altro post : Nessuno può pretendere di essere amato. Nessuno può possedere nessuno. Se tutto ciò è vero e per me lo è moltissimo si traggono delle conseguenze: 1) Non è un diritto ricevere nulla nè dalle persone nè dalla vita, ogni cosa che ricevi è un dono 2) se nessuno può possederti non ha alcuna importanza se qualcuno occupa un tuo ipotetico posto perchè ciò non ti può levare nulla in realtà .
    Il tuo posto è quello che tu decidi di occupare, è quello che ti sai conquistare, che ti sai curare e conservare. Se non puoi o non sai è una tua scelta e una tua responsabilità.
    illuminami ti prego.

    #2592 Risposta

    Teresa

    Tecla se il tuo modo di pensare è congruente al tuo modo di vivere, complimenti, hai raggiunto l’equilibrio che io auspico da una vita. Sono daccordo con tutto quello che dici, ma è così difficile per me poi riuscire a mettere in pratica questo stato ideale di porsi di fronte agli altri e alla vita. Per me è un esercizio quotidiano entrare in contatto con me stessa e accettare quello che c’è e riconoscere i doni che la vita mi fa. E ho ancora un pò di problemi con l’assunzione di responsabilità. Ma mi colpisce il fatto che tu, in quanto quattro, non abbia mai sentito il senso di inadeguatezza che, credo, sia una matrice comune di tutti i sottotipi del quattro. Poi ognuno lo avverte, lo vive e lo affronta alla sua maniera ma credo che l’invidia parta proprio da lì. Antò a te la parola dai.
    Teri

    #2593 Risposta

    Tecla

    Cara Teresa non credo che si tratta di non sentire inadeguatezza,ma solo di una forma di reazione ad essa. Io da bambina mi sono sentita non adeguata ad essere amata per come ero. L’assunzione di responsabilità è proprio il modo di reagire al sentirsi inadeguati, come se si fosse formata una consapevolezza che solo assumendo il carico e non contando su nessuno potessi sopravvivere. Così quando ho incontrato e quando incontro tuttora persone che sono disposte a dividere spontaneamente un poco del mio peso con me avverto tanta meraviglia e ciò mi sembra tanto gratuito e inaspettato.

    #2594 Risposta

    Teresa

    Ok, ora mi è più chiaro. Si la tenacia è questa, la controdipendenza, il non voler contare su nessuno, farcela da soli, paura di essere mollati quando meno te lo aspetti. Mi vedo sempre spiaccicata per terra! Anch’io mi meraviglio molto quando qualcuno mi offre aiuto e disponibilità e mi sento piena di gioia ma poi la paura, spesso, prende il sopravvento e l’armatura è sempre a portata di mano.
    Un abbraccio

    #2595 Risposta

    Tecla

    Cara Teresa è come tu dici. Però io credo di essermi alleggerita un pò della pesante armatura e di avere cominciato a farlo quando ho iniziato a capire che il mio essere ‘anomala’ non era poi così speciale, e quando ho cominciato a percepire la complessità, e l’ipersensibilità non più come una fonte di inadeguatezza ma come una risorsa che a volte mi dà la possibilità di ascoltare e di vedere gli altri al di là delle apparenze. Per ciò che riguarda l’accettazione di ciò che la vita ti dà e di ciò che si ha, sono arrivata alla consapevolezza che questo è l’unico modo per essere presenti, per essere coscienti, per accogliere e fare tesoro di tutto, per non sprecare. Questo vuol dire poter accettare anche la sofferenza sapendo che fa parte della vita ma che non è la vita, ma solo la mia reazione di fronte a quell’evento. Cerco di rendere le cose meno assolute di quello che mi sembravano una volta, di lasciare sempre un pezzettino di testa e di cuore liberi perchè possano percepire un altro aspetto, una altra sfaccettatura, e magari scoprire che ci sono altri modi di reagire e di interpretare le situazioni. Pian piano senti di poter abbandonare le illusioni, e che facendone a meno non sei solo più lucida ma anche capace di migliore comprensione del reale e maggiormente disposta ad accogliere gli altri per quello che sono, con tutte le imperfezioni e i percorsi tortuosi che si portano addosso. Cominci a staccarti dalla pretesa infantile di essere il sensibile cuore pulsante dell’universo e ti senti solo una piccola parte di esso. Quello che mi rimane dispreatamente del 4 è questo immenso desiderio che questa minuscola parte che sento di essere sia in armonia con tutto il resto. Se la perfezione non è di questo mondo continuo però a coltivare la tenace speranza di essere tanto perfettibile e quindi di poter continuare a spendere i miei giorni nello sforzo di raggiungere uno stato interiore di equilibrio e di serenità. Quando smetterò anche di sforzarmi, quando riuscirò a capirlo, e non solo con la testa, che non è con lo sforzo e la fatica che si ottiene ciò allora sarò libera, allora permetterò a me stessa di essere felice. Spesso, ultimamente mi sento stanca di tutta questa tensione interna e sono felice di questa stanchezza, perchè posso lasciarmi andare un pochino e in quei momenti, sempre più frequenti, sento che tutto fluisce da solo senza necessità alcuna che io mi sobbarchi il peso del mondo intero. Le cose vanno come devono andare e tu le vivi come le puoi vivere in quel momento, il momento dopo non sei comunque più la stessa di prima.

    #2596 Risposta

    Teresa

    Cara Tecla come è tutto vero quelo che dici, lo sento molto. Togliermi da dosso la corazza è il modo, l’unico modo, di vivere. Non dico di vivere al meglio la vita, in modo più sano, ecc. ecc., no proprio di vivere che significa scegliere e rischiare. Anch’io sono cambiata molto e sono più disposta a mettermi in gioco e soprattutto guardare le cose da un’altra angolazione. Il bianco e il nero, sempre più spesso lasciano spazio alle sfumature, ma è un atteggiamento che cerco di mettere in pratica ogni momento. Sto cercando di essere più attenta a quando il meccanismo nevrotico sta per scattare, a come scatta. Cerco di osservare quello che mi succede un attimo prima per comprendere cos’è che mi impone di stare all’erta o che mi rende triste e deprivata. La compulsione a voler stare al centro dell’universo è forte e, conseguentemente causa tanta frustrazione. La mia mente vaga, dietro gli ideali e all’idealizzazione di ogni cosa, portandomi lontano dalla terra, dal presente e da quello che provo veramente in quel preciso istante. Mi ritrovo a vivere così in una vita inventata, fatta soprattutto di pensiero invece che di cuore. Ma i miei preziosissimi, bellissimi e intensissimi momenti di essenza ce l’ho, e se ce l’ho è perchè mi permetto di accettarli e viverli con tutto il mio cuore, appunto. In realtà sono sempre lì. Quello che mi dà forza e fiducia è che ho sperimentato che posso essere felice tutte le volte che lo voglio, e questo è tutto.
    Grazie Tecla, per il tuo tempo e per le tue parole. Ti abbraccio forte.

    #2597 Risposta

    Sirenella

    Io un sogno cosi’ sono certa di non averlo mai fatto. Il mio disorientamento, la mia vergogna hanno radici in disagi dovuti al rapporto ansioso e sbagliato di mia madre con la sessualita’ in genere. Ho sempre lottato per quello che pensavo fosse mio. Quand’ero piccola magari qualcuno mi soffiava il posto ma se questo accadeva la seconda volta il mio sedere diventava bello che pesante…pachidermico….non mi si spostava nemmeno col carro attrezzi. Nemmeno in sogno ho mai provato la sensazione che Antonio descrive. Forse per un certo periodo di tempo, quand’ero adolescente mi sentivo bruttina e poco guardata rispetto alle mie coetanee, ma poi mi sono fidanzata e tutto e’ passato…c’e’ qualcosa che dovrei dire a proposito della vergogna e dei miei sogni ma….alle confidenze pubbliche c’e’ un limite mi sa e sento disagio nel raccontare cose troppo delicate…spero mi scuserete, in fondo io non so bene chi viene qui a leggere oltre voi. Comunque grazie per le vostre testimonianze intense ed interessanti.

    #2598 Risposta

    Teresa

    Ecco, ti sei fidanzata e tutto è passato, dici niente. Voglio dire, ti sei sentita amata per quello che eri da una persona che amavi. Io invece dalla persona che credevo mi amasse per quello che ero, finalmente, sono stata denigrata poi proprio per come ero, pensa te! Scusa …telefono…

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