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Questo argomento contiene 9 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Marina Pierini 13 anni, 2 mesi fa.
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un atomoMi piace considerare l’enneagramma come una figura dove ogni punto è perfetto in sè, una rappresentazione in cui ogni tipo enneagrammatico esprime una propria visione del mondo, non solo legittima, ma portatrice di un messaggio evolutivo. Solo così si può comprendere il proprio intrinseco valore e metterlo a disposizione degli altri, rivestire il ruolo che ci appartiene, vivere la nostra missione. Rivestire un ruolo non è indossare una maschera ma assumersi la responsabilità della propria visione psichica ed essere totalmente integrali nelle proprie scelte. Nell’edp si tende troppo a focalizzarsi sulle mancanze, le imperfezioni, i difetti. E’ importante vedersi nella realtà con i propri limiti,, distorsioni e nevrosi ma è ancora più importante riconoscere ed utilizzare il potenziale della nostra verità relativa. Amo molto il modello dell’eroe dentro di noi. Le varie figure archetipe, pur collocate in una scala evolutiva, sono tutte in grado di un assolvere un progetto e capaci di una propria crescita. Bisogna poter assumere la propria posizione di stabilità per andare incontro agli altri e saperla tenerla ferma. Non tutti possono e debbono andare incontro agli altri come un donatore, un angelo cutode, possono incontrare l’altro ed evolversi anche svolgendo la funzione del guerriero, del ribelle e del distruttore. C’è ricchezza e verità anche in queste posizioni esistenziali. Non c’è un solo modo di essere e un solo modo di amare. Il fine ultimo dell’enneagramma dovrebbe essere per me accettare profondamente se stessi , dare valore anche alle parti che viviamo come inadeguate. Ho difficoltà a credere nel valore liberatorio dell’accettare i “non devi”. “sei 4 e non devi più sentire il senso della specialità, sei 4 e non devi sentire il senso di privazione, non devi essere così idealista, o così emotivo, sei 4 tenacia e non devi negare. Preferisco dire a me stessa : il mio senso di specialità è un dono, una capacità di uscire dalla convenzionalità, posso offrirlo agli altri. Il mio senso di privazione mi può consentire di contattare la sofferenza e trasformarla in desiderio di assoluto, la mia negazione è anche capacità di ribellarsi ai dogmi, è il dubbio che può aiutare gli altri a scoprire che si può vivere fuori degli schemi e che guardando le cose da un punto di vista rovesciato si può vedere l’interezza della situazione. Questo non vuol dire non voler accettare il cambiamento, ma saper cambiare usando i mezzi a propria disposizione. Il più grande desiderio della mia anima è il raggiungimento dell’armonia interiore ed esteriore, ma c’è chi vuole raggiungerla essendo accomodante, cedendo o aiutando gli altri , mediando e c’è chi la può raggiungere affrontando il conflitto, combattendo e prendendo una posizione “altra”. L’unica cosa che conta è sapersi assumere la responsabilità e sapere accettare le conseguenze. Che ne pensate?
Marina PieriniIo credo che non si debba confondere l’enneagramma con la complessità del tutto dentro noi. L’enneagramma è uno strumento, ha lo scopo di rivelarci la nostra passione, cioè quella visione del mondo e di noi stessi di cui siamo fortemente innamorati e che ci ha privati della capacità di cogliere a tutto tondo le dimensioni ed esperienze “altre”. E’ condivisibile la posizione di chi dice non voglio sentirmi dire sei un 4 e non devi….ma questo va bene se decidi di non utilizzare lo strumento enneagramma per riuscire a cogliere aspetti della vita che ti stai negando. Se invece decidi di usare lo strumento, allora come tutti gli strumenti esso va usato rispettando delle regole, un metodo, una disciplina. Se io indosso una tuta e decido di fare una lezione di scherma dovrò sentirmi dire che per ottenere un risultato devo fare o non fare qualcosa. Devo muovermi nel rispetto di quelle regole se voglio vivere la piena esperienza della scherma. Tuttavia, quando avrò posato la spada e la tuta avrò scelto di “uscire” da quella dimensione che è una parte della mia vita e non il tutto. Insomma vestita della mia umanità io so di essere una creatura complessa non totalmente riassumibile usando l’enneagramma. Ma quando lo uso, se voglio che questo strumento mi porti dei frutti che, se ho scelto du usarlo dovrei desiderare, allora dovrò stare “al gioco” e comprendere che per comprendere che sono innamorata di un peso morto, devo disciplinarmi e seguire un metodo, una direzione precisa. Ci siamo già comunicate la differente posizione per cui i ruoli che noi assumiamo secondo me, e secondo anche una visione sistemica del mondo, sono abiti non nostri di cui ci dobbiamo liberare, dunque non mi ripeto, ma integro questa osservazione in quello che ho appena detto. Essere troppo innamorati della convinzione che anche un guerriero distruttivo sa incontrare l’altro, secondo me è un modo per idealizzare un concetto che finchè resta astratto, può essere possibile, ma in concreto rende la vita troppo dispendiosa e difficile a chi gli sta vicino. Non impossibile, io direi improbabile. Ma è solo la mia visione della realtà e su questo concordo, ciascuno ha la sua. 🙂 bacioni.
Utente Ospiteforse non ti ho capito bene, atomo… che vuol dire “devi fare questo, non devi fare quello, devi essere così e non cosà”? L’enneagramma – come, credo nessun percorso di consapevolezza, non obbliga nessuno a fare niente. Ti dà una chiave di lettura, con cui puoi guardare e vedere. Personalmente penso che già questo possa segnare l’inizio del cambiamento.
Concordo invece sul fatto che non viene posto tanto l’accento sulle potenzialità positive degli enneatipi. Ma forse anche questo, mi sono detta, ha il suo senso: che si comici a disfare, piuttosto che a “fare” in modo sbagliato, e quando si è disfatto, il giusto arriverà da sé, senza bisogno di forzature.
Anche se ammetto che a volte un incoraggiamento, un sentire che lungo il viaggio il timone è puntato verso la luce, potrebbe essere molto piacevole!
Certo che ognuno agisce in base alle sue possibilità. Ma non è tanto quello che si sa fare che conta, quanto il motivo profondo per cui lo si fa. Posso essere bravissima a fare le torte – e non lo sono, credimi :)…ma se faccio una torta come gesto d’amore per me stessa, per qualcun altro, per la vita stessa, è diverso che se la faccio per riscuotere elogi e rendermi famosa come pasticciera perfetta. Anche se magari le due torte saranno ugualmente buone, è dentro di me che la cosa è molto diversa.
E scusami l’esempio banale…
Utente Ospitescusa, dimentico spesso di firmare. Vanillina
un atomoMi scuso Vanillina ma alcune cose dette erano il seguito di una conversazione privata , credevo di essere riuscita a scrivere un testo più generale che andasse bene sul forum forse non ci sono riuscita del tutto e perciò non tutto è comprensibile.
Utente Ospiteva bene, allora come non detto, non importa. Van
un atomoStamattina mi sono svegliata inventandomi una storia che ha un pò un sapore zen e mi sono resa conto che ha attinenza con l’argomento quì trattato. Una donna era in pellegrinaggio da più di vent’anni, ogni tanto nel suo girovagare giungeva in un luogo dove aveva l’assoluta certezza che un solo passo l’avrebbe condotta alla fine del pellegrinaggio. In un posto di luce e di perfetta serenità interiore, questo era il luogo della totale accettazione e della realizzazione. Un solo passo, ma non poteva compierlo. Passavano gli anni e la donna iniziò a studiare i meccanismi delle articolazioni,dei muscoli, delle ossa e dei tendini e di come il sistema nervoso e il cervello permettevano all’essere umano di camminare. Ma non riusciva a fare quel passo. Allora pensò che fosse il suo ego ad impedirglielo e si mise a studiare se stessa, come era, l’origine di quell’impedimento, quali risposte desse alle sfide della vita. Ma ancora non riusciva a fare quel passo. Più il tempo passava e lei invecchiava, più la disperazione aumentava , più le domande e i tentativi si accumulavano, seguì metodi, discipline, ricette, istruzioni. Ma non poteva fare quel passo. E durante tutti quegli anni sapeva che l’unico modo per fare quel passo era fare il passo. Niente altro era necessario
un atomoAllora se sa che basta fare un passo, perchè non fa quel passo? Questa domanda e tutte le domande che possono scaturire dalla storia sono inutili come i tentativi della donna. Non sono che un modo per fermare il passo stesso. Quando giungiamo a quella soglia, carichi di una sapienza che non avevamo, e ci vediamo agire con la nostra passione e tutte le risposte che derivano da essa, fissazioni, polarità, alibi e limiti, ancora non possiamo fare quel passo. La risposta non è nella mente, non è nel cuore, non è nella gamba.
un atomoUltimo intervento e non vi affliggo più con le mie paturnie. Ho provato a camminare per la casa, compiendo ogni passo in perfetta consapevolezza ripetendomi come un mantra: “è un passo…è un passo” e ho notato come nessun passo fosse perfetto,a volte traballavo e a volte posavo troppo il tallone o alzavo un poco le punte, ma finchè ho camminato mi sono sentita piena di gioia e di forza. Quando ho cominciato a domandarmi cose sulla natura del desiderio, se dovessi far cadere il mio desiderio di assoluto che è simboleggiato da quel passo o se invece dovevo crederci con più ardore, la mia gioia è svanita e la mia forza si è dileguata. Giuro che non rompo più le palle.
Marina Pieriniricordati del sasso, del legnetto e della foglia….hai un’altra storia da risolvere :-))))
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