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Innato o acquisito??

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Questo argomento contiene 6 risposte, ha 4 partecipanti, ed è stato aggiornato da  Antonio Barbato 11 anni, 4 mesi fa.

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  • #10263 Risposta

    Una domanda che mi perseguita spesso, ma che è veramente cruciale, è quella sull’origine del tipo: è innato o acquisito?? Chiunque abbia letto uno solo dei miei lavori, sa bene che io ritengo che il tipo sia una risposta adattativa alle pretese dell’ambiente e che la parte genetica abbia una rilevanza ridotta, ma questo mio punto di vista è contrastato da altri che, invece, pensano che ci sia, almeno, una predisposizione naturale. Altri ancora pensano che il tipo sia positivo (??) e determinato dal karma individuale. Il dibattito è serrato e, ovviamente, ognuno resta sulla propria posizione (con buona pace dello spirito di apertura, comprensione, eccetera eccetera), ma quello che si dispiace è il retrogusto “politico” della maggior parte delle discussioni. Pensare, infatti, che il tipo sia geneticamente determinato significa, secondo me, rendere esente la società da ogni tipo di critica o di colpa. Le persone sono quelle che sono, dice questo punto di vista,e non ci si può fare nulla. Quindi, non serve investire in educazione e servizi sociali perché essi non potrebbero avere effetti; meglio, invece,concentrarsi sulle misure di controllo e repressive. Secondo me, questa è una forma di ottusa cecità o, peggio ancora, di pregiudizio doloso. Voi che ne pensate??

     

    #10268 Risposta

    Anonimo

    Salve Antonio, domanda stimolante e impegnativa….mi par di capire che ci troviamo davanti all’eterna diatriba tra creazionisti ed evoluzionisti…è un terreno minato…

    Penso che ogni persona sia una configurazione unica che risulta da una particolare combinazione tra abilità innate ed ambiente più o meno favorevole…personalmente sono attratta anche dalla possibilità di inserire la terza via….

     A tutti noi sarà capitato di conoscere diversi neonati e avrà senza dubbio notato che ciascuno di loro possiede già una sua specificità caratteriale, a livello fisiologico si parla di trasmissione di informazioni genetiche dai genitori al bambino.
    Nell’approccio psicospirituale si tende a pensare che ogni creatura nasce con uno specifico compito evolutivo, una mission da svolgere per conto del Divino, dell’Assoluto ecc ecc
    Facciamo un’ipotesi e consideriamo l’Anima come un mezzo per trasmettere l’energia Essenza UNO dallo Spirito alla sfera  conscio-inconscio dell’individuo incarnato.
    Il codice energenetico del programma di vita si trasmette al corpo e alla psiche forgiando la struttura fisica e caratteriale del nuovo individuo. Questo programma di vita è stato liberamente predeterminato da noi stessi e dalla nostra dimensione spirituale prima di incarnarci (secondo questa ipotesi).
    I genitori e l’ambiente saranno quelli che consentiranno di seguire i binari della nostra evoluzione e saranno compatibili con quanto la nuova persona deve sperimentare. Dunque ciascuno nasce con un temperamento innato che disegna il profilo dell’andamento della sua vita anche con l’ausilio continuo del nostro Spirito, che attraverso l’intuizione ci informa sulla via da seguire. Quindi educazione, ambiente, genetica o karma che sia…..una vita riuscita /sia la vita del singolo che la vita della società), quella per cui lasciamo questo pianeta meglio di come l’abbiamo trovato, penso debba tener presenti tutte queste componenti, integrarle, farle danzare insieme nutrendole di osservazione e consapevolezza…..la quadratura del cerchio? si forse…e comunque qualcosa verso cui tendere…..
    per tornare alla osservazione di Antonio concordo sull’ottusa cecità di quanti pensano di disinvestire nei servizi sociali e indotto…..sarebbe come camminare su di una gamba sola….
    un caro saluto e grazie, Daniela Mennichelli

    #10280 Risposta

    Cara Daniela, grazie per il tuo contributo che mi permette di entrare più in dettaglio su certi temi. Personalmente io credo che l’innato centri poco con quello che diventiamo nel corso della nostra vita. Più volte mi sono imbattuto in visioni che, un poco come la tua, fanno riferimento a qualcosa di simile al karma (o dharma se tu ti piace) e postulano l’esistenza di una preordinazione di elementi che portano poi, con l’impatto con un ambiente che è funzionale a questo, alla nascita dei vari tratti caratteriali. Personalmente credo che il limite di questa visione sia il determinismo, che non permetterebbe nessun cambiamento alla situazione che è alla origine di questo stato. Le differenze fra bambini esistono sin dalla nascita, questo è vero, ma non sono poi così determinanti come le caratteristiche si svilupperanno in seguito, anche perché il tessuto genetico della razza umana è uguale per il 99,97% e il numero totale di geni che possediamo non potrebbe essere in grado di supportare le grandissime differenze che rileviamo fra esseri umani.  questa ultima non è una mia affermazione ma è il risultato dello studio degli scienziati che, per primi, giunsero a mappare tutto il corredo genetico di noi umani. Inoltre, la lunga esperienza di analisi delle testimonianze di moltissimi adulti e l’osservazione di tantissimi bambini, mi ha portato a dare sempre più importanza alle relazioni genitori(ambiente)/bambino e al complesso delle interazioni che fin da subito si sviluppano. A mio avviso ogni bambino ha avuto dei genitori che, da questo punto di vista, sono stati diversi rispetto a quelli dei loro fratelli e ha stabilito con loro dei legami ripetitivi che formano la base sulla quale scaturirà nel breve volgere di qualche anno un preciso tipo o carattere.

     

    #10447 Risposta

    Anonimo

    Ciao! Concordo con Daniela sul fatto che la domanda è estremamente impegnativa… Secondo la mia opinione la teoria innatista è forse più semplice rispetto a quella acquisitiva, perché è, per così dire, deresponsabilizzante. È come dire che si è come si è senza alcuna possibilità di cambiamento. Preferisco pensare che ciascuno di noi sia anche e soprattutto il risultato di un percorso di crescita e di evoluzione del quale è arbiter. Assumerai delle responsabilità è spesso scomodo, ma mi piace pensare che l’uomo ha un libero arbitrio che deve imparare ad utilizzare.
    Non si può certo prescindere da un patrimonio genetico e caratteriale di partenza, se così si può dire, ma pensare che si è così e basta è come ammettere di non poter crescere e di non poter dare nessun contributo per la creazione di qualche cosa di diverso ed in continua evoluzione!

    #10469 Risposta

    Eduardo De salvo

    Interessante questa discussione che ho trovato sul vostro forum, anche perché non ho trovato niente che spiegasse l’origine dei tipi in modo così chiaro. Se non sbaglio molti autrori scrivono che c’è qualcosa nell’infanzia ma non approfondiscono molto. Sono d’accordo con il signor Barbato e la signora Mattioli che la teoria innatista deresponsabilizza sia la persona che la società con posozioni del tipo: che ci si può fare se sono fatto/fatti così.  Cercherò meglio nei libri se c’è qualcosa in proposito ma mi piacerebbe sapere qualcosa di più sull’assunto che il tipo sia una risposta adattativa all’ambiente, grazie.

    #10571 Risposta

    Anonimo

    ritorno sull’argomento senza presunzione di originalità, piuttosto per il piacere di condividere una ri-lettura di questi giorni del libro di Hillman, Il codice dell’Anima, che conoscerete senz’altro, vi faccio ripropongo dei passaggi dell’introduzione sperando possano darvi spunti riguardo al tema del forum…io mi ero lanciata in un terreno accidentale usando la parola karma…direi che il caso, o il caos che sia, mi ha fatto ritrovare questo libro e l’associazione con i ns tema mi è apparsa spontanea…ecco il testo:

     Il paradigma oggi dominante per interpretare le vite umane individuali,e cioè il gioco reciproco tra genetica e ambiente, omette una cosa essenziale: quella particolarità che dentro di noi si chiama “me”. Se accetto l’idea di essere l’effetto di un impercettibile palleggio tra forze ereditarie e forze sociali, io mi riduco a mero risultato. Quanto più la mia vita viene spiegata sulla base di qualcosa che è già nei miei cromosomi, di qualcosa che i miei genitori hanno fatto o hanno omesso di fare e alla luce dei miei primi anni di vita ormai lontani, tanto più la mia biografia sarà la storia di una vittima. La vita che io vivo sarà una sceneggiatura scritta dal mio codice genetico, dall’eredità ancestrale, da accadimenti traumatici, da comportamenti inconsapevoli dei miei genitori, da incidenti sociali.

    Questo libro, insomma, ha per argomento la vocazione, il destino, il carattere, l’immagine innata: le cose che, insieme, sostanziano la “teoria della ghianda”, l’idea, cioè, che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di poter essere vissuta.

    Questo libro intraprende una strada nuova a partire da un’idea antica: ciascuna persona viene al mondo perché chiamata. L’idea viene da Platone, dal mito di Er che egli pone alla fine della suaopera più nota, la Repubblica.
    In breve, l’idea è la seguente.Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un
    daimon che unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo e crediamo di essere venuti vuoti. E’ ildaimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino.

    La teoria della ghianda dice (e ne porterò le prove) che io e voi e chiunque altro siamo venuti almondo con un’immagine che ci definisce. L’individualità risiede in una causa formale, per usare ilvecchio linguaggio filosofico risalente ad Aristotele. Ovvero, nel linguaggio di Platone e di Plotino,ciascuno di noi incarna l’idea di se stesso. E questa forma, questa idea, questa immagine nontollerano eccessive divagazioni. La teoria, inoltre, attribuisce all’immagine innata un’intenzionalità angelica o demoniaca, come se fosse una scintilla di coscienza; non solo, afferma che l’immagine ha a cuore il nostro interesse perché ci ha scelti per il proprio.L’idea che il
    daimon abbia a cuore il nostro interesse è probabilmente l’aspetto della teoria piùdifficile da accettare. Che il cuore abbia le sue ragioni, d’accordo; e anche l’esistenza di uninconscio dotato di intenzionalità e l’idea che in quello che ci succede svolga una parte il destino:tutto questo è accettabile, quasi banale.Perché, allora, è così difficile immaginare che qualcuno o qualcosa tenga a me, si interessi a quello che faccio, magari mi protegga o addirittura mi mantenga in vita, indipendentemente, in una certamisura, dalla mia volontà e dalle mie azioni? Perché preferisco una polizza di assicurazione agli invisibili garanti dell’esistenza? Perché non ci vuole niente a morire. Un attimo di distrazione, e i progetti più accurati di un io forte giacciono riversi sul marciapiedi. Quotidianamente qualcuno o qualcosa mi salva la vita, impedendomi di cadere per le scale, di inciampare mentre cammino, di ricevere una tegola in testa. Non vi sembra un miracolo andare a duecento all’ora in autostrada, la musicassetta al massimo volume, la testa da tutt’altra parte, e arrivare sani e salvi? Quale “sistemaimmunitario” veglia su di me, giorno dopo giorno, mentre ingurgito alimenti conditi di virus,tossine, batteri? La mia pelle formicola di parassiti, come il dorso di un rinoceronte con i suoiuccellini. A ciò che ci salvaguarda diamo il nome di istinto, autoconservazione, sesto senso,coscienza subliminale (tutte cose invisibili eppure presenti). Nei tempi antichi, ciò che con tanta efficacia mi sapeva proteggere era uno spirito custode e io mi guardavo bene dal mancargli di rispetto.

    …….detesto i copia e incolla di questa società più che liquida direi liquefatta, ma sono imperfetta e confido nel vs talento nell’afferrare questa mia intenzione di scambio agostano….un caro saluto a tutti. daniela

    #10677 Risposta

    Avrei dovuto rispondere a questa serie di interessanti interventi già da tanto tempo ma la stanchezza più mentale che fisica prima e la difficoltà di poter usare compiutamente un PC dopo, me lo hanno impedito anche se, dentro di me, la voglia di aggiungere un piccolo contributo alla discussione continuava ad aumentare. In primo luogo io sono giunto a teorizzare la Ferita Originaria come causa della nascita del tipo, ed a renderla parte fondamentale del mio insegnamento, solo dopo che ho avuto modo di intervistare oltre tremila persone sulla loro situazione familiare originaria cercando, con uno spirito il più possibile oggettivo, di verificare se esistessero convergenze significative.  Durante questo processo (che non si è ancora, secondo me, concluso e che per questo non mi permette di divulgare in modo aperto come mi chiedono soprattutto dagli USA da dieci anni) ho avuto modo di vagliare diverse posizioni sia teoriche che pratiche visto che, ad esempio, due neurobiologi americani suggeriscono che le differenze tipologiche si spiegano con una maggiore o minore attività di tre neurotrasmettitori cerebrali secondari e suggeriscono, di conseguenza, degli interventi mirati proprio ad una “equalizzazione” degli stessi. Guardando le persone negli occhi, osservando la loro mimica, vedendo come muovono le mani ed occupano lo spazio intorno a loro, ho cominciato a notare una rispondenza fra l’espressione più “naturale” del loro essere e il tipo (o, ancora più propriamente, la variante istintuale) che gli è proprio. Ho fatto volutamente la scelta di stare con quello che si percepisce, che è osservabile, che è determinabile, piuttosto che postulare l’esistenza di qualcosa che è aldilà della capacità di osservazione. L’anima, sulla quale Hilman ha costruito un discreto successo letterario sin dai tempi de libro omonimo, non è qualcosa che io posso dare per scontato e che meno ancora posso osservare direttamente, ma quelli che io chiamo i “paradigmi familiari” e le costituzioni fisiologiche personali, si. Non voglio rendere questa intervento troppo lungo, ma voglio solo ricordare, a proposito della “ghianda”, che solo una minima parte di esse riescono a diventare alberi. Questo cosa vorrebbe, pertanto, significare?? Infine le chiedo di pazientare sig. De Salvo, cercherò di rispondere, anche se solo parzialmente, alla sua domanda in un altro momento.

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