HomePage › Forum › Forum ASS.I.S.E. › Javier Marìas: Domani nella battaglia pensa a me
Questo argomento contiene 30 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Chiara 13 anni, 2 mesi fa.
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giancoCara Sarah, il tuo esempio sul popolo africano e sulla “facilità con cui seguono il primo che gli racconta una storia di grandezza del loro paese o che promette cose strordinarie” mi sembra paro paro applicabile a quanto avviene in Italia con la “scesa in campo” di qualche sorridente “messia” politico. A dispetto della presunta “consapevolezza” di popoli più civilizzati. A mio avviso, la consapevolezza è un fattore trasversale non necessariamente legato al livello di civilizzazione.
Marina PieriniUanema addirittura LORD GIanco in campo!! ahahahahah sono emozionata….cmq si Atomo, rispondevo a Sarah…ho sbagliato ad attribuire quel post sull’africa all’utente ospite che ci risponde con branate di poesie 😉 scusate…
un atomoeh già Gianco pare proprio anche a me come tu dici 🙂
SarahOk! Rispondo a tutti gli interventi di chiara, gianco, marina, atomo e utente ospite dicendo che sì, condivido il vostro punto di vista ed infatti non intendo l’educazione come nozionismo o “cultura” nel senso di sapere in senso stretto. Parlavo di senso critico e come Marina sostiene (e penso anche io) a volte l’ignoranza è una scelta..perchè non c’è altra scelta! Se teniamo le persone in povertà non c’è scelta no, almeno per loro. Non intendo la cultura come raffinatezza. La intendo come consapevolezza e concordo sul fatto che questa manchi anche qui nel nostro paese (eccome!). Concordo sul fatto che il consumismo sia una manifestazione di ignoranza. Faccio solo un paio di domande che penso possano illustrare meglio il mio punto di vista e mostrarvi che non è antitetico al vostro e cioè, senza la capacità di “pensare” in maniera critica e utile, cioè comprendendo anche il cuore, dove si va? Come si discerne il vero dal falso? Qualcuno di voi ha detto che l’essere umano e le sue potenzialità sono un mistero, ma come la mettiamo con il fatto che nessuno di noi è in grado di liberarsi dalla prigionia degli automatismi del proprio carattere? Sbaglio o questa è stata acquisita con l’educazione? Cosa c’è di libero in questo? (O di misterioso). Per ignoranza in definitiva, includo anche quella del cuore. Ripeto: forse non abbiamo gli stessi riferimenti per la parola “conoscenza”. E ci tengo a sottolineare che non mi ritengo superiore perchè penso siamo dotati in potenza delle stesse possibilità. Se queste non si esprimono è perchè non accogliamo gli individui che nascono nel migliore dei modi: li sfruttiamo, li teniamo nell’ignoranza, togliamo loro la dignità. Sono tutt’ora convinta che le potenzialità umane si esprimono se coltivate, altrimenti vanno perse e che l’educazione è importante per questo! Tutti i vostri discorsi mi piacciono e non mi sembra di contraddirli con la mia tesi che l’essere umano ha bisogno in primo luogo di educazione. Il problema caso mai è: che tipo di educazione. E’ innegabile che una delle nostre più importanti spinte siano i bisogni (e qui finalmente arrivo al brano dell’utente ospite), ma questi meritano rispetto come meritano rispetto tutte le forme di vita. Gli esseri umani sono tali perchè apprendono e sono accuditi per un tempo molto lungo dai genitori. Perchè? Perchè l’uomo è un animale che senza educazione non va da nessuna parte ed il pensiero dirige tutto questo, ergo, imparare a pensare è fondamentale. Ci sono delle cose che se non si sviluppano in modo meccanicistico (penso di no), comunque seguono determinati percorsi. Il pensiero è, intermini evolutivi, la cosa più recente che si sia sviluppata e ciò che ci dà la possibiltà di essere consapevoli. Quanto alle abitudini e al fatto che ognuno si racconta la propria storia (brano dell’utente ospite), va bene. Ampliando i nostri orizzonti e allargandoli ai punti di vista degli altri (ancora una volta, imparando a pensare – con il cuore e non solo con la testa -, attraverso l’educazione) la storia sarà sempre più omnicomprensiva, saggia e la nostra percezione della vita più completa. Dovrebbe esserci minor bisogno di scavarsi il proprio buco e maggiore capacità di includere anche gli altri…Non mi ritengo superiore, mi ritengo superfortunata. Puff!! Spero di essermi spiegata meglio questa volta. Adesso tocca a voi e ad utente ospite chiarire un po’ meglio dove intende portarci con le sue citazioni. A me sembrano dire che siamo poca cosa in quanto esseri umani, nella maggior parte dei casi e che funzioniamo come robottini o quasi. Mi sembra una visione parzialmente corretta, nel senso che come disse il nostro caro Dante, fatti non foste per viver come bruti e allora…non facciamo come Bush!!! Lui è un bruto, si scava il suo buco ed è pure ignorante! Non mi sembra che si fosse impegnato tanto mentre il paparino gli pagava gli studi in una delle università più prestigiose del mondo (e di bruti in politica ce nè anche a casa nostra…e pure sorridenti!!!…non dico altro).
Marina PieriniGuarda Sarah, così come ho tentato di dire altrove, io non disdegno affatto i vantaggi della cultura, della conoscenza, dell’educazione. Sono sicura che tutto questo non possa salvarci dalla nostra violenza, dalla nostra grettezza, dai nostri meccanismi, insomma non possa “salvarci” in senso generale, ma certamente rispetto all’ignoranza analfabeta, il sapere offre una qualità di vita differente, una migliore capacità di comprendere quello che c’e’ attorno a noi, forse l’opportunità di intuire con maggiori mezzi i tentativi di manipolazione altrui, e semmai scoprire e coltivare i nostri talenti. Penso a chi suona strumenti musicali, a chi lavora in settori specializzati, o scrive poesie o altro ancora e rende piacevoli se non meraviglosi momenti della nostra esistenza. Il sapere però non risolve la piccolezza dell’uomo e nemmeno lo aiuta a saper riconoscere la Verità. Nel vangelo è scritto che chi viene dalla verità, la riconosce. Io credo che questa capacità di ascoltare e discernere abbia a che fare con il nostro animo profondo e con la capacità che abbiamo di essere onesti, non sinceri, ma dico onesti nel senso più ampio e profondo del termine. Il pensiero non è una capacità umana che deve limitarsi alla sola sfera delle emozioni, secondo me, perchè anche il cuore può tradire e offuscare il pensiero libero. Noi tipi 4 dovremmo saperlo bene. L’equilibrio fra logica ed emozione dovrebbe essere a mio avviso la migliore risposta a qualunque Passione ci offuschi la mente. Rispondo ad una tua domanda, infine, e ti invito a riflettere sul fatto che la nostra meccanicità non è solo frutto della nostra educazione ma da un mix di circostanze, sia organiche, sia genetiche, sia sociali, sia individuali che ci predispongono verso un tipo di interpretazione del mondo piuttosto che altre. Non si spiegherebbe altrimenti come mai due fratelli, anche gemelli, possano appartenere a due enneatipi diversi. Non siamo fatti per vivere come bruti, la brutalità ci appartiene in ogni caso, e trovo giusto, se è questo che tu ci inviti a considerare, cercare di fare sempre del nostro meglio per non cadere nell’oblio, negli abissi, nella dimenticanza e nell’ignoranza del cuore. La vita sarà anche illusione, ma in questa dimensione, per noi si tratta di realtà, e con questa realtà tutti noi dobbiamo fare i conti, prima o poi. Un bacione.
Utente OspiteE’ *più o meno* quello che volevo dire anche io.
Quando parli dell’onestà, “nel senso più ampio e profondo del termine” penso che tu intenda in primo luogo l’onestà con se stessi. Sarai d’accordo con me che quella è la condizione imprescindibile per poter essere onesti anche con gli altri. Ma che cos’è che ci aiuta a essere onesti se non la capacità di essere lucidi? Quella capacità poi è data per buona parte dall’uso opportuno della ragione.Sono d’acccordo che, come dici tu: “la nostra meccanicità non è solo frutto della nostra educazione ma da un mix di circostanze, sia organiche, sia genetiche, sia sociali, sia individuali che ci predispongono verso un tipo di interpretazione del mondo piuttosto che altre” ed è proprio per questo che ho sostenuto nella prima risposta all’utente ospite che il contesto in cui viviamo è più importante dei singoli. Per creare un contesto adatto a un vita degna di essere vissuta però bisogna sapere cosa fare e come farlo. Anche qui serve il pensiero e la conoscenza, che è in primo luogo conoscenza dell’essere umano. Altrimenti perchè tutto questo interesse allo studio del proprio e altrui carattere? Perchè questo bisogno di conoscenza se non per discriminare?
Una citazione tratta da “Apprendere dall’esperienza” (Montari, 2003, Carocci) forse può aiutare con altre parole a chiarire la mia risposta alle citazioni dell’utente ospite ed il mio punto di vista. Gli asterischi sono miei. “Il sapere che viene dall’esperienza, però, non prende forma come semplice conseguenza del partecipare a un contesto esperienziale, ma presuppone l’intervento della *ragione riflessiva*, cioè l’essere pensosamente presenti rispetto all’esperienza…Risulta però un compito difficile quello di guadagnare sapere a partire dall’esperienza, perchè nel tempo moderno la capacità di fare esperienza tende a sparire. Per comprendere tale affermazione è necessario distinguere tra “esperienza” e “vissuto”….L’esperienza non coincide col mero vissuto, che identifica quel tessuto di eventi che si snodano un una condizione preriflessiva, dove si vive l’accadere delle cose in una condizione di muta immediatezza…C’è esperienza quando si esplora la vita preriflessiva e si attribuisce senso a quello che accade.Si può parlare di opacità dell’attimo vissuto per indicare che il vissuto è qualcosa di oscuro, che si accende di senso solo quando la riflessione porta sulle cose lo sguardo del pensiero…il progresso scientifico non può essere considerato automaticamente indice della presenza del pensiero, perchè il *pensare è cosa diversa dal conoscere*. Mentre il conoscere si materializza nelle domande e nelle procedure che generano la ricerca scientifica, il pensare si occupa di questioni di significato…pensare è andare alla ricerca di un principio di ordine, di quella giusta misura del dire, del sentire dell’agire che fa stare con signoria nel mondo…sotto il dominio della razionalità tecnica..la formazione viene ad essere frequentemente intesa come l’occasione per aggiornare un expertise di tipo tecnico, per incorporare nuove conoscenze, nuovi contenuti disciplinari, spesso senza che venga posto il problema della necessità di pervenire a un *criterio d’ordine* profondo capace di orientare la scelta degli strumenti da acquisire… ”
Ué! Spero di non avervi anoiato con questa lunga citazione. Mi sembra che espliciti un po’ meglio il senso di quello che volevo dire quando parlavo di conoscenza e pensiero ed i nessi con le citazioni di Utente Ospite (quando si parla di vissuto). Infatti la prima citazione di Utente Ospite parla del vissuto “muto”, che scivola via: “…quanto poco rimane di ogni individuo, di quanto poco vi è testimonianza e di quel poco che rimane tanto si tace, e di quello che non si tace si ricorda dopo soltanto una parte minima, e per poco tempo, la memoria individuale non si trasmette e non interessa chi la riceve, il quale plasma e possiede la sua propria memoria. Tutto il tempo è inutile, quanto avviene, quanto entusiasma o fa male nel tempo si coglie soltanto per un istante”. Il pensiero, al di là delle differenze caratteriali, biologiche, ecc è comune a tutti, però bisogna eseritarlo. Le conoscenze dovrebbero essere uno strumento per applicare il pensiero alla realtà, per ancorarlo al vero. Baci e grazie per il vostro “interpellare” che mi dà modo di “pensare” meglio quello che dico 🙂
SarahScusate ero io!!! Sarah
ChiaraCara Sarah, mi sembra, ma magari è un’impressione mia, che identifichi la consapevolezza col pensiero o con la conoscenza, mentre per me sono cose diverse. Tu scrivi: “cos’è che ci aiuta a essere onesti se non la capacità di essere lucidi? Quella capacità poi è data per buona parte dall’uso opportuno della ragione”. Ecco la capacità di essere lucidi per me è “consapevolezza” ma non è data per mia personale esperienza da un uso opportuno della ragione. I miei momenti di “lucidità” più forte li ho avuti in esperienze di meditazione, e credimi non c’entravano molto con la ragione intesa come pensiero o conoscenza.
Vedi, io per esempio, che mi ritengo in possesso di capacità di pensiero e di riflessione, credo di aver ben pochi momenti di reale consapevolezza. Per me la consapevolezza va di pari passo con la presenza, l’essere nell’istante completamente con tutti i sensi, i pensieri, nel qui ed ora. Mi dici tu come fai ad essere nel qui ed ora se segui i tuoi pensieri? Frattanto avrai costruito una bella “teoria” sulla realtà..ma quale? La realtà del tuo pensiero o “la realtà”? L’esserci cioè l’essere consapevoli è essere “presenti”, e se io sono nel mio movimento, osservo e lascio scorrere i miei pensieri, e sono presente a ciò che è intorno a me, credimi l’ultima cosa che faccio è pensare, ragionare. Se sono nel ragionamento non sono più presente, sono altrove, non sono certo nel qui ed ora. E come faccio ad essere consapevole di ciò che accade ora se sto costruendo una splendida teoria sul reale?
un atomoPer me Chiara ha ben centrato la questione, condivido completamente. E forse molte delle posizioni che sembrano distanti oin questa discussione sono state originate da questo equivoco, che Chiara ha tentato di chiarire. Un uomo ?educato? è un bene, ma non necessariamene è un uomo consapevole e seppure non vogliamo sfiorare la tematica del qui ed ora (che è comunque fondamentale) anche se vogliamo rimanere con i piedi molto a terra la domanda rimane cosa se ne fa l’uomo educato, colto, razionale di questo patrimonio? Nonm è affatto scontato che ne faccia un uso consapevole perchè comunque le basi della sua educazione rispondono al tessuto sociale, alle mode, alle ideologie, della sua epoca, è cioè qualcosa di condizionato ad un sistema. Un uomo perfettamente educato, istruito, in altri tempi sarebbe forse deivenuto un inquisitore di streghe o di eretici, mettendo il suo sapere al servizio di ciò che la società in quel momento credeva. Un tedesco ben istruito ed educato non avrebbe messo in dubbio nel 1940 che la sua educazione andava messa al servizio della superiorità ariana. Perciò educazione non può essere consapevolezza che è qualcosa che trascende il tempo.
ChiaraAtomo ci troviamo sulla stessa lunghezza d’onda. Infatti Gurdjeff ad esempio sosteneva che negli uomini più colti e istruiti l'”essenza” fatica a svilupparsi. Spesso resta al livello di un bimbo di tre anni. Hanno molta personalità ma poca essenza. Distingueva bene le tipologie umane e sosteneva che per alcuni non c’era alcuna possibilità di progresso interiore, per i vagabondi cioè i componenti della sedicente “intellighentia”e i lunatici ad esempio. Mentre invece l’uomo “semplice” il “nocciolo robusto e sano della vita” che lui definiva “Obyvatel” era l’unico ad avere reali possibilità. Sosteneva che spesso l’obyvatel è disprezzato da coloro che seguono vie “intellettuali” e invece egli, uomo “concreto” e semplice è l’unico in grado da tenersi lontano dalla finte illusioni di progresso interiore e dalle chimere.
SarahChiara, secondo me saper usare il pensiero per essere lucidi non corrisponde a inseguire o perdersi nei propri pensieri. Serve a stare nel mondo e a prendere decisioni, in modo lucido per l’appunto. La conoscenza di cui parlo è quella dell’uomo altrimenti, lo ripeto, che ce ne facciamo di studiare il carattere e il funzionamento della mente, se non per rispondere a domande fondamentali sulla vita e sul suo senso? Il nazista ben educato di sicuro non era in gradi di individuare le fallacie del proprio ragionare. Se per conoscenza intendessi delle “verità” indiscutibili ti darei ragione, ma se intendi dei problemi aperti ed il confronto con una comunità di persone che non la pensa necessariamente come te ma si confronta sui metodi e mette il proprio ed altrui sapere in discussione sempre, allora non si può sottovalutare l’importanza di questo. Il pensiero e la riflessione, cioè *il discernimento*, poi, aiutano ad avere delle buone intuizioni. Quanto alla meditazione, non puoi stare 24 ore su 24 a fissare il puntino sul muro o con gli occhi chiusi, perchè vivi. E quindi, proprio per tenere i piedi per terra i problemi della vita non si risolvono se non sai pensare. Come discrimini, nelle relazioni che hai con le persone tutti i giorni, se stai vedendo quello che vuoi tu o vedi le persone per quello che sono, se non imparando a discernere e dare senso ai tuoi stessi pensieri e sensazioni, ai tuoi eventi interiori? E questo lo fai imparando a pensare a partire dall’esperienza. Faccio presente che i più grandi meditatori passano anni a studiare la mente, *anni* non giorni, oltre a praticare la meditazione. Se non hai dei criteri non vedi niente. Cioè, voglio dire, non sto parlando del pensare inteso come “farsi le seghe mentali”. A parte questo, siamo un brulichio di 6 miliardi di anime su questa terra e sta di fatto che non tutti hanno la possibiità di meditare e nemmeno sapranno mai cos’è meditazione, ne capiranno loro stessi. Non serve andare lontano, basta che pensi a qualche persone con rpoblemi vicino a te. Cosa puoi fare se non crei un contesto dove le cose siano affrontate con saggezza in modo che ci siano delle priorità? Puoi essere saggio/a se non pensi e non conosci? A cosa serve uno/a che medita se poi le sue meditazioni non servono anche a cambiare almeno il piccolo mondo attorno a sé, a prendere delle decisioni per sé e per gli altri? A cosa ti serve la meditazione se poi non pensi meglio nella vita di tutti i giorni e non sai riconoscere il valore delle cose, il loro giusto posto!?
ChiaraCara Sarah, alle volte rileggendo i nostri interventi ho l’impressione che ognuno dà alla parole una connotazione propria, secondo il proprio vissuto. Io trovo che molte cose che tu scrivi sono giuste, il punto è l’incontro tra ciò che tu dici e la “consapevolezza”. Vedi per me c’è un punto di vista assoluto e uno relativo. Nel relativo è giusto istruirsi, conoscere, parlare, pensare etc. Nell’assoluto no, nell’assoluto miri solo ad “essere”, a starci. Tu mescoli saggezza, consapevolezza con buon senso ed etica sociale. E comunque per capirci chi medita non è mica uno che sta a fissare ore e ore un puntino:)…quelli sono gli asceti che si ritirano su un monte, noi uomini immersi nella vita integriamo vita e meditazione, anzi, il meditare che significa, diciamo così, solo essere presenti a ciò che accade e a noi stessi senza “giudizio”, ci aiuta a vivere veramente e ad assaporare ciò che ci accade, senza costrutti mentali. Io credo che stiamo parlando due linguaggi diversi, perchè ciò che tu dici è ciò che comunemente viene chiamato senso comune, buon senso e che ci rende uomini inseriti in un tessuto sociale. Ciò di cui parlo io invece riguarda un percorso interiore. Tu dici “consapevolezza” ma in realtà intendi un mix tra etica, istruzione, buon senso e norme di vita. Io dico “consapevolezza” e dò a questa parola tutt’altro significato, cioè essere presenti nell’esperienza senza giudizio. Vedi per me c’è l’uno e c’è l’altro. C’è l’assoluto e il relativo. E’ solo una questione di parole, di termini. E’ importante discernere, dare senso, ma spesso è anche importante lasciar andare. Tu parli di “cambiare il proprio mondo” io propendo per arrendersi all’esperienza, nella mia vita ho imparato che noi non cambiamo proprio niente poco possiamo fare perchè poco “siamo”.Tu parli spesso in vari tuoi post di “giusto posto”, di “valore delle cose” di “cambiare il piccolo mondo intorno a sè”. Tu sembri avere tante certezze “l’uomo va educato”, “i poveri non sono consapevoli”, c’è un “posto giusto”, un certo modo di fare le cose, ecco io non mi sento in sintonia con questa modalità. Per mio vissuto, non credo di avere nè giusti modi, nè consapevolezze, ecco perchè medito. Meditando è come se mettessi da parte me, le mie visioni personali, e mi connettessi con l’Altro da me. E non perchè la mente e i suoi pensieri non siano “divini”, ma perchè scegliendo di non attaccarmi al ragionamento, esploro una dimensione dove io non sono più ma c’è tanto altro. Non so spiegartelo ulteriormente, forse ogni punto di vista è frutto dei propri singoli percorsi esperienziali. Che dirti? Ecco posso applicare il meditare anche alla nostra discussione. E’ bello scambiare, ma poi quando si comprende che si proviene da percorsi differenti, e che non esiste un’unica Verità, è bene anche lasciar andare. Cioè a livello razionale non capisco il tuo punto di vista, ma a livello intuitivo ti “com-prendo”, cioè accetto che ci siano altre visione dalla mia.
Un saluto. Chiara
Marina PieriniLo spunto tra il punto di vista relativo e quello assoluto è molto acuto e centrato. Concordo su quanto dici Chiara. Nelle mie modalità quotidiane più che meditare io scelgo di ridimensionarmi, per comprendere il tutto, quindi, anche e sopratutto “il tutto che non sono io”. L’empatia in senso sano, più che la comprensione. Ma come tu dici, si tratta di differenze che raccontano poi l’individuale, una diversità su cui è bello scambiare anche se poi ci si deve fermare. Un bacione.
SarahMolto chiaro….Chiara!!! Sì, è come hai detto tu, sto parlando di etica, istruzione, buon senso e norme di vita. Scherzavo sul meditante che fissa per ore ed ore i puntini! 🙂 … (sono un po’ burlona, mi piace provocare e farmi due risate). E’ vero che possiamo fare poco (poco è meglio di niente) e che mettere da parte sé stessi permette anche ad Altro di essere e di trovare spazio. Sono d’accordo che questa sia saggezza. Non stiamo a cavillare sul significato preciso dei termini, hai ragione tu. Dopo tutto, le parole sono solo parole e non è nemmeno possibile esprimere in modo esaustivo la propria esperienza. Mi piace molto quello che hai detto a proposito del motivo per cui mediti (tra parentesi…anche io medito ;). Ok, grazie per il bel contributo. Un bacione a te e Marina.
un atomoperchè a me niente baci:-) 🙂 🙂 ????? Ti sto antipatica???????? Scherzo…
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