HomePage › Forum › Forum ASS.I.S.E. › La ferita del tipo Otto
Questo argomento contiene 5 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Angelo 13 anni, 2 mesi fa.
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Antonio BarbatoNel corso degli incontri sulla Ferita Originaria crea spesso qualche difficoltà di comprensione una caratteristica degli Otto, che voglio cercare di chiarire. Se la parola che descrive la Ferita risulta chiara a tutti, non così appare per la mia affermazione che in essa gioca un ruolo rilevante la percezione del bambino relativa alla proprietà del ruolo giocato dall’agente autoritario. In particolare, appare non facile capire se, ad esempio, un bambino diventa un Otto se è soggetto ad atti provenienti da un’autorità che non viene percepita come veritiera o se lo diventa se è, comunque, soggetto ad atti che per la loro natura sono abusivi. La risposta è: in ambedue i casi, anche se, nel secondo caso, il bambino che diventerà un Otto resterà legato alla autorità che lo controllava. Questa verità mi è apparsa chiara leggendo diverse testimonianze di persone figli di quelli che possiamo definire come fondamentalisti cristiani. Nelle testimonianze di queste persone che non erano tipi Otto, ma, perlopiù, Sei, Quattro, Cinque, Nove ed Uno, si leggeva chiaramente che le punizioni subite erano viste come una giusta pena per aver trasgredito a qualcosa. Il messaggio dei genitori era: ti puniamo duramente perché ti amiamo, e il bambino reagiva sviluppando la sensazione di aver commesso lui qualcosa per cui la punizione fisica era preferibile a qualcosa di molto peggio, alla perdita dell’amore. Con una quasi totale assenza di empatia verso il bambino che erano stati, molti si identificavano totalmente con le ragioni del genitore e, a loro volta, ripetevano quegli atteggiamenti nei confronti dei loro figli. In alcuni casi, però, ciò non accadeva, perché il bambino aveva percepito che ciò che subiva non era il risultato di una sua azione, ma di una rabbia che aveva un’altra origine. In questi casi, inoltre, l’agente autoritario spesso non era un genitore di sangue, ma qualcuno al quale il bambino era stato stato in affido, almeno temporaneamente. In questi casi il bambino percepiva che non c’era amore in quegli atti, ma, piuttosto, la volontà di sfogarsi su di lui o di pretendere, quasi estorcendolo, qualcosa da lui. Il risultato era profondamente diverso e il bambino reagiva sviluppando un modo di sentire e di agire da Otto. In un caso, per me molto significativo, un bambino, adottato da una coppia per volontà della donna, aveva subito ogni sorta di prevaricazione da parte del patrigno, ma non aveva mai reagito pensando che quelli fossero i suoi genitori di sangue. quando, però, la madre adottiva morì, rivelandogli la verità, la vendetta del diciassettenne fu immediata e terribile e si concretizzò con una serie di violenze che portarono il patrigno alla morte per le ferite che gli inferse. Il ragazzo, dopo l’atto, ovviamente, andò via da quella casa e si avviò a diventare un feroce serial killer. spero di aver chiarito il punto e resto a disposizione di eventuali ulteriori domande.
Carla BasagniCaro Antonio,
ho letto con interesse quanto hai scritto, ma vorrei aggiungere qualche precisazione sul caso che hai riportato, anche perchè riguarda un tema che mi riguarda molto da vicino e cioè la genitorialità adottiva. Tu dici che il bambino 8 reagisce diversamente se riconosce o meno una legittimità di ruolo ai suoi genitori e fai capire che i “genitori di sangue” sarebbero percepiti come “più veritieri” da parte dei figli dei genitori adottivi. Secondo me, il nodo non sta in questo ma nell’amore e nel rispetto che i genitori riecsono a comunicare ai loro figli. Nel caso che hai riportato io trovo terribile che i genitori adottivi non abbiano informato il figlio sulla sua origine fino ai diciassette anni. Si tratta di una tremenda mancanza di amore e di rispetto nei suoi riguardi. Un ragazzo in questa condizione si sente abbandonato per la seconda volta non solo dal padre – che non gli aveva mai dimostrato molto affetto neanche prima – ma anche dalla madre, che ha tradito in pieno la sua fiducia e si è sottratta ad un preciso dovere dei genitori adottivi. Forse non tutti sanno che i bambini adottati, che lo siano a pochi mesi o già grandicelli, devono essere aiutati fin da subito ad elaborare la propria storia proprio dai genitori adottivi. Questo delicato lavoro non finisce mai. Bisogna essere sempre pronti a rispondere con la maggiore sincerità possibile a tutte le domande che il bimbo via via pone e bisogna rispondere sempre e nel modo più chiaro e dettagliato possibile, per non dare l’impressione al bimbo che ci sia qualcosa da non dire, che la sua origine abbia un che di “oscuro” e negativo del quale non si può parlare. Fortunatamente ora i genitori che si preparano all’adozione hanno molte possibilità di informarsi e formarsi in proposito. Nonostante tutto, sento ancora delle storie terribili a questo riguardo. Recentemente una signora mi ha raccontato che un’amica, mamma adottiva, aveva fatto credere al bimbo che lei e suo marito erano i genitori di sangue che l’avevano lasciato per qualche anno all’orfanatrofio e poi erano andati a riprenderselo. La signora sorrideva intenerita, raccontando questa storia, come se si trattasse di una cosa bella. Ma cosa succederà a quel bambino ed ai suoi genitori adottivi quando, inevitabilmente ,scoprirà in età adulta la verità sulla propria origine? Non gli cadrà un macigno addosso? Non si sentirà abbandonato e tradito una seconda volta?
Antonio BarbatoCarissima Carla, sono pienamente d’accordo con quanto hai scritto e, d’altra parte, io non avevo mai affermato che i genitori adotttivi, solo perchè sono adottivi, vengono percepiti dal bambino che diventerà Otto, in modo diverso rispetto ai genitori di sangue. Al contrario, proprio perché i genitori non si scelgono, capita spesso che i genitori adottivi sono molto più amati e rispettati di quelli di sangue. Non a caso io parlavo di un agente autoritario la cui legittimità era fortemente screditata dalla origine della propria rabbia. Per essere più chiari, i bambini che diventeranno Otto sentono come illegittima una autorità che li vuole, ad esempio, molto forti, ma che si rivela, essa stessa, in realtà estremamente diversa da quello che pretende di essere. I bambini capiscono che dietro alla facciata c’è dell’altro, che la pretesa di educarli alla forza cela, in realtà, una rabbia che è propria dell’autorità e non è collegata agli eventi. Nel caso che tu hai riferito credo che la signora sia totalmente inconsapevole del fatto che, agendo in quel modo, renderà il figlio debole e pieno di insicurezze profonde. Un abbraccio.
Carla BasagniIn effetti, i bambini hanno “antennine” molto sensibili e si accorgono sempre di tutto.
Un caro saluto anche a te,
Carla
Antonio BarbatoVoglio sottolineare, inoltre, che esiste unasottile differenza fra l’illegittimità percepita da un Otto e la sensazione di ingiustizia percepita da un Quattro. Quest’ultimo, anche quando diventa distruttivo, sente che la rabbia interiore è mossa dalla scarsa considerazone nei suoi confronti, il primo, invece, sente che è diventato bersaglio di una rabbia che non era riconducibile a qualcosa che aveva fatto lui.
AngeloHo letto questo intervento di una persona che non conosco, ma che ha scritto una cosa vera per me che sono un otto. mia madre voleva un figlio forte che fosse in grado di proteggerla e di aiutarla nelle sue crisi con mio padre e mi costringeva a guardare mentre lo faceva a pezzi nelle discussioni. Io non lo sopportavo perchè mio padre nopn era in grado di difendersi a causa della sua malattia e sentivo che quello che mia madre faceva era sbagliato e che lei per prima era solo una persona prepotente ed aggressiva per paura. Non mi fidavo di lei come non mi fido delle donne e non permetto mai a nessuno di dirmi cosa debbo fare o di intralciarmi con le sue scuse. In realtà anche dopo tani anni di terapia non riconosco a nessuno autorità sulle mie cose. Io dico sempre che sono fatto così, prendere o lasciare, e che nessuno mi può prendere per il culo e farla franca.
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