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Questo argomento contiene 11 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Antonio Barbato 13 anni, 2 mesi fa.
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un atomoA qualcuno va di discutere su questo tema? Per voi cos’è la solitudine? Come la vivete, e come la percepiscono i vari enneatipi? Vorrei ascoltare più che parlare…
Chiaraper molto tempo sono stata terrorizzata dalla solitudine. Temevo la morte proprio per questo, perchè per me significava sarò io da sola incontro a chissacchè…Solitudine per me era proprio essere abbandonata da chi amavo lì dove non poteva più nè raggiungermi, nè proteggermi. La solitudine era connessa a un’incapacità di base: io da sola non sono capace, non sono capace a vivere, a fronteggiare la realtà, “io da sola” significava la morte per me. Cioè sei lì ma nessuno lo sa, a nessuno importa, nessuno ti abbraccia, nessuno ti sostiene. Solitudine era anche legata a mia madre….che è morta quando avevo poco più di 20 anni ed io ero vissuta con questo “mito di madre”, questa grande madre che non potrà mai abbandonarti perchè ti ama come nessuno, la madre che poi “tradisce” non per sua volontà, ma che comunque poi va… Negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Cerco la solitudine, direi quasi che ne ho bisogno. Forse perchè “sola” non lo sono più…Sento fiducia, una fiducia grande in me, sento che c’è un mondo nelle mie viscere e quel mondo è proprio tutto, mentre il resto non sono che riflessi. Se i riflessi scompaiono resta tutto, perchè il tutto è dentro di me, sono io. Prima non sopportavo l’idea che chi mi era accanto potesse morire, ora è come se fossi più dura, cioè so che soffrirò se mai dovesse succedere, ma so anche che c’è una parte che solleverebbe il capo e si scrollerebbe da dosso ogni dolore. Perchè è la vita, perchè è così. Perchè nasciamo già soli. Eppure mai soli. Perchè non c’è proprio altro all’infuori di noi…
Marina PieriniQuesto è un tema difficile da affrontare. Ricordo che da piccola, più o meno all’età delle elementari, la solitudine era uno stato di sofferenza ma anche di evasione da un mondo che mi faceva sentire rifiutata. Era un ripiego ma anche un sollievo. Crescendo, la solitudine è stata riempita da una necessità compulsiva di amare qualcuno, anche se quel qualcuno non mi rendeva poi così felice. Mentre scrivo rifletto su quanto evoco e provo rispetto a quei ricordi e so di dire cose che suoneranno banali, ma sono vere nella loro banalità. Dunque essere sola, da adolescente significava amere senza essere riamata. Fantasticare, da sola. Amare solo per la necessità romantica ma anche ossessiva di non sentire quel vuoto. Amare per non sentirmi inutile. Poi il matrimonio. A quel punto la solitudine è diventata il rifiuto quotidiano di un uomo che non riusciva più a plasmarmi e manipolarmi per fare quanto voleva e gli faceva comodo, e che per punirmi si chiudeva in silenzi interminabili. Anni di vuoto e depressione. Da donna/madre anche se ero giovane, dunque, la solitudine significava ostinarmi a volere un rapporto con un uomo distruttivo. Poi la separazione. A 28 anni, sono rimasta sola, con un figlio di otto anni, una mamma lontana, mio padre morto da qualche anno, senza lavoro, senza nulla. Ebbene, finalmente, sola con la mia solitudine e con i miei problemi ho finalmente cominciato a vivere. Ho scoperto di saper lavorare, di non essere cretina, di poter essere una madre decente e perfino una donna capace di interessare uomini belli e divertenti. La solitudine è stata una conquista, una scoperta, uno spazio da poter finalmente riempire con me stessa e con una parte del mio potenziale che era rimasto fino a quel punto insepresso e frustrato. Devo dire che nella seconda parte della mia vita è stato necessario tirare fuori le energie più aggressive e ribaltare la vergogna sotto uno strato di rivendicazione, ma non avrei potuto fare altrimenti e non me ne dispiace. La solitudine è diventata uno spazio conquistato, che non volevo riempire con niente altro che fosse diverso da me e da mio figlio. Poi la fede. Una vita, fino ad allora, senza un amore particolare anche se sempre sognato e atteso, come un dono di babbo natale. 10 anni di amicizie, conoscenze, storicucce anche intense, d’amore, ma mai nulla di veramente profondo e poi la fede, Dio, un amore inatteso e deflagrante. La solitudine e la paura di morire si sono polverizzate nel giro di pochi mesi. La mia vita è cambiata, e non nego di aver pensato ad un certo punto di poter partire, magari quando mio figlio si fosse diplomato, di andare in posti dove avrei potuto essere d’aiuto, rinunciando all’amore di un uomo, e accettando questo dono meraviglioso che già mi era stato dato. Ma il destino, se mai esiste, a volte non è d’accordo con noi. Nel giro di poco la mia vita è cambiata ancora e qualcuno è venuto a cercarmi, riempiendo definitivamente ogni spazio del mio cuore e della mia vita col suo amore. Un amore che non lascia spazio ai vecchi demoni, che riposano in cantina. Ogni tanto qualcuno di essi mi viene a crecare e mi ricorda che la morte mi sottrarrà a coloro che amo. Da quando la mia vita è così piena ho paura di morire, paura vera. Eppure ho fede, e so che ogni cosa ha un senso e un tempo giusto. Che devo vivere e accettare tutto quanto capiterà e che posso essere felice oggi, senza bisogno di rinnovare infelicità e solitudini del passato perchè tutto quanto desidero, anch se dovesse durare un solo attimo, io l’ho avuto. Oggi la solitudine è il ricordo di una Marina lontana, una donna che appartiene al mio passato, che guardo con tenerezza e con amore, quando mi prendo un momento per me, e alla quale ogni giorno dico che ha fatto bene, che ha tenuto duro, che l’amore ha cancellato ogni ombra e che è stato una promessa mantenuta. Come dice Chiara…nasciamo soli eppure mai soli….ma io dico che altro c’e’ e ogni cosa ha trovato il suo senso e il suo tempo.
Utente Ospite:AmelièIl tema è davvero variegato, perchè io distinguo tra la solitidune patologica terribilmente dolorosa, disperante e quella fisiologica benefica, rigenerante.Anche le definizioni dettate della solitudine sono varie…secondo alcuni parametri io sono una donna sola, faccio un lavoro in solitaria anche se sono sempre in mezzo alla gente, ho tanti amici con cui sono in contatto quotidiano. Detesto sentirmi sola, ma spesso la sofferenza legata a questo stato è provocata da un’allucinazione della mente che mi spinge a stancarmi, a spingermi oltre i limiti pur di non sentire il peso del silenzio. La prima volta che mi sono accorta che la solitudine può far male è stato il 4 ottobre 1992, era domenica. Primo giorno in città da sola, in casa con estranei dopo 19 anni nel calduccio della mia famiglia. Il giorno dopo sarebbe stato il primo giorno di università..ricordo tutto distintamente. Il mio fidanzatino di allora mi accompagnò a fare la spesa, comprammo scemità, anche una pizza congelata (poi regalata a lui)..poi rimasta sola nella mia stanza inospitale, non familiare..SOLA AL MONDO..piansi tanto, di un pianto disperato ininterrotto, inutile. Dolorosa allo stesso modo è la solitudine della discriminazione per l’essere diversa dalla massa, fortunatamente l’ho vissuta confrontandomi con persone che mi stavano accanto e mi supportavano. Loro mi avevano scelta e questo mi faceva sentire un pò meglio..perchè se qualcuno mi fà male io ho la “strana” abitudine di pensare che è colpa mia..(in realtà proprio in questi giorni ho deciso che non sarà più così). La solitudine dell’abbandono è disperazione pura, che spinge anche a gesti estremi. Per fortuna…ce l’ho fatta fino ad oggi!!! Quando voglio coccolarmi la solitudine mi piace, leggere un libro, bere un bel tea caldo e profumato, fare shopping…In ogni caso sono un animale sociale e le mie caratteristiche fanno si che io senta la necessità di un’approvazione continua, di sapere che sono brava, di sapere che qualcuno pensa a me, che mi vole bene…mi sento tanto bambina.. P.S. non penso che nasciamo soli, non sono madre, ma nel momento della nascita nostra madre è lì con noi che fà uno sforzo pari al nostro, che spera vada tutto bene, che attende quell’attimo per liberarsi e per vederci, per abbracciarci e per amarci nonstante tutti gli errori che commetterà.
ChiaraMarina! Questa tua bellissima testimonianza mi è entrata dentro nel cuore e mi ha commossa tanto..Ti ho sentita vicina vicina…hai dato parole a tante cose che stavano a gomitolo dentro di me e non trovavano coraggio di farsi parole. Grazie.
un atomoIo mi sono veramente emozionata molto per tutte le vostre testimonianze, quella di Marina poi mi ha commosso profondamente. Vi ringrazio per aver accettato di parlare di un tema così intimo con tanto calore e spontaneità .
Marina PieriniIo ringrazio voi perchè in quello che avete raccontato c’è una parte di ciò che di me non ho detto. Le nostre storie sono differenti, e la solitudine si alterna nella vita di ciascuno in base agli eventi che si susseguono. Eppure io sono convinta di una cosa, che il vero coraggio alberga nel cuore e nella tempra di chi sa accettare di essere “distinto” dagli altri e di chi però non solo per questo, rinuncia a ciò che di più incontaminato e puro alberga nel suo profondo. Chi non inaridisce. Chi poi si alza e si fida di nuovo. Chi sa che può trovare qualcosa che non stava cercando, e che magari proprio in quella cosa scopre l’unica che conta. Se ognuna di noi si fosse seduta sulla propria solitudine nulla sarebbe cambiato. Se ognuna di noi avesse negato a se stessa di provare dolore, nulla sarebbe cambiato. In queste storie io ritrovo questo filo comune e so che c’e’ nel mezzo una verità comune.
Antonio BarbatoAhhhh…….Sospirone prima di lanciarmi in questo tema, che ho sempre rifiutato di trattare, eppoi…spazio al ricordo, chiaro, preciso, come se fosse accaduto mezz’ora fa e non quarantatre anni addietro. Allora, per un equivoco che non sto qui a spiegare, mi ritrovo da solo la sera verso le nove nella zona dei Tribunali di Napoli e con la precisa percezione che sono stato abbandonato senza nessun problema da mia madre, mio fratello e mia nonna. La mia casa è lontana almeno tre chilometri ed io non so come posso fare, ma la mia determinazione diventa incrollabile, debbo tornare a casa, anche se so che non mi debbo più fidare di nessuno. Ed allora piangendo dico a me stesso che c’è la posso fare, che non ho bisogno di nessuno, che posso fare a meno di chi finge di volermi bene e poi mi lascia così, e anche se il mio cuoricino è straziato le mie braccine si stringono al petto per farmi forza e le mie gambette si mettono in moto. Ho un solo pensiero in testa; io arriverò a casa a qualsiasi costo e mi farò perdonare, ma non dimenticherò quello che mi hanno fatto. Questo è quello che ho fatto allora e che per tantissimi anni mi ha fatto sentire che la solitudine era uno stato naturale, perché non ti potevi fidare veramente delle persone e di chi ti diceva di amarti. Ringrazio la vita per avermi dato una possibilità di capire quanto quella mia posizione di allora mi aveva impedito di vivere ed amare per tanto tempo! Ora il mio cuore è aperto e finalmente posso ammettere, anche a me stesso, che io non posso fare a meno delle persone che amo, che restare in un angolo a vedere la vita scorrere solo proteggendosi dai possibili tradimenti, non mi faceva stare meglio, ma solo vivere in una eterna paura.
un atomoMannaggia, antò…..questa involontaria fotografia che mi hai fatto mi fa stare male…io arriverò a casa a qualsiasi costo e mi farò perdonare ma non dimenticherò quello che mi hanno fatto. Tu ringrazi la vita io invece mi trovo in una strana posizione, c’è stata un’eccezione fondamentale nella mia esistenza ma l’ho vissuta e continuo a viverla dentro di me come una fortuna immeritata che non prova affatto che si possa aprire il proprio cuore, prova che poteva capitare in un caso su un milione, è capitato ed è finito. Perciò non potrà mai più essere. Sono un pò criptica ma sono sicura che non c’è bisogno di dire molto di più.
un atomoTra l’altro ho un’esperienza concreta simile. A sei anni ero a scuola e avvertivo un dolore tremendo che poi era un attacco di appendice, nessuno mi voleva ascoltare e nessuno mi veniva a prendere, così sono uscita dalla scuola io sola con la certezza che a nessuno importasse e con la sensazione e con la determinazione assoluta che c’è l’avrei fatta , anche se casa era molto lontana. un’ altra situazione che ha inciso moltissimo nella mia vita (solo un 4 che non dimentica può capire) è stato una volta, avevo 9 anni, ero nella stessa scuola di mio fratello, e ho assistito ancora una volta ai tormenti che gli infliggevano i coetanei, allora sono andata vicino ad uno di loro e gli ho torto il polso. La suora che aveva assistito al fatto mi scatenò contro una marea di piccoli mostri che mi picchiarono di santa ragione. Tornai a casa con la febbre a 40, e mi presi i rimproveri aspri di mia madre per aver picchiato un bambino. Non dissi nulla delle mie ragioni e di quanto mi facesse soffrire l’ingiutizia di quelle crudeltà continue verso qualcuno che non si poteva difendere. Ho preso il peso su di me. Fintamente indifferente che mi considerassero cattiva, le mie ragioni non avevano bisogno della loro comprensione. Però non ho dimenticato quello che ho imparato sulla solitudine interiore ma ho provato anche a me stessa di poter sostenere la sfida e sono convinta che tutt’oggi quando mi lancio in quelle che tu chiameresti battaglie contro i mulini a vento una parte di me pensa che nulla potrà essere peggio di quelle mazzate ricevute allora.. Ci sono stati altri episodi così,lo so è tutto nella lettura che ci ho voluto dare ma capire questo non lenisce il dolore e non ti mette in pace.
un atomoCapisci Antonio, sono passati 40 anni e se ne parlo ora sto male come se fosse successo stamattina, …..
Antonio BarbatoMia carissima Tecla, ti ho detto tante volte che fra di noi c’era una connessione fortissima, fino al punto che, certe volte, mi sembrava di leggere le parole che io stesso avrei scritto, messe giù da te. Ti dico una cosa che forse già saprai; per la memoria emozionale l’unico tempo che esiste è adesso. Ecco perché la ragione ci impiega tanto tempo a cercare di convincerci che le cose sono morte e sepolte, anche se dentro di noi la Ferita è sempre sul punto di sanguinare. Ti voglio bene………non trovo parole migliori per dirti quanto mi sento vicino a te
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