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L’attenzione

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Questo argomento contiene 27 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da  Antonio Barbato 13 anni, 2 mesi fa.

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  • #6206 Risposta

    Marina Pierini

    Caro Roberto, perdonami ma io così rimango a bocca asciutta però! Vorrei riuscire a capire cosa vuol dire per te che l’attenzione si sviluppa di più su di un istinto danneggiato. Perchè non riesco a figurarmi nessun esempio in tal senso. Forse usare, appunto, una descrizione evocativa, come quella del tennis o dello sgabello potrebbe aiutarmi. In che senso quell’istinto sarebbe stato danneggiato ( danneggiato come?) e in che modo l’attenzione che noi inconsciamente vi prestiamo ci condiziona o condiziona la nostra passione? Dai non mollare…fammi capire qualcosa… 🙂

    #6207 Risposta

    Teresa

    Guardate io credo di essere una persona mediamente intelligente, ma ho difficoltà a comprendere. Non ho ancora capito in che modo l’istinto di base che ci caratterizza, nel mio caso quello di espansione, è quello più indebolito. Cioè se io sono un 4 sessuale, quindi con l’istinto di espansione, che va verso, che vuole lasciare una traccia di sè, ecc., ecc., questo aspetto è così evidente proprio perchè sentendolo fragile, con le dovute motivazioni da ricercare nell’infanzia, io lo amplifico proprio per la paura che se non lo esprimessi avrei la sensazione di non esistere? Cioè è stato l’aspetto di me che maggiormente è stato represso nell’infanzia e per questo lo rivendico? Spero di essermi spiegata…fatemi capire per favore.

    #6208 Risposta

    Carla Basagni

    Mah, io non sono certo un’esperta delll’argomento, ma mi sembra di aver capito che, soprattutto l’istinto che ci caratterizza fornisce la risposta inconscia, non verbale, che ci viene da dare spontaneamente in risposta agli stimoli del mondo esterno. In questo senso mi sembra sia corretto parlare di attenzione verso l’istinto “ferito” o “indebolito”.
    Ad esempio il tipo 4, che ha subito l’esperienza precoce della “vergogna” è sempre tentato di tirarsi indietro, non intervenire, non far sentire la sua voce e deve quindi fare un grande sforzo consapevole su di sè per contrastare questa tendenza. Questo lo dico per esperienza personale. Nel tuo caso, invece, il fatto di aver provato l’esperienza precoce della “rabbia”, darà un’impostazione del tutto diversa alla tua personalità. Forse a te capiterà di “risentire” appunto sempre quell’antica “rabbia”, in risposta agli stimoli del mondo esterno, e di voler reagire ,di conseguenza, con un’atteggiamento più “rivendicativo”, quindi, proprio al contrario di me, cercando di far sentire di più la tua voce, di sollevare obiezioni, contestazioni, etc. Probabilmente anche tu sarai costretta a tenere a bada gli eccessi di questa tua risposta istintuale con uno sforzo consapevole…, ma dimmi tu a questo punto.
    Ciao, Carla

    #6209 Risposta

    Teresa

    Certo Carla proprio così, io sento sempre quell’antica rabbia e mi pongo rispetto al mondo con un atteggiamento polemico, rivendicativo, ecc., ma io chiedevo in che senso l’istinto che prevale è in realtà quello più indebolito? Vabbè magari ne riparliamo nel prossimo incontro.

    #6210 Risposta

    Roberto Maieron

    Per definizione, la passione è una motivazione da carenza. Ogni enneatipo vive un vuoto che riempie con la passione. L’intervento, che vuole riparare ad un problema, finisce invece per sancirlo definitivamente. Nel tentativo di recuperare l’essere, l’individuo sviluppa una passione che lo allontana definitivamente dall’essere. Cosi’ ogni persona si trova nella straordinaria condizione di ricercare di essere qualcosa soddisfando una insaziabile e naturale sete di essere. Questa spinta passionale lo struttura in una personalita’ che lo allontana definitivamente dall’essenza.
    Credo che anche questa tradizionale lettura dell’enneagramma spieghi come l’attenzione vada su qualcosa che è “ferito”. Non e’ un caso che ogni
    enneatipo sviluppi proprio quel qualcosa dove piu’ e’ debole: cosi’ l’ 1, che originariamente si e’ sentito sbagliato,determinando cosi’ la sua separazione dall’essere, ricerca la perfezione per rientrare nell’essere. Il 2
    , che si e’ sentito umiliato e privo di valore, ottiene con la superbia quell’abbondanza e quell’amore di se’ che ha perduto in origine, ecc..
    In sostanza dove ogni enneatipo nell’origine della determinazione del suo carattere ha vissuto la ferita e ha contattato un vuoto, separandosi dall’essenza, sviluppa una passione attraverso la quale sembra mostrare
    una forza e una dote che in realta’ non possiede.
    L’1 mira ad un perfezionismo che non esiste, il 2 ad un amore che non possiede, l’8 ad una forza che non ha, il 5 ad una conoscenza che non e’ la vera conoscenza, il 4 ad una autenticita’ che non e’ vera autenticita’ ecc.
    La stessa cosa, dal mio punto di vista, riguarda lo sviluppo dell’istinto. Credo in quanto dice Speeth perche’ lo sento come vero e perche’ mi sembra che i pezzi delpuzzle trovano tutti un loro perfetto incastro: l’attenzione si rivolge sempre sulla parte piu’ debole, tanto da svilupparla e farla apparentemente apparire come la piu’ forte. Mi sembra che tanto l’immagine dello sgabello con tre gambe quanto del braccio esercitato del tennista esprimano due momenti diversi della stessa questione.
    Se penso alla mia vita e alla mia infanzia, mi sembra corretta la lettura dello sviluppo del mio forte istinto di espansione come una risposta ad un qualcosa che sentivo come debole e ferito.

    Ma non volevo parlare di questo. In realta’ il tema su cui voglio tornare e’ quello dell’attenzione. In questi giorni non ho scritto perche’ ho avuto dei momenti di totale rifiuto a qualsiasi forma di concettualizzazione. Mi sembrava che se solo scrivevo o pensavo qualcosa avrei solo tirato fuori immondizia e parole senza senso. Questo comunque lo sento per tutte le forme di concettualizzazione. Io sono il primo a cercare di distruggere quello che dico. Pero’ non ho altri strumenti per riuscire a spiegarmi.
    Ora quel malessere mi e’ un po’ passato e mi e’ ritornata la voglia di riparlare dell’argomento. Ne parlo come mi viene.
    Non voglio spiegare che cos’e’ l’attenzione, pero’ posso proporre qualche immagine per spiegare come funziona. L’attenzione puo’ essere conscia o inconscia. In realta’ anche quando e’ inconscia e’ conscia, solo che normalmente non siamo coscienti di essere coscienti.
    Qualsiasi attivita’ noi ci troviamo a svolgere, in qualsiasi momneto della giornata ci troviamo, noi non siamo veramente presenti, non siamo nel qui ed ora. Se fossimo nel qui ed ora saremmo nell’essere e ci rtroveremmo in una condizione estatica. In realta’ la nostra attenzione non scompare nell’attenzione stessa, cancellando tutto quello che non e’ reale, ma e’ sempre su una molteplicita’ di oggetti. Sicuramente avete avuto l’esperienza di andare da qualche parte, in macchina o in bicicletta e di non ricordarvi che cosa avete visto e fatto nel corso del tragitto. In voi vi era un’attenzione superficiale, ai semafori, al rispetto della segnaletica, al comando del mezzo che stavate utilizzando e un’altra attenzione, piu’ intensa, rivolta ad un problema, ad una cosa da fare , ad una preoccupazione ecc. L’attenzione si sviluppa sempre su di un processo incompleto: una cosa non detta, una rabbia trattenuta, una ferita di cui non si e’ preso coscienza, un qualcosa che si sentiva di dover fare e non si e’ fatto, ecc. Sono miliardi i processi sospesi dentro di noi, che prendono la nostra attenzione. L’attenzione poi ci chiede l’utilizzo della nostra energia, prima psichica e poi fisica. Questo significa che l’attenzione determina un enorme utilizzo di energia. Energia che noi tra l’altro utilizziamo per mantenere in un enorme stato di tensione la nostra psiche e il nostro corpo, in quanto l’infinita’ di processi sospesi che succhiano la nostra attenzione rimangono confinati dentro di noi e dentro il nostro corpo .
    E’ inutile infatti che spieghi come sia di straordinario sollievo vivere una catarsi od esprimere qualcosa che e’ stato lungamente represso. Potremmo scoprire che anche solo una parola non detta ad un nostro amichetto a 4 anni, rimasta detro di noi, ha determinato un blocco energetico, perche’ una parte della nostra ttenzione (iinconscia ) e’ rivolta anche a quello.
    La nostra attenzione e’ comuqneu per lo piu’ rivolta all’esperienza e alla conseguente catena di fatti, situazioni, avvenimenti collegati, della nostra ferita originaria. Quella che ha determinato la nostra passione , quella che ha determinato la nostra fissazione cognitiva, quella che ci spinge a mantenere l’attenzione sui nostri meccanismi difensivi.
    L’attenzione rivolta al mantenimento di una struttura psichica determina l’utilizzo di una enorme quantita’ di energia.
    So che e’ cosi’ perche’ l’ho sperimentato. Molti anni fa ho vissuto l’espoerienza che in realta’ io “stavo tenendo tutto” e non volevo lasciare nulla perche’ avevo paura di perdermi. Lasciando perdere tutto e “morendo” ossia abbandonando la struttura della personalita’, ho visto la naturalita’ del mio essere e la stupidita’ pazzesca che avevo mantenuto fino al momento di quell’espewrienza. L’immagine del macigno che cdi portiamo dietro e che abbracciamo perche’ in lui abbiamo la nostra sicurezza e’ un’immagine di esperienza e non di riflessione o intuizione.
    E’ come se tuttin i venissimo trasportati da un fiume (il fiume dell’essere)
    ma facessimo resistenza a questa verita’, volendo che le cose siano come vogliamo noi, come vuole la nostra struttura caratteriale. Il fiume pero’ procede lo stesso, ora tranquillo, ora impetuoso e ci trasporta comunque.
    La nostra resistenza e’ una resistenza illusoria. E mentre il fiume ci porta, noi ci aggrappiamo a noi stessi, ci irrigidiamo, facciamo forza per resistere, resistere, resistere. Che stupidita’!!! Crediamo di non essere coscienti di questo, ma in realrta’, nel profondo, lo siamo. Siamo perfettamnte coscienti. E’ l’attenzione quindi la vera radice del male. La vera radice della nascita della personalita’. Il senso di separazione nasce con l’attenzione, insieme. Uno non puo’ essere senza l’altro. Non c’e’ attenzione se non c’e’ la difficolta’ originaria con la conseguente reazione.
    La cura radicale e’ quella di spostare l’attenzione. Toglierla dalla passione e dalla fissazione e spostarla su di altro. E’ la ragione per cui la meditazione viene introdotta nell’enneagramma come elemento terapeutico: perche’ puo’ sospendere per pochi attimi l’attenzione dalla struttura psichica dell'”io”. La questione vera allora e’ la seguente: spostare l’attenzione veramente non e’ facile. Da quello che vedo di tante persone che si spacciano come persone spiritualmente evolute, in realta’ non spostano veramente l’attenzione, credono solo di farlo. Alimentano in un altro modo, con un’altra modalita’, spostando l’attenzione su di un’altra gamba su di un altro livello come dice Marina, l’ego. Lo rafforzano.
    Solo chi ha un maestro interiore vero, si rende conto se con la sua attenzione sta alimentando la sua struttura caratteriale o se la sta energeticamente sempre piu’ smontando.
    Ecco, ho detto quello che pensavo. Se ci sono cose che non sono chiare
    mi piacerebbe parlare a tu per tu.
    Un ultima cosa: voglio dire all’egregio Pulitore di Scale e alla sua compagna che ogni tanto mi vengono in mente con l’immagine di loro due
    insieme, che sento molto affetto per loro e che quella cosa e’ molto piu’ vera di tutte le scempiaggini che ho scritto qui sopra.

    #6211 Risposta

    Marina Pierini

    Carissimi tutti, questo fine settimana siamo impegnati con un seminario su enneagramma e cinema e i preparativi hanno assorbito tutto il nostro tempo e la nostra “attenzione”. Non avevo quindi notato i vostri ultimi interventi e me ne dispiaccio. Rispondo ora, rapidamente anche se le cose da dire sono veramente tantissime e dovrò tornarci sopra se vi va. Volevo dire a Carla che la sua interpretazione non è del tutto corretta. In qualche modo questa risposta mi collega ad alcune affermazioni fatte da Roberto, che interpreta e cerca di anticipare un lavoro sulla ferita che ci porta a conclusioni differenti rispetto al discorso, seppure molto logico, che lui ha fatto. Io credo che dovremmo misurare molto le parole ed il loro profondo significato. Non parliamo di ferite e debolezze, non facciamolo fino a quando non saremo arrivati al capolinea. Io vi porgo questo invito perchè a certe rivelazioni bisognerebbe giungere senza preconcetti da destrutturare al momento opportuno. Ci si costringerebbe ad una doppia fatica che poi genera confusione, come leggo fra righe e interpretazioni sugli istinti. Volevo dire che l’istinto non indebolito, non fragile, non ferito ma dominante del 4, tende a far emergere la reazione che il 4 ha rispetto alla propria passione. Dunque contraddico Carla e ti invito a rovesciare specularmente la tua deduzione. Se un 4 reagisce e si manifesta mediante la vergogna è perchè il suo istinto sociale è più forte degli altri istinti ed è maggiormente corrotto dalla vergogna (moto passionale) che diviene la reazione più forte rispetto alla rabbia o alla tenacia. Spero di riuscire a farti capire dove sei in errore. Diversamente ci tornerò su, fammi sapere. A Roberto chiedo solo una cosa, perchè devo avere tempo e relax per rispondere decentemente… 🙂 Roberto non credi che in certe tue riflessioni all’attenzione si dovrebbe sostituire la parola “vigilanza”? Essere vigili ha un significato molto diverso e più centrato, in certi passaggi, che non essere attenti. Sappi comunque che la stima e l’affetto sono ricambiati e che ci auguriamo tu abbia voglia e possibilità di completare questo viaggio con noi. Sarebbe un peccato se non fosse così…dopodichè ….puoi distruggere quanto ti pare quello che avrai ascoltato!! Promesso! 🙂 a presto…e buon fine settimana a tutti voi!

    #6212 Risposta

    Roberto Maieron

    Purtroppo Marina, e tu lo individui bene nel tuo intervento, le parole sono molto limitate e si lasciano sempre interpretare. Si sa che quando A non riesce a spostare il suo oggetto comunicativo nella coscienza di B il risultato
    e’ una forte sensazione che l’oggetto gli sia rimasto in mano e la consegna non riuscita, con conseguente senso di frustrazione ed impotenza.
    L’impotenza e’ una forma meno evidente di rabbia. Anch’io ora vivo con te questo sentimento di impotenza ma ho mentalmente molto riguardo (non uso la parola attenzione perche’ non lo e’) a non farmi coinvolgere, senza pero’ neppure reprimerlo. C’e’ qualcosa in me che lo guarda . Non e’ la mente, non sono dei pensieri, non e’ una vigilanza.
    E’ come se l’impotenza con tutti i meccanismi tipici del cinque (senso di incomprensione, impulso conseguenziale all’isolamento e al ritiro, aggancio
    a una infinita’ di situazioni simili ripetutisi un’infinita’ di volte nella mia vita, sfiducia verso l’altro, impulso ad essere completamente indipendente sotto tutti i punti di vista..) non avesse presa su di me. E’ come se una trappola esistente da sempre scattasse a vuoto. Questa “cosacheguarda” e’ l’attenzione. Per comprenderla bisogna fare degli esercizi specifici che ci faciano comprendere come l’attenzione non abbia nulla a che fare con la mente. Con questo veramente concludo il mio intervento, perche’ la parola “casa” non ha nulla a che fare con il suono di quella parola, ne’ con l’oggetto reale indicato da quella parola.

    #6213 Risposta

    Marina Pierini

    Carissimo Roberto, per la prima volta da quando ti leggo, sento che provi qualcosa di molto vicino al dolore, più che frustrazione, rispetto al pacchetto che come tu dici, è rimasto nelle tue mani. Forse sbaglio, perchè non si tratta di un dolore vivo come lo proverei io, ma c’è comunque qualcosa che me lo trasmette, se vado oltre la superificie del tuo scritto. Forse ci vorrà tempo perchè io riesca a cogliere il senso più preciso di quanto cerchi di dirmi. Forse ci capiremo meglio se dovesse capitarci di riparlarne da vicino, senza gli ovvi ostacoli di un forum…vorrei però dirti che ci sono due modi di vedere questa cosa. Nel primo, tu puoi limitarti ad osservare che l’altro non è raggiungibile e che quel dono è rimasto nelle tue mani e fermarti a questo. Il secondo, è che puoi andare oltre la necessità della comunicazione, e scoprire che l’altro, che ti ascolta e ti risponde e non va via, c’è ad un livello superiore. Se l’altro c’è con l’intenzione di accoglierti, quel pacchetto non solo, in fondo, è stato consegnato, ma è avvenuto qualcosa di molto più vero, profondo ed importante. So che per te l’ascolto dell’altro ha un valore particolare, ma ti chiedo di non permettere ai piccoli demonietti che si agitano in tutti noi, di farti confondere il non ascolto con la non comprensione tecnica di un argomento. Non so se riesco a spiegarmi, ma sono, almeno per me, due cose veramente diverse. Il non ascolto pone dei limiti precisi e frustranti. E’ sfiducia. La non comprensione concettuale, pone dei limiti momentanei e superabili ed è fiducia nell’altro. Quello che conta è l’intenzione che ci muove. E io ci sono e ti ascolto. Un’idea mi è balenata mentre ti leggevo…hai letto l’articolo sull’autosservatore pubblicato sulla rivista interna? Se non lo hai fatto, vorrei che tu lo leggessi e mi dicessi se in quell’articolo vi sono spunti che possano aiutarci a comunicare meglio….io aspetto, perchè ho fiducia …..e la fiducia non è solo mia 🙂

    #6214 Risposta

    Antonio Barbato

    Caro Roberto, mentre nei giorni scorsi leggevo il tuo intervento, una folla di pensieri mi si presentavano alla mente e, in questi casi, so che non c’è cosa migliore che io possa fare se non distaccarmi e lasciarli posare. In questo modo posso farmi permeare sia dal contenuto emozionale che da quello intellettivo di una comunicazione, ponendomi, per così dire, in una posizione di non trattenimento di una singola osservazione. Questo stato richiede che, come la posa del caffè turco nella tazzina, vi sia un po’ di turbinio e poi il sapore si distribuisca uniformemente, quindi, che passi un po’ di tempo prima che senta di rispondere. Parto, per affinità, dall’esprimerti il piacere che la tua manifestazione di affetto ha suscitato in me. Ho sentito che era forte ed autentica e, proprio per questo, la ho percepita come un dono che era bello ricevere e ricambiare. Molte delle cose che hai scritto andrebbero commentate ad una profondità che mal si concilia con la struttura di un forum. In verità la tua posizione sull’attenzione sembra ribaltare sia la tradizione spirituale, che ha sempre sostenuto che è l’inattenzione, definita anche come noncuranza o inavvertenza, una delle radici che concorrono a produrre i meccanismi dell’ego, sia il continuo suggerimento a fare attenzione a distinguere ciò che è vero da ciò che è solo meccanicità, proprio delle scuole che Gurdjieff scimmiottava. Molto, tuttavia, dovrebbe essere detto a questo proposito e lo faremo da vicino o a voce. Voglio solo farti riflettere sul fatto che dai per scontato qualcosa che, invece, deve essere oggetto di riflessione: che reputi la passione ( e, quindi, l’ego di cui è parte fondamentale)come prodotta da una carenza. Spero tu voglia darmi credito del fatto che conosco abbastanza bene la teoria di Ichazo (quella di Almaas è solo una mera divulgazione in salsa Osho/derviscia dei concetti già espressi nelle opere di Ichazo), per non sapere la sua spiegazione della nascita dell’ego come risultato della perdita di una qualità essenziale, e spero pure che tu possa permettermi di esprimere chiaramente che trovo poco convincente questa teoria metafisica. Un’ultima notazione: non mi convince l’ipotesi che l’istinto predominante sia quello maggiormente danneggiato, per il semplice motivo che se in un essere vivente un istinto fosse veramente danneggiato, quell’essere morirebbe quasi immediatamente. Con affetto il tuo Pulitore di Scale che qui qualcuno chiama anche il Capitano

    #6215 Risposta

    Roberto Maieron

    Cari Marina e Antonio, apprezzo moltissimo la delicatezza dei vostri interventi
    e mi ha fatto molto piacere sopratutto “sentirvi”. Quel dolore che tu dici percepire MArina è vero, è reale, ma è legato ad un qualcosa che non sono assolutamente in grado di spiegare ne’ di concettualizzare. E’un malessere molto profondo che non è legato al contingente ne’ tanto meno alla relazione personale, che io metto sempre al primo posto. Se c’e’ poi una cosa che ritengo assolutamente stupida e’ mettersi a discutere su delle idee o su dei concetti. Tutte le idee, tutti i concetti sono sbagliati. Anche questa e’ una concettualizzazione, mi rendo conto, e forse è proprio questa che non riesco ad abbandonare.
    Per quanto riguarda le mie idee sull’attenzione, ci ho lavorato sopra cosi’ tanti anni che mi posso considerare un vero e proprio esperto. Tutta la tradizione spirituale sbaglia completamente nella sua posizione. Il bello e’ che sono arrivato a questa scoperta esperienziale proprio seguendo la tradizione spirituale Bisogna stare attenti a non confondere l’attenzione con la mente o con la coscienza. Sono due cose completamente diverse.
    Nisargadatta e UG per esempio dicono le stesse cose che io ho vissuto in maniera esperienziale. Io ho solo assaggiato lo zucchero, ma il sapore mi è rimasto in bocca.
    Per quanto dici tu Antonio non posso che ascoltarti con interesse e registrare tutto quello che dici. La tua esperienza e la tua competenza sono per me di grande evidenza. Tuttavia, non posso negare le verita’ che sento e le esperienze che ho fatto nei Sat (e nei miei lavori precedenti). Quelle mi dicono cose diverse. Per questo sono con la teoria metafisica in modo intero.
    Puo’ essere che un giorno viva delle esperienze che mi ristrutturino certe idee sull’enneagramma. Una persona che conosco, che conduce corsi da anni sull’enneagramma e che ha fatto diversi Sat, dice delle cose tanto diverse dalle mie quanto diverse dalle tue.
    Non dico mai che e’ sbagliato. Il suo percorso esperienziale gli ha portato quelle verita’. E su quelle lavora. E a quelle crede. E io non dubito assolutamente che siano vere. Cosi’ faccio io. Non posso negare la mia verita’, la verita’ delle mie esperienze, altrimenti negherei me stesso.
    Come non potrei negare la verita’ e le esperienze degli altri. Altrimenti negherei proprio loro. Cerco di non sostare su dei contenuti : “panta rei” diceva quello. Altrimenti finisco per impantanarmi su me stesso, autoreferendomi. Rimango quindi completamente aperto a quanto tu con grande competenza possiedi. Vi abbraccio con tutto me stesso.

    #6216 Risposta

    Marina Pierini

    Caro Roberto, forse l’entità e la complessità di un argomento di cui riesco a cogliere solo lembi sfilacciati, è nemica al forum e dunque non mi preoccupa assolutamente il rimandare ad un luogo più appropriato questo scambio. Vorrei dirti una cosa però, che ha a che fare con quello che io emozionalmente ho percepito. Ho letto in quello che è accaduto il tuo dolore, e da quello, ho ricevuto una conferma dell’affetto sincero che hai inteso esprimerci. Non è casuale la tua “reazione”. Non mi ha sorpresa dal punto di vista cognitivo, anche se non sono abituata al mondo dei 5, se non nel mio teorizzare. L’esperienza diretta mi colpisce e devo dire mi sorprende non poco, dunque. Apprezzo la tua schiettezza e il tuo non voler rispondere quando non sai cosa ti accade e perchè, o quando senti la difficoltà del doverlo comunicare. Ricevere sempre una risposta mi spinge talvolta a diffidare della genuinità di certi sentimenti. Devo confessarti con onestà, perchè la meriti, che spesso, da quando io ed Antonio ci vogliamo bene, mi sono sentita coinvolta da frasi affettuose e moti di simpatia che raramente ho sentito sinceri. Voglio dire che, in qualche modo, nella migliore delle ipotesi mi sentivo coinvolta perchè vicina all’oggetto di interesse ed affetto, che è Antonio, e non veramente destinataria di un pensiero sincero. L’ho accettato perchè so come va il mondo e ad esso appartengo e non mi sconvolge scendere a patti con la natura delle persone, perchè umana sono anche io. Tuttavia, quando abbiamo letto il tuo intervento abbiamo esitato a rispondere. Per gratitudine pudica, io direi. Certo, abbiamo avuto pochissimo tempo per farlo, ma ci hai commossi e colpiti col tuo slancio al punto tale da averci bloccati in una sorta di stasi, non imbarazzata, ma di immobile e grato piacere. Non avevo, personalmente, bisogno di conferme. Non avevo pensato ad una cosa “detta così per dire”. Tuttavia il tuo comportamento poco dopo, dunque il tuo dolore, che tu non riesci a spiegarti e che so non ha a che fare col contenuto dei post, mi ha convinta, se possibile, che il tuo affetto e la tua stima sono qualcosa che senti sinceramente. Io so cosa ti è accaduto. Permettimi di confessarlo. Ho visto in movimento qualcosa che ho capito. Lo capirai anche tu se lo vorrai, perchè è una cosa possibile. Ma questo non è argomento da trattare qui. Al di là di tutto questo, il tuo affetto e la tua stima non cadono nel vuoto, e per questo ripeto, a volte il dono che noi crediamo non aver consegnato è solo l’illusoria allucinazione del nostro ego, che ci impedisce ci sperimentare quanto di vero accade, oltre il pacchetto, oltre la mano, oltre quello che l’ego vuole percepire…quanto il valore. la verità delle cose, non sia dove tendiamo a cercare ma altrove. L’abbraccio è ricambiato 🙂 a presto..

    #6217 Risposta

    Chiara

    Ho letto con grande partecipazione i bellissimi interventi di un argomento che ho sentito molto.
    Vorrei dire la mia opinione, anche se cercherò di farlo in punta di piedi con sollecitudine per non sentirmi fuori posto…per non rischiare di sciupare quello che c’è stato in queste righe, così bello, vero e delicato.
    Ho sentito molto tutti i punti di vista quello tuo, Roberto, quello tuo Marina, quello tuo, Antonio e non sento ci sia dicotomia tra ciò che dite…anche se apparentemente sembrerebbe…
    L’attenzione e l’inattenzione sono per me due facce di una stessa medaglia… Concordo con Roberto, quando parla di attenzione e che l’ego nasce da un convergere l’attenzione su, ed è vero anche il richiamo di Antonio che giustamente ribatte che tutte le tradizioni spirituali definiscono la nascita dell’ego un processo di “distrazione” quindi disattenzione…
    Sono solo parole ma io sento in me che ogni mia “inattenzione” nasce da un'”attenzione” focalizzata su altro.
    Esperienzialmente sento il discorso dell’attenzione di Roberto. Anche perchè quando l’attenzione converge sull’essere, solo all’inizio c’è attenzione, poi si dissolve, e siamo al di là di attenzione e disattenzione.
    Quindi l’attenzione per me è un catalizzatore, una specie di processo neutro, da cui si diparte sia la distrazione che ciò che definiamo attenzione.
    Anche sull’origine dell’ego: l’origine metafisica la vedo un pò come l’alter ego di quella prettamente fisica e viceversa.
    La ferita originaria che è una cosa evidente che ho sentito molto, magari può riflettere la perdita di una qualità essenziale, perchè no…
    Io credo molto nella presenza di due punti di vista: l’assoluto e il relativo. Non sono in contrasto tra loro, si completano.
    Ciò che è assoluto assume altre sembianze nel relativo, ma sono riflessi di una stessa luce. E poi c’è la coesistenza di mille relativi che sono i raggi apparentemente di colori diversi, ma che uniti danno tutti il bianco.
    Un caro abbraccio affettuoso a tutti.

    #6218 Risposta

    Antonio Barbato

    Temevo molto che la discussione finisse per trasformarsi in uno scambio di opinioni e, si sa, le opinioni sono come dei chiodi, più ci si batte sopra e più si fissano. In realtà esiste in questo discorso un sottofondo di vissuti e di esperienze che porta ogni partecipante a guardare, come l’enneagramma ci insegna, la realtà da un certo punto di vista. Nel mio discorso era evidente l’intenzione di far rilevare che l’attenzione viene spesso posta a ciò che è inessenziale, o, per dirla in termini buddisti, sull’eternamente mutevole e che questo atteggiamento non è di attenzione, ma di disattenzione. Roberto ritiene che ciò sia errato, perché vede l’altro lato del processo, e considera che la propria esperienza personale lo ponga in condizione di vedere meglio l’intera espressione. Ovviamente, come lui stesso diceva, questo è porre la propria attenzione su un fenomeno interno, in questo caso la sua nous o logos individuale, e, di conseguenza, distrarsi. In merito alla origine metafisica dell’ego, ammetto di essere un po’ prevenuto verso molti di coloro che indossano le vesti di una falsa spiritualità per colorare di umiltà le vesti del proprio ego, come diceva Massimo il Confessore. L’arroganza intellettuale di cui io pure sono vittima, la vedo molto spesso in azione proprio in coloro che meno la vogliono vedere in se stessi. Ho conosciuto troppe persone che, per dirla con Gurdijeff, sono degli hanasmuss, per non diffidare di certe manifestazioni che sono semplicemente la copertura dei desideri e delle avidità più grossolane dell’ego. Non si tratta di credere in una scuola o in un’altra. Io sono un empirico, e fra una soluzione che implica l’intervento di qualità non osservabili in natura e una che, invece, utilizza quello che si può sperimentare ripetutamente e, di conseguenza, cambiare, preferisco la seconda. Badade bene che non nego l’esistenza di qualità sottili e che apprezzo molto l’ego proprio perché, se cerchiamo di capirne il senso, esso ci pone davanti alla domanda fondamentale della nostra esistenza che è: quale è il senso della nostra esistenza. Se Roberto sarà dei nostri quando lavoreremo sulla sua Ferita, avrà la possibilità di comprendere meglio il perché della sua reazione al messaggio, apparentemente distratto, di Marina che tanto lo ha turbato. Io questo lo so e lo posso osservare, ma se mi dite che questo si è prodotto perché ha perso un senso divino della sua esistenza, allora non ho più altro di cui poter parlare. Vi saluta con tanto affetto il vostro Pulitore di Scale, che qui chiamate anche Capitano o, come preferisco, semplicemente Antonio.

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