HomePage › Forum › Forum ASS.I.S.E. › L’eleganza del riccio- Viaggio nelle maschere del Cinque
Questo argomento contiene 20 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Marina Pierini 13 anni, 2 mesi fa.
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Luca BrunAntò, bello essere d’accordo!!!
Sul libro in francese era una battuta ma non del tutto perché mi pare di ricordare che il tuo francese era abbastanza buono, almeno la pronuncia.
Ripensando al film e alla ragazzina sono arrivato alla conclusione che è proprio un 5. Il fatto di nascondersi e guardare il mondo attraverso una videocamera lasciano ben pochi dubbi. Si, c’è anche da considerare il suo lato artistico. Questo si può spiegare a livello di ala 4.
Come sempre quando si da il tipo a qualcuno noi cogliamo certi aspetti nella persona e tendiamo ad amplificarli per farli rientrare nella nostra idea.
Un abbraccio a te, Luca
Carla BasagniHo letto in vacanza “L’eleganza del riccio” e vi ringrazio di avermelo segnalato: l’ho scelto proprio perchè ne avete parlato qui. Premetto che non ho visto il film.
Siete proprio certi che la portinaia Renée sia un Cinque? Come si spiega, allora il suo lato emotivo profondo e vulnerabile, quello che non lascia vedere a nessuno e che la porta a commuoversi fino alle lacrime guardando un film o leggendo romanzi come “Anna Karenina”, a gustare le intense emozioni estetiche che le danno non solo le “Nature morte” di Pieter Claesz, ma perfino la qualità tattile ed il colore della carta in cui sono avvolti i biscottini che mangia assieme alla sua amica Manuela, quando prendono il té? E poi l’Amore Impossibile anche da immaginare con il regista giapponese, il modo in cui lui scopre la personalità profonda di Renée attraverso una serie di indizi sottilissimi, svelando un’anima di pari sensibilità e raffinatezza, tutto questo non vi sembra molto nelle corde del Quattro? Secondo me anche il regista giapponese, infatti, è un Quattro, almeno nel libro. Come Cinque vedrei di più la ragazzina, l’arroganza intellettuale in lei mi sembra particolarmente evidente.
Antonio BarbatoCara Carla, che piacere rileggerti! Perché Renèe è un Cinque e non un Quattro? In primo luogo perché il suo modo di esprimersi è quello di usare delle maschere di circostanza (l’indaffarata, la stupida, la scontrosa) per potersi meglio tenere in solitudine, inoltre, perché i suoi contatti umani sono sempre molto freddi, a distanza, si potrebbe dire. Anche i quadri che predilige, come tu hai notato, sono delle nature morte molto rigorose e quasi minimaliste, qualcosa che è più nello stile di un osservatore distaccato che non di un compartecipe. Come nota giustamente Palòma lei è una che sa come nascondersi, che sceglie volontariamente di tenersi il più possibile a distanza per potersi godere tutto un suo mondo di pensieri e riflessioni interiori. In ultimo non occorre pensare che un Cinque sia incapaci di sentimenti, anzi, bisogna ricordare che tutti ne siamo capaci, ma che cerca assolutamente di non farsene trascinare sentendo che sono un penoso fastidio e questo è quello che la buona Renée fa in ogni parte del libro.
Marina Pierini…aggiungerei che nel film (il libro non l’ho ancora letto) lei va in crisi quando l’inquilino che la corteggia per qualche giorno stranamente interrompe le visite e non la chiama. A quel punto fa una cosa che è tipica dei 5, quando lui dopo alcuni giorni torna a bussare a casa sua lei si rifiuta di vederlo…si “ritira” e dice una cosa simile a “tanto è tutto inutile”. In qualche modo viene fuori la sua totale sfiducia nella possibilità di essere amata ed amare, e l’avarizia la spinge verso la sua tana rassicurante, per non “spendere” inutilmente energie in attese e sentimenti che sicuramente non porteranno a nulla. In un 4 invece la speranza avrebbe avuto la meglio e l’attesa sarebbe stata presto dimenticata di fronte al rinnovato interesse dell’uomo. Il fatto che il film finisca proprio quando qualcosa dentro lei scatta, lei evolve e si decide a viverlo quell’amore, in quell’ultimo inconsapevole momento della vita…significa tutto. E’ proprio la sua scelta che rende tutto diverso. Il commento alla fine del film, infatti, ci invita a riflettere quanto, nell’attimo in cui moriamo la domanda veramente importante sia “cosa stavamo facendo in quel momento” e non cosa abbiamo fatto in passato. Lei stava amando. Aveva deciso di correre il rischio, a costo di depauperarsi di ogni energia. Non so se nel libro questo momento sia reso con la stessa efficacia del film, ma credo che un 4 non avrebbe avuto certamente bisogno di tanti tormenti per decidersi ad amare, visto che l’amore è ciò che il 4 desidera ed ama desiderare tutta la vita…semmai avrebbe amato di slancio per poi soffrire di un amore che non risultava come quello che si aspettava :-)…l’insoddisfazione sfascia anche l’amante più diligente! baci a tutti..
CarlaCarissimi, la fine di Renée, nel libro, colpisce in modo sconcertante,proprio come se il furgoncino della tintoria travolgesse anche il lettore assieme alla protagonista! Si’, certo, si colgono, in quel momento, tutti i sentimenti che ha descritto Marina, anche nel libro. Personalmente, mi sono arrabbiata con la scrittrice, che ha fatto arrivare il suo personaggio fino a quel punto e poi, nel momento in cui aveva finalmente deciso di aprirsi alla vita, l’ha fatta morire. Capisco che, con quella fine, acquista maggior significato anche il dolore della sua vita da “riccio”, così abilmente descritta ma, insomma, perchè chiudersi in una visione così tetra dell’esistenza? Secondo me, nella vita, può esistere una seconda possibilità.
Ciao! Carla
Marina PieriniIo credo che non vi siano altra crudeltà che la morte e il nostro infliggerci strade sempre uguali, che ci imprigionano in dimensioni sempre uguali. Anche io sono rimasta scioccata quando Renèe è morta e mi ci sono volute ore per accettare riflessioni “altre”. Ma la morte è così…e il film ci sfida e sfida la sensazione sempre presente in noi di essere immortali. La Noncuranza…la Dimenticanza…sono due infami demoni che ci assopiscono e ci fanno dimenticare la paura della fine. Il film è un ceffone. Un invito perentorio a non dormire, perchè noi potremmo non concederci mai alcuna occasione e morire all’improvviso senza aver accolto alcuna sfida. Invece viviamo pensando di avere tutto il tempo, di avere ogni occasione, di poterci pensare su chissà quanto. Renèe invece lo ha fatto. Si è svegliata. Tanto conta, con quella gioia ha lasciato la vita…quanti di noi possono dire lo stesso?
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