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Questo argomento contiene 6 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Marina Pierini 13 anni, 2 mesi fa.
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Utente Ospite/CarlaE’ morto Mario Monicelli, un grandissimo “osservatore” del mondo, lucido, ironico e disincantato, a cui, da buon Cinque, non piaceva “essere osservato”.
Del Cinque aveva l’aspetto fisico, così esile e leggero, l’aria sempre molto giovanile – anche alla sua veneranda età-, l’espressione degli occhi intelligente, spesso “divertita” e gentile. Quando sono arrivata al lavoro, ieri, ed ho ascoltato le opinioni dei miei colleghi sul suo terribile suicidio, ho sentito che era stato interpretato, perlopiù, come un gesto di affermazione, di forza, anche di “critica sociale”, in base alle ultime interviste che Monicelli aveva rilasciato. A me invece sembra completamente il contrario. Leggo sui giornali, in questi giorni, che il grande regista viveva da solo in un piccolo appartamento di 50 metri quadri, “dotato di ogni comfort e sempre pulito”, ….la sua “tana”, ho pensato, ricordandomi di quello che ha detto Antonio descrivendo il Cinque del sottotipo “tana”, appunto, che, se non ricordo male, è il Cinque di conservazione. Allora ho immaginato a come deve essersi sentito perso quando è stato ricoverato, solo e malato, questa domenica, nel reparto di urologia dell’ospedale, fuori dalla sua tana, il suo “pensatoio”, dove si sentiva protetto e difeso, in un certo qual modo, pur nella condizione di malattia. La sera di lunedì, infatti, si è suicidato, buttandosi dal quinto piano dell’ospedale. Senza i suoi confini, quelli della sua piccola “tana dotata di ogni comfort”, gli sarà sembrato di perdere se stesso e di essere improvvisamente solo, piccolo e vulnerabile come…un mollusco privo del guscio…Forse – ho pensato – se l’avessero lasciato “spegnersi” a casa sua, forse, se lui stesso avesse accettato la presenza di qualcuno e non si fosse chiuso nel suo isolamento -come sappiamo che un “Cinque” in estrema difesa è sempre portato a fare – avrebbe potuto morire in maniera più dolce…
Antonio BarbatoCara Carla, grazie di un’analisi perfetta ed empatica alla quale non saprei proprio cosa aggiungere. A differenza di altri sottotipi del Cinque, infatti, quello di conservazione si identifica di più coll’ambiente limitato nel quale vive e che funge da guscio e nido di protezione. Quando deve uscire dal quel nido gli sembra di perdere, a livello ontologico, lo stesso senso di se stesso ed il vuoto diventa dilaniante. La tua considerazione finale mi sembra un eccellente esempio di quanto possa essere utile conoscere l’EdT.
Marina PieriniConcordo con le tue riflessioni. Anche io sono rimasta turbata dalla violenza della sua scelta, ma ho pensato comunque ad un atto frutto di disperazione e solitudine piuttosto che ad un’affermazione da “grand viveur” che compie un atto eclatante per distinguersi da chissachi….mi viene anche in mente quanto, dietro la sua cinepresa, riprendendo le vite e le morti di tanti personaggi si sia trovato comunque impreparato di fronte a quello che è il demone più temuto da tutti e forse da un 5 ancora e ancora di più. E’ amaro in ogni caso uscire dalla vita con tanta violenza, ma forse chissà …se in quella solitudine non voluta, che io direi “estranea” le emozioni e le paure non sono diventati compagni insopportabili e troppo invandenti, tanto da preferire una fuga disperata e definitiva…
CarlaCari amici,
purtroppo negli ultimi tempi, il grande regista era anche diventato cieco, l’ho saputo ieri dai giornali. Quello che dice Marina sull’irrompere insopportabile di emozioni e paure in questo tratto finale della sua vita, credo abbia avuto il suo peso, nella fuga incontro alla morte, ma anche il fatto di non poter più vedere…chissà come dev’essere stato duro per lui, un grande “osservatore” del mondo, essere privato proprio della vista. Credo che Monicelli si identificasse fortemente con la sua attività di regista, che ne avesse quasi “bisogno”, per così dire, e non potesse farne a meno, tant’è vero che ha diretto il suo ultimo film sulla guerra di Libia nel 2006, cioè a più di novant’anni. Ho letto che il suo primo film l’aveva girato nel 1932, a soli 17 anni. E’ stato letteralmente tutta la vita dietro la macchina da presa e… meno male, se pensiamo alle tantissime opere indimenticabili che ci ha regalato e che potremo sempre rivedere. Se penso che anche alcuni dei più grandi attori del cinema italiano, come Sordi, Gassman e Tognazzi, devono il loro successo in gran parte proprio a lui e ai personaggi che lui gli aveva fatto interpretare..
Marina Pierini…mi viene appunto da pensare alla cecità esteriore come ultima chance di guardarsi dentro. Ma ognuno di noi decide se vivere o fuggire i propri demoni fino all’ultimo respiro. Mi chiedo come mai non ci fosse nessuno assieme a lui, come mai si legge che fosse così solo….
Utente OspiteA me sembrava più quattro sessuale che cinque…
Marina PieriniSarebbe interessante, caro utente ospite, che tu però ci fornissi delle spiegazioni in merito alle tue conclusioni. In fondo questo forum è un luogo in cui ci si può scambiare percezioni, riflessioni e conoscenze proprio su questo tema. Lanciare un numero come su di un tavolo verde rischia forse di rendere sterile qualunque riflessione o possibilità di reciproco arricchimento…che ne dici di approfondire un pò?
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