HomePage › Forum › Forum ASS.I.S.E. › Non ti muovere: viaggio di un Sei nel suo delitto
Questo argomento contiene 31 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Sirenella 13 anni, 1 mese fa.
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Antonio BarbatoAvevo promesso di parlare diffusamente del personaggio di Timoteo e del perché, a mio avviso, è decisamente un tipo sei, ma poi, preso da mille cose da fare e da un periodo di bioritmi calanti, non ho mantenuto la promessa. Svolgo, pertanto, adesso alcune considerazioni così come mi vengono, basandomi sulla memoria e sulle emozioni che il libro ha suscitato in me e senza andare a citare letteralmente frasi o colloqui. In primo luogo è chiara fin dal titolo l’impostazione generale dell’andamento del romanzo. Timoteo ha commesso un delitto, non tanto quello dell’odiosa violenza iniziale, quanto, piuttosto, quello di aver e sempre badato a se stesso per difendere il suo stato sociale e l’apparenza del mondo in cui vive, ed ora è minacciato di pagare il fio delle sue colpe, sta sotto il probabile castigo di perdere l’unica persona al mondo che veramente sa di amare. Il suo personaggio è strettamente imparentato con l’oculista Judah di Crimini e Misfatti e chi ha visto il film di Allen, forse ricorderà che ne ha gli stessi atteggiamenti, lo stesso travaglio, la stessa implacabile lucidità mentale, gli stessi pensieri. Il “Non ti Muovere” non è solo un infantile ricordo connesso alle paturnie della mamma di Timoteo, ma è una catena che lo inchioda al ricordo di Italia, dato che è lo stesso ordine che ha rivolto a lei e, nella sala di attesa, rivolge idealmente alla figlia. Un altro elemento totalmente Sei, e non conciliabile assolutamente col Cinque, è quello della ricerca del contagio, dell’ambivalenza di Timoteo, dell’attrazione/repulsione che sente verso il diverso, il degradato. Ciò è evidente non solo nell’episodio dell’incontro col barbone/ubriacone, ma sin dall’inizio del racconto perché Timoteo non si sente attratto dalle grazie di Italia o dalla sua attrattiva, ma, al contrario, dal suo essere diversa, da quell’aspetto sgangherato, volgare, indifeso, insignificante, che lo fa sentire sicuro. Come dice lui ad un punto del romanzo, e la cosa mi è rimasta impressa per il suo profondo senso di svalutazione implicita dell’altro, di considerazione sprezzante per “l’infima quotidianità di Italia”, “ho scopato con nessuno”. Quanto forte in lui sia il senso della possibile punizione per il crimine commesso, si può vedere bene anche nelle proiezioni a tutto spiano che fa quando vede i carabinieri in ospedale o quando si auto convince (ma nessuna parola conferma la sua supposizione) che la suocera con uno sguardo solo gli abbia letto in mente e abbia capito il suo segreto. Un altro tratto del tutto evidente è la sua vigliaccheria, che si interconnette con la sensazione che le persone non sanno veramente chi lui sia, alternata controfobicamente a momenti di furente rabbia ed aggressività. Anche la paradossale scena dell’aereo, motivata apparentemente da una crisi di ansia fobica, ci racconta come, nel fondo di Timoteo, ci sia, sempre, come il fantasma del padre assassinato che blocca a lungo Amleto, la paura per quello che può accadere all’improvviso, la certezza di un Sei che tutto il mondo dovrebbe fermarsi e conformarsi a quello che lui prova. La paura è una compagna costante di Timoteo e si manifesta in mille volte durante il romanzo, sotto forma di idea di quello che potrebbe accadere a lui e sotto forma di punizione in arrivo. Potrei aggiungere altro, ma mi fermo qui, limitandomi a dire che questo personaggio mi è risultato veramente sgradito.
ElisabettaQuando lessi il romanzo ricordo che provai un impatto forte per il personaggio di Timoteo e mi colpì proprio la sua cruda descrizione degli altri, il suo modo di togliere ogni velo al pudore, di dissacrare in modo impietoso ogni persona ed ogni gesto. Eppure mi sono chiesta tante volte come ha fatto la Mazzantini ad entrare in un personaggio dalla mente così lucidamente contorta, pensando come pensa un uomo, soffrendo come soffre un uomo. Il romanzo è tutto al maschile, è la descrizione di tre donne fatta attraverso l’occhio, la mente, gli istinti ed i ritmi di un uomo descritto senza omissioni e senza alcuna menzogna, ogni istinto e sentimento viene attraversato dal protagonista nella sua lotta interiore e svelato per ciò che era… paura, vigliaccheria, amore e rabbia e nonostante non sia riuscita ad amarlo non l’ho nemmeno odiato. Nella sua volgarità, nelle frasi e nei gesti qualche volta osceni ho visto tanta parte di umanità, come mi fossi immersa in un mondo dietro un mondo, nell’animo di un uomo che sa di essere ciò che è, che riconosce la sua bassezza e l’incapacità di poterne uscire, come un dannato che emerge con dolore dall’inferno cercando ispiazione e perdono.
ElisabettaDimenticavo che il chiarimento e la spiegazione sul comportamento di Timoteo è stata illuminante e ti ringrazio Antonio. Quando riusciamo a vederci chiaro tutto sembra impovvisamente tanto semplice e facilmente comprensibile. Mi torna in mente un’altra frase in cui egli dice più o meno che da bambino a dispetto della madre sputava nel piatto per provare a se stesso il suo caraggio con la conseguenza poi di sentirsi ancora più solo. La trasgressione, più che mai, è vissuta come prova di coraggio, come strumento per vincere e attaccare la paura. Non ho visto molto in lui l’attacco e l’accusa tipica del 6 controf., perchè egli sembra più concentrato verso il proprio se’ che verso proiezioni esterne, ma in effetti la proiezione ed il sospetto legato all’accusa sono presenti quasi sempre anche se poco evidenti.
SirenellaGrazie Anto, ripercorrendo il libro effettivamente trovo tutto quanto dici anche se su qualcosa, ovviamente, non concordo. Non e’ che non concordo sulla tua interpretazione, ma sento molto il disagio di quando un personaggio e’ presentato prima su un libro e poi su uno schermo. In effetti io mi sento molto influenzata dal film, perche’ l’ho visto due volte, prima di leggere il libro. Quindi trovo che molte delle caratteristiche Sei di Timoteo, alle quali ti riferisci, sono descritte nel libro, ma non compaiono nel film. Credo sia per questo, che io mi sono fatta un’idea differente di lui. La scena in ospedale e’ talmente e clamorosamente ispirata a “delitto e castigo” che voglio sperare sia una sorta di omaggio alla grande letteratura :-)…ma per l’appunto non c’e’nel film e questa paura che accompagna Timoteo nel libro e’ meno forte nel film…diciamo che passa piu’ il suo ironico impietoso disprezzo per se stesso e per gli altri, che lui vede senza pudori e veli…per il resto sono d’accordo, anche con Elisabetta…e’ incredibile come la Mazzantini sia riuscita a percepire il mondo con uno sguardo cosi’ crudemente maschile. Timoteo e’ crudo e antipatico nel libro, ma nel film passa di lui qualcos’altro, legato evidentemente alla personalita’ di Castellitto che ne ha saputo trasmettere il lato piu’ tremendamente umano, secondo me… 🙂 infine aggiungo che nel film non ricordo se Timoteo e Italia dicono: siamo tutti un po’ criminali in fondo no? Timoteo ha commesso i suoi di crimini, ma c’e’ anche Italia che col suo aborto non ha fatto di meno, senza parlare di Elisa che pur di tenersi il marito si fa mettere incinta, insomma, penso che nessuno ne esca pulito…forse solo la figlia che riprende insonsapevolmente i fili e le colpe di ciascuno di loro, e che salvandosi li libera dal senso piu’scadente dei loro “crimini”, celebrando una vita che era divenuta importante per coloro che le erano attorno…cancellando il peggio insomma, non so se mi spiego, e salvando il senso dell’amore che attraverso lei li aveva tenuti vivi. Non so se mi spiego…
Sirenellap.s. l’ho scritto due volte che non so se mi spiego, scusate ma sono reduce da una giornata di dolori e influenza 🙂 perdono se sono stata ripetitiva…
Marina MeleCaro Antonio. Sono molto ammirata dalle tue chirurgiche descrizioni, puntuali, taglienti quanto profonde. Sono ammirata dal fatto che si porti nella giusta luce la responsabilità di un personaggio che anche a me è risultato sgradevole molto più nel libro che nel film dove, comunque, la bravura degli attori rende più accessibile il senso di quanto si descrive.
Sono colpita positivamente che vi sia apertamente misura e coerenza su un personaggio maschile a bilanciamento circa le tanto discusse figure femminili.
Per quanto io abbia appaludito alla straordinaria recitazione di Castellitto (che meravigliosamente riempie lo schermo con queste sensazioni violente implosive ed esplosive intermittentemente) per me, il personaggio della Mazzantini, rimane un essere difficile da accogliere che personalmente sento spregevole proprio perchè, nell’essenza della mia opinione, si può permettere cose violente su ogni piano in ogni direzione per la bella soddisfazione di analizzare i propri traumi mai consapevolzzati. La mancanza di consapevolezza, ahimè uno dei tratti più determinanti nel riconoscimento di un 6, sempre secondo il mio parere. Mai come questa volta mi sento totalmente allineata al tuo pensiero.
Vi mancava un pò la mia passione? eccola di nuovo!
Marina MeleScusate volevo precisare che la consapevolezza è spesso presente come tema nei tratti di un 6, molto più che in altri. Non è dei 6 di tutto il mondo. Molti lavorano proprio su questa fragilità incontrandola e riconoscendola e ne escono imparando a “disattivare” questo automatismo seppur con passaggi necessari e talvolta complessi. Solo per precisare e prevenire e non per spostare l’attenzione di quanto di più importante si è detto in questo post. Aribacioni
Marina MeleCara Elisabetta. Tutta presa da quanto Antonio mi aveva travolto nel suo dichiarato ho perso una parte importante. Anche io mi sono spessa chiesta come mai la Mazzantini abbia così ben descritto un uomo di quel genere. Ricordo che il mio ex compagno aveva trovato libro e poi film entusiasmanti e io avevo provato repulsione rispetto a questo suo modo di leggere la situazione. Che dire?
ElisabettaInfatti è stato sorprendente il fatto che una donna sia riuscita ad entrare nel mondo maschile con tale realistica descrizione di gesti e pensieri , così come la Penelope Cruz è entrata nella psiche di Italia così bene da rendersi irriconoscibile. Questo è il mistero ed il miracolo dell’arte, la capacità di vivere, sentire e di esprimere un mondo interiore sconosciuto nel quale ci si deve immergere dimenticando se stessi ed il proprio vissuto. Non dico che tutti gli uomini pensano con le stesse modalità e gli stessi parametri usati da Timoteo ma sicuramente il pensiero maschile è simile, cioè diretto, razionale, logico, senza filtri, più isintuale e legato a forze pulsionali che nella mente di un uomo secondo me arrivano dirette alla coscienza ed al pensiero senza tante censure o castrazioni.
Marina MelePossiamo immaginare di tutto e di più nel rapporto Mazzantini/Castellitto?…visto che sono marito e moglie.
SirenellaWow…a me Castellitto piace molto…sia come uomo sia come attore, e credo che la Mazzantini sia tosta abbastanza da sostenere una relazione con un uomo che effettivamente sembra molto virile ma poco avvezzo al romanticismo. Nel film “il grande cocomero” pero’ era molto tenero…chissa’ 🙂
Antonio BarbatoItalia, invece, mi ha devastato. La sua vergogna presente in ogni circostanza, il suo sentirsi un soggetto di minor diritto, mi hanno fatto risuonare modalità profonde dell’infanzia di un Quattro che, ancora oggi, mi provocano rabbia e voglia di ribellione…poi dice perché i Quattro possono essere così aggressivi pur di non provare di nuovo la vergogna 🙂 🙂
Marina PieriniL’avvocato del diavolo ti chiede pero’: quando Italia ha l’opportunita’, malgrado tutto, di poter avere un figlio, da amare e dal quale essere amata, frutto di una relazione seppur tormentata che lei vive suo malgrado forse, ma cosi’ fortemente…e decide di abortire perche’ non puo’ avere l’uomo che desidera (o almeno non intende fidarsi abbastanza da aspettare) e lo punisce distruggendo il seme che germoglia dentro di lei…e’ davvero solo vittima? Una donna che uccide il proprio figlio per vendetta, per sfiducia, per rabbia, per rivendicazione…e’ davvero cosi’ solo vittima? Davvero la vita si e’ accanita su di lei? O anche lei in fin dei conti si e’ accanita sulla vita?O forse ha ragione Timoteo, quando le dice, alla fine siamo tutti un po’ criminali? Chi di questi protagonisti esce veramente intatto da questa storia? (Non e’ un giudizio nei confronti di chi vive questo tipo di scelte, sia ben chiaro, e’ di un libro che stiamo parlando, ci tengo a ricordarlo.)
Antonio BarbatoQuesta tua ultima precisazione, cara Sire, è quanto mai opportuna. Se Italia avesse rinunciato al suo bambino per una delle cose che hai detto tu, sarei più d’accordo con te, ma il fatto è che Italia ha perso ogni speranza di essere amata, questo è quello che più mi dispiace, e per questo fa il sacrificio estremo, rinunciando a quello cui più tiene (ricordati la scena in cui lei prima di entrare in clinica si lascia andare sull’asfalto), ad auto punendosi con un atto che, in quelle condizioni infime, significa solo lasciarsi andare verso la morte.
Marina PieriniMi dispiace ma non sono d’accordo. Italia potrebbe anche aver perduto ogni speranza di essere amata da Timoteo, ma sta punendo il figlio, che l’avrebbe amata e sta punendo anche Timoteo per aver preferito il figlio della moglie, al loro. Se lei avesse nutrito la speranza di essere amata da qualcuno, in quella vita cosi’ miseranda, avrebbe compreso che avere quel figlio a dispetto di tutto le avrebbe dato in parte l’amore che la vita le aveva sempre sottratto. Avrebbe compreso il dono prezioso di amore e speranza che la vita le aveva offerto. Tu sai bene che e’ cosi’. Perche’ non vedi quanto lei sia stata vendicativa e distruttiva? Italia diventa carnefice: “perche’ se non posso averti, sono disposta a punire e distruggere, anche un figlio innocente che mi cresce in grembo, e che mi avrebbe amata e chiamata madre a prescindere dall’esito della relazione”. Quando lei sviene sull’asfalto, lo fa perche’ in fondo il figlio lo vuole tenere, per un attimo quella vita conta piu’ di lei e Timoteo. Timo la soccorre, si sente in colpa per averle chiesto di abortire e la porta via. Non dimenticare che lei abortisce dopo, dagli zingari, quando lui non lascia la moglie come le aveva promesso e le dice vagamente e vilmente che la moglie e’ malata e deve rimandare quella scelta. Italia poi raccontera’ a Timoteo di averlo visto proteggere il grembo della moglie da un’auto che parcheggiava bruscamente accanto a lei, e di aver capito da quel gesto che aspettavano un figlio . La scelta di Italia e’ vendetta Anto… 🙂 anche se poi e’ la causa della sua morte, perche’ spesso la modalita’ di vendetta di un 4 si ritorce contro di lui come un boomerang.
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