HomePage › Forum › Forum ASS.I.S.E. › Quale è il fine di imparare l’Ennegramma dei Tipi Caratteriali??
Questo argomento contiene 48 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Antonio Barbato 13 anni, 2 mesi fa.
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Antonio BarbatoHo letto tutti i vostri interessanti interventi che hanno elevato, e di molto, il tono emozionale di questo thread, anche se, a mio avviso, hanno un pò perso di vista il tema che si stava discutendo. Visto che sono stati sollevati tanti temi molto sensibili, cercherò di intervenire seguendo una linea di condotta volta a mettere in evidenza solo alcuni aspetti di valore generale. In primo luogo voglio dire che sono molto dispiaciuto del fatto che a partecipare siamo sempre gli stessi e, perdipiù, tutti dello stesso tipo, per cui questo discorso finisce per essere una sorta di monotipo, piuttosto che di un’analisi per enneatipi. D’altronde, se gli altri non vogliono intervenire….peggio per loro…. A me sembra che il primo punto che occorre chiarire sta nel comprendere che l’Insoddisfazione è un problema per il Quattro perché è il suo tema cognitivo dominante. Intendo dire che tutti gli esseri umani possono provare insoddisfazione per qualcosa, questo è normale, ma che solo nel tipo Quattro la mente si orienta a vedere esclusivamente solo quello che non va bene, quello che sembra promettere una pienezza che poi non si consegue mai. Come avete scritto in molti interventi questa è una conseguenza della Ferita Originaria del Quattro, tuttavia, una delle cose che più mi colpisce, ogni volta che si parla di questo, è la mancanza di empatia verso il bambino che siamo stati. L’adulto di oggi si lamenta per il fatto che sente la carenza, la mancanza di amore, l’infelicità, ma non riesce minimamente a pensare che lui (l’adulto cioè) e solo lui può dare al sé bambino quella accoglienza incondizionata, quell’incoraggiamento e quell’accettazione che il bambino non ebbe. Un’altra trappola è quella dei momenti in cui, per compensazione, perché è solo una compensazione temporanea, si sente di essere in armonia con sé stessi, che diventano, poi, la pietra di paragone sulla quale misurare con amarezza il fatto che non ci si sente più così. Anche questa è una eco della Ferita Originaria che impone il confronto con un sé ideale che ci si incolpa di non incarnare. Avete fatto spesso ricorso alla metafora della casa vuota ed io ora, riprendendo l’intervento di Carla, vi voglio chiedere: se quella casa non è resa calda ed accogliente, se non raccoglie e trasmette la pienezza di un nido, se non è il rifugio sereno in cui riposare e trovare calore, come può risultare accogliente per il bambino interiore che noi, e solo noi, possiamo e dobbiamo fare sentire amato?? In merito al lutto ed alla sua elaborazione non posso, ovviamente, dire nulla. Posso solo chiedermi e chiederlo anche a voi, se è peggio aver amato ed aver perduto o non aver mai conosciuto l’amore e, quindi, nemmeno la sensazione di perdita. Io, personalmente, preferisco e credo che preferirò sempre la prima opzione!!!
un atomoL’anno scorso in una giornata di meditazione con un gruppo ho avuto un’esperienza veramente intensa, che mi fa molto piacere condividere con voi, perchè ha rivestito molta importanza nella mia vita concreta. Ci era stato richiesto di contattare il bambino che è in noi. E’ stata una cosa bellissima. Mi sono vista su una spiaggia solitaria, guardavo il mare ed ero piena di energia, di gioia e di curiosità intensa per tutto quello che mi circondava, correvo e giocavo. Ad un certo punto si è avvicinata una donna matura in abito lungo che iniziava a giocare con me,a rotolarsi nella sabbia, insieme, ridevamo, e io sentivo un’accoglienza calda,gioiosa,una risposta alla mia voglia di vita, un’accettazione incondizionata. Alla fine mi salutava , e io avevo la sensazione che non sarei mai stata più sola. La donna matura ero comunque io. Vi assicuro che è stato molto emozionante. Non è la prima volta che mi è capitato di vivere esperienze del genere in ambito meditativo, e sono sempre state fondamentali per fare emergere contenuti importanti. Una è stata anche una visione premonitrice, ogni tanto la ricordo, perchè contiene la strada che sto percorrendo. Sull’ultima cosa che hai detto preferisco non esprimermi. E’ sempre una questione di punti di vista o di cosa si sceglie di voler vedere.
Carla…mi hanno rubato “l’accesso alla tenerezza”, dice Atomo…Questa è l’osservazione che mi ha fatto più impressione nei vostri interventi ed è proprio il “punto chiave” dei Quattro, secondo me. Personalmente, ho passato quasi due anni, dei tre che sono insieme a mio figlio, a piangere di nascosto ogni momento in cui lui non se ne accorgeva (perchè era addormentato, o perchè stavamo vedendo insieme qualche spettacolo per bambini, nel buio della sala), perchè riuscivo a vivere finalmente con mio figlio, la sensazione della tenerezza, fatta di esprienze non verbali dolcissime e vermante “balsamiche” per l’anima. Credo di aver pianto tutte le mie lacrime di “tenerezza finalmente trovata” ed anche di rimpianto per la perduta “tenerezza” non vissuta, a suo tempo, dal mio “bambino interiore”. In quest’ultimo anno mi sono un po’ calmata e questa cosa non mi succede più…meno male!
Antonio BarbatoHo dimenticato ieri di ricordare le parole di un grande maestro sufi, per cui lo faccio ora: “La felicità non è la soddisfazione dei nostri desideri, ma la scoperta della meraviglia della nostra esistenza”. Baci.
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