HomePage › Forum › Forum ASS.I.S.E. › Quanti enneagrammi, pizzuto D’Artagnan???
Questo argomento contiene 65 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Chiara 13 anni, 2 mesi fa.
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Antonio BarbatoCaro D’Artagnan, in uno degli ultimi colloqui tu hai osservato che tendo a dare, a quelli che seguono i miei seminari, una impostazione ben precisa che, in qualche modo, è il risultato di una mia specifica visione della comprensione prima, e dell’insegnamento dopo, dell’edp. Quello che in qualche modo mi hai, implicitamente, più volte chiesto è, in realtà, da quali esperienze e conoscenze nasce quella visione. Credo che oggi valga la pena di rispondere alla tua domanda, anche se in modo necessariamente limitato, per cercare di comunicare in modo chiaro quella che è la filosofia del Percorso Formativo dell’ASSISE e per rispondere a qualche curiosità al riguardo. Per fare questo debbo raccontare anche come ho imparato la materia e quali metodi mi sono stati insegnati. In realtà io conobbi le leggi dell’Uno, del Tre e del Sette prima ancora di sapere che esistesse qualcosa che si chiamasse enneagramma delle personalità (edp), grazie ad alcuni vecchi signori molto amanti dell’esoterismo (ma io, all’epoca, ero molto giovane e non me ne fregava molto), e, in particolare, della lettura esoterica della Divina Commedia e dei testi gnostici. Solo molti anni dopo, leggendo i testi di Gurdijeff, cominciai a fare uso di certe nozioni ed a capire che esse erano il risultato, nel bene e nel male, di una tradizione e di una ricerca che quei vecchietti avevano condotto, abbastanza vanamente, per lunga parte della loro vita. Quando conobbi l’edp tramite i corsi di Claudio Naranjo, restai colpito dall’aura di segretezza che vi regnava. Occorreva firmare un impegno a non divulgare al di fuori del gruppo le nozioni che venivano insegnate, anche perché, ci era detto, c’erano in corso cause legali fra l’ideatore di quell’insegnamento Oscar Ichazo, ed alcuni non meglio precisati plagiari che avevano rubato, distorto e diffuso senza il consenso di Ichazo o quello di Naranjo (dal quale, sempre secondo quando ci veniva detto, avevano imparato la materia che lui poteva legittimamente insegnare). Per tutto il tempo che partecipai a quei corsi (in quattro distinti anni), mi sforzai allora di mettere per iscritto tutto quello che io e miei compagni riuscivamo a ricordare. Alla fine ero riuscito a mettere insieme un paio di manoscritti ed a conoscere undici diversi edp che mi sembravano, data la totale carenze di notizie dell’epoca, descrivere un percorso nel quale, però, percepivo vi fossero dei buchi. Mi decisi, allora, a chiedere aiuto ad un amico che viveva negli USA e gli chiesi di farmi avere, se ci riusciva, qualche pubblicazione di Ichazo o, ma lo credevo impossibile, qualche pubblicazione sul tema. Immagina il mio stupore quando mi mandò due grossi volumi di due diversi autori, un paio di pagine di giornale e tre libri di Ichazo, e immagina, ancor più, lo sbalordimento quando lessi che Ichazo, fra una dichiarazione della sua illuminazione auto affermata ed un’altra, dichiarava che esisteva un set di 108 enneagrammi. Tralascio di dirti quali pensieri e quali idee mi feci in quei giorni (ma l’esperienza vissuta da qualche comune conoscente può aiutarti a capire), e ti dico solo che, da buon Quattro di conservazione, sentivo che dovevo a tutti i costi implementare la mia conoscenza per sperare di ottenere quello che con Naranjo non avevo potuto provare. La sfida fu davvero difficile, perché la scuola di Ichazo sembrava non far filtrare assolutamente alcuna informazione all’esterno, ma, alla fine, come recita un famoso proverbio sufi, c’è sempre qualcuno che dice, in totale confidenza, qualcosa a qualcun altro che, a sua volta, lo racconta a qualcun altro. Così, dopo una accanita e lunga ricerca, trovai alcune persone che ebbero la voglia ed il coraggio di passarmi un certo numero di dati su quel mondo così segreto che l’amico Sterling, dal quale io però non ho avuto alcuna informazione, dichiara essere più chiuso e censorio della Corea del Nord. In ogni caso, nonostante il fatto che nessun allievo potesse all’epoca prendere appunti o registrare audio cassette, riuscì ad avere una certa mole di conoscenze (una sessantina di diversi enneagrammi, più una trentina di altri simboli, chiamati chiavi o sigilli, parti di un unico disegno), che mi sembrarono però, col passare del tempo, sempre più essere fumose e di quasi nessun utilizzo pratico. La mia perplessità era grande, perché io ancora credevo che per poter conoscere ed applicare davvero le profondità dell’edp occorresse possedere una specie di manuale dei manuali, un insieme di notizie (possibilmente scritte) alle quali far ricorso per capire davvero le potenzialità del sistema. Fu solo quando ebbi la ventura di conoscere un amico di etnia araba ma di fede cristiana, che mi presentò ad altre persone, che la mia comprensione si arricchì di un nuovo e decisivo elemento. Il succo dei discorsi che mi furono fatti era semplice: la comprensione non nasce dal possesso di una traccia scritta, ma dall’osservazione accurata di quello che hai dentro e davanti. Come mi fu detto una volta, la conoscenza delle passioni è scritta sulle facce delle persone che osservi, nel loro odore (metaforicamente parlando), nella modalità con la quale si aumenta o si rallenta il battito, e non sulla carta. Impara a riconoscere e capirai che ciò conta non è il dettaglio ma il nesso, non il filo ma la trama. La conoscenza che non è attualizzata attraverso la carne e il respiro non è conoscenza, ma mera ripetizione di simboli vergati da altri, che ti fanno essere più un pappagallo, una maschera, che non un vero interprete. Solo allora mi si schiarì la vista della mente e mi resi conto che, in realtà, io non riuscivo a vedere in azione in me stesso nemmeno quello che io, in prima persona, avevo teorizzato. Compresi, pertanto, che per applicare davvero un sistema come l’edp non mi occorrevano dati scritti, ma l’esperienza diretta e personale di quello che quelle nozioni lasciavano in me. Per farmi meglio comprendere con un esempio, potrei dire che quello che serve veramente è l’esperienza di tendere l’arco ed incoccare una freccia, dello scarto della mano sotto sforzo (il famoso pexas da cui deriva la parola peccato), e non il possesso di un manuale che spiega come sono fatte le frecce e in che modo funziona un arco. Ecco perché io, per mia didattica costante, non do quasi mai tracce scritte a chi partecipa ad un incontro, ma mi aspetto che le persone cerchino di trarre da se stesse il meglio delle esperienze che fanno, in un quadro di riferimento che mi sforzo di rendere il più possibile chiaro. Ho voluto condividere con te e gli altri amici del forum queste riflessioni, perché so che il Percorso Formativo non può essere veramente compreso, se non vi è questa fondamentale linea guida, e spero che questo possa permettere a tutti gli interessati di avere un dialogo più definito sui temi ai quali ho accennato. A questo punto credo proprio che sia il caso di salutarvi tutti con una strambata e di appropinquarmi agli scogli sui quali c’è la mia bella sirena. Il Capitano.
Bruno Ordonselliscritto o orale che importanza ha? bisognerebbe parlare al “cuore” della gente.risvegliare passioni sopite .condividere secondo me è la parola magica
Utente OspiteInteressante ricostruzione, sig.Barbato. Le volevo chiedere se ognuno degli enneagrammi di cui lei parlava era riferibile ad una qualità psichica e se volese parlarne un poco anche in via riservata. Grazie per quello che vorrà condividere. Valerio Speziale
Utente Ospite:Ameliè…la conoscenza delle passioni è scritta sulle facce delle persone che osservi, nel loro odore (metaforicamente parlando), nella modalità con la quale si aumenta o si rallenta il battito, e non sulla carta. Impara a riconoscere e capirai che ciò conta non è il dettaglio ma il nesso, non il filo ma la trama. La conoscenza che non è attualizzata attraverso la carne e il respiro non è conoscenza, ma mera ripetizione di simboli vergati da altri, che ti fanno essere più un pappagallo, una maschera, che non un vero interpete.
Che bello tutto questo concetto, che belle parole…me le sento cucite addosso! Grazie Antonio
Utente OspiteAttenzione Ameliè! “La conoscenza che non è attualizzata attraverso la carne e il respiro non è conoscenza, ma mera ripetizione di simboli vergati da altri, che ti fanno essere più un pappagallo, una maschera, che non un vero interpete”. E’ vero. Ma anche il percepire “solo, e ripeto solo, attraverso la carne e il respiro” non è conoscenza. La via di mezzo è sempre la migliore.
ChiaraSono d’accordo in ogni punto con il tuo discorso, caro Antonio, e a questo proposito mi sento davvero di ringraziarti di cuore per questa indimenticabile esperienza. Conoscere l’enneagramma è stato per me qualcosa di fondamentale, una chiave di lettura completa e potente del mondo e soprattutto di me stessa. Finalmente sento di incominciare a vedere, si disvela il senso e il nesso e come hai detto tu partendo da dentro, da me. Su questa strada sento di aver appena iniziato a muovere i passi, perchè è una continua scoperta dove non ti stanchi mai di guardare di cogliere, di sentire. E credo che tu sia a mio avviso un insegnante prezioso che con umiltà, saggezza comprensione e generosità ci ha fatto un dono che ognuno di noi ha ora la possibilità di far crescere e fruttare.
Caro utente ospite scusa se mi intrometto ma ho sempre l’impressione che alcune volte si scelga di concentrarsi sul particolare spaccando il capello senza cogliere il senso profondo, l’essenza. E’ ovvio che la conoscenza è quello e quello, non mi pare che il senso fosse di esclusione, solo che la conoscenza a mio avviso intellettuale è la prima ed è facile incontrarla mentre quella “attualizzata attraverso la carne e il respiro” è lo step successivo. Solo allora la conoscenza diventa “vivente”.
Utente Ospite/Lo sveglioCara chiara, sono io l’utente ospite. Scusate se non ho firmato. La precisazione l’ho fatta perchè secondo me le cose che a qualcuno possono sembrare ovvie e chiare per altri potrebbero non esserlo. A te sembra ovvia questa cosa e quindi il capello ti sembra spaccato in 4 anche a me sembra ovvia ma conosco persone che rifiutano totalmente la conoscenza intellettuale a favore dell’approccio “carne ed il respiro” ed in particolare questo accade soprattutto alla triade degli enneatipi di azione.
Marina PieriniCari Chiara e LoSveglio….mi sento di esprimere un’opinione a tal proposito solo perchè Chiara mi ha anticipata, non per altro, in realtà anche io credo che il messaggio scritto da Antonio sia eplicito, chiaro e approfondito, per cui ritengo che precisare come hai fatto tu LoSveglio un pò ha dato la sensazione (che noi 4 spesso diamo) del voler spaccare il capello in 4, concentrandoti su di un particolare che non compromette il senso generale e molto chiaro del discorso. Anzi, di più, sembra che tu abbia reagito di impulso all’intervento di Amelie…e non so se a torto o a ragione, forse siamo noialtri che non comprendiamo necessità di chiarimenti utili per voi e magari a noi occulti. Insomma, anche io penso che onestamente non era necessaria quella precisazione, quanto invece una risposta circa quello che il Capitain ha voluto farci comprendere. In questo periodo si parla spesso, anche proposito del corso di Firenze, della didattica, della teoria, delle schede su ogni enneatipo, dei libri di testo degli insegnanti e così via….onestamente anch’io avrei appoggiato un sistema un pò più tradizionale con testi di riferimento che potessero “unificare e semplificare” lo studio e la visione degli enneatipi e di tutto il percorso su cui lavoriamo. Ma ho dovuto ricredermi. Antonio ha perfettamente ragione. Non serve a nulla pappagalleggiare conoscenze se poi non si è in grado di annusare un enneatipo o anche semplicemente capire quando in qualcuno è scattata la molla dell’autoriconoscimento autentico oppure se quella persona girovaga tra un tipo e l’altro senza aver capito in maniera “fisica” oltre che intellettuale dove si parla di lui e dove no. Ho ascoltatodi recente la testimonianza di un autoriconoscimento che è avvenuto a distanza di 3 anni di studio. Finalmente questa persona, piena di informazioni teoriche ma priva fino ad oggi di un’esperienza più profonda, ha “sentito e riconosciuto” i suoi meccanismi e a sua detta ha compreso finalmente di essere nel giusto nella sua identificazione perchè ha successivamente provato sensazioni di stanchezza, turbamento, ma anche sollievo. Se un’insegnante non fosse in grado di “capire e intercettare” certe esperienza tutto quello che sa in linea teorica non servirebbe a nulla. Non potrebbe trasmettere nulla. Una conoscenza non deve escludere l’altra ma appunto l’una è indispensabile all’altra, affinchè si possa affermare di aver lavorato davvero con l’enneagramma. Non mi risulta che la triade degli enneatipi di azione tenda a lavorare senza una base di conoscenze. Ma posso sbagliare. Per quanto mi riguarda l’enneagramma mi ha regalato molto, mi ha permesso di liberarmi di alcune catene e di vedere chiaramente dove sono le altre. Forse il mio compito, la mia necessità non è quella di liberarmi di tutti i miei condizionamenti, forse devo accettare umilmente di rimanere con qualche ferita e qualche piaga, è umano, ma certamente sento che il peso di certi fardelli oggi si è alleggerito e non sarò mai abbastanza grata a chi ci ha fatto dono della sua conoscenza ma che ci ha anche spronati a non avere fretta e a “sentire” e testare anche fisicamente certe esperienze. Sono grata ad Antonio di non averci dato testi, libri, foglietti di alcun tipo, perchè questo mi ha obbligata a cercare assiduamente dentro e fuori di me, tra gli specchi e i fantasmi per trovare occasioni di esperienze profonde e illuminanti e per questo indelebili. Credo che il senso di quello che Antonio ci ha scritto sia questo. La sua è una risposta ad una domanda, e io ho cambiato idea rispetto alle mie convinzioni perchè non vorrei mai vedere l’enneagramma nelle mani di un insegnante immaturo, più interessato a dire bene quello che deve dire, che non allo scopo finale che l’enneagramma si prefigge. Aiutare chi lo desidera a gettare una nuova luce sull’osservazione di se stesso, con la speranza di poter viaggiare più leggeri. Non in salvo forse, ma più leggeri penso proprio di si.
Utente Ospite/Lo sveglioCare Chiara e Marina, avete ragione, l’impressione è quella di un capello spaccato in 4. Conosco bene Ameliè e sentivo di doverle fare questa precisazione. Se anche per lei è un capello spaccato in 4 che quarti di capello siano.
Utente Ospite:AmelièMolto rumore per nulla…Tranquillo Sveglio…se mi conosci non dovresti temere fraintendimenti. La penso esattamente come te: per ogni cosa il giusto è nel mezzo, ma per raggiungere questo “mezzo” bisogna risolvere una funzione matematica, e per fare questo c’è bisogno di vedere anche cosa succede alla funzione nei suoi “limiti”! Io ho scelto quello della carne e del respiro, tu quello dei simboli vergati dagli altri…non c’è niente di male…come vedi, siamo sempre +infinito e -infinito. (anche senza precisarlo, avevo capito che eri stato tu a rispondere…..d’istinto!) 🙂
un atomoA proposito di conoscenza intellettuale e di approccio attraverso carne e respiro mi avete fatto venire in mente una poesia della Merini. Mi scuso con tutti quelli che non amano le citazioni…
Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia/legalo con l’intelligenza del cuore./Vedrai sorgere giardini incantati/e tua madre diventerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie./Fa delle tue mani due bianche colombe/
che portino la pace ovunque/e l’ordine delle cose./Ma prima di imparare a scrivere/guardati nell’acqua del sentimento.
ChiaraBellissima questa poesia, atomo! Mi hai illuminato la giornata, ti ringrazio. Chiara
D’Artagnanfinalmente sono riuscito a leggere il post del Capitano! Trovo molto interessante quello che hai scritto perchè penso da sempre che sentire in prima persona l’insegnamento sia il primo passo per capire veramente l’edp (infatti se hai notato al corso non prendo appunti), cerco di ascoltare e di vedere come le lezioni “risuonano” dentro di me. Forse nel profondo non faccio un grande sforzo, perche anche se sono un emozionale di base (e quindi cerco prima di sentire cosa mi arriva dal mondo esterno) in seconda battuta cerco di capire razionalmente quello che mi accade. A volte una parte del mio carattere cerca solo di prendere informazioni, appunti vari, libri…….. insomma + informazioni possibili, ma di base ho capito che è solo curiosità e basta. Quando ti ho chiesto quanti enneagrammi ci fossero in circolazione, era la mia curiosità a spingermi, ma credo che se anche li vedessi tutti e li imparassi a memoria questo non servirebbe a nulla per la mia crescita personale, perchè senza una vera comprensione, profonda e vissuta nel quotidiano, tutto questo non servirebbe a niente. Una delle frasi che mi ha colpito di più al corso è stata “l’EGO non si arrende mai a se stesso, ma all’esperienza della verità”. E per me è proprio questo il punto più importante………….
Utente Ospite/Lo sveglioIo penso che ci sia un problema di fondo in quello che si dice. Forse parlo così perchè non sono abile a prendere appunti. Non ho mai preso appunti e quindi punto tutto sulla mia attenzione al momento delle spiegazioni. E trovo che quello che spieghi e come lo spieghi, Antonio, sia abbastanza chiaro e spesso sento risuonare in me le cose che dici. A volte, non te lo nego, ci sono cose che non mi quadrano tanto. Mi piacerebbe fare atre domande sugli argomenti ma per l’esigenza del gruppo spesso mi censuro. Ma, a prescindere da questo, c’è secono me un problema ed è il mio problema. Sappiamo che i sufi utilizzavano storielle, barzellette, proverbi e poesie per trasmettere “qualcosa”; sappiamo che, a seconda del grado di evoluzione, il lettore percepisce uno o più significati. Faccio un esempio:leggo una decina di proverbi sufi, su qualcuno penso “è bellissimo, mi trasmette questo, ma anche quest’altro o addirittura l’opposto della prima interpretazione” e magari vedo la realta in altro modo; qualche altro invece non mi dice assolutamente niente addirittura non capisco o mi dà solo qualcosina e lì comprendo che o in quel momento non sono recettivo, perchè disturbato da qualcosa, oppure penso che le mie esperienze di vita non mi hanno permesso di sviluppare recettori per “ricevere il segnale” che quei proverbi lanciano. E fin quì tutto bene. Capiterà però che ciò che non ha lasciato il segno in me sarà inevitabilmente dimenticato. Ma il bello dello scritto è che se un domani o tra 3 anni avrò fatto esperienze tali da potenziare la mia ricettività, potrò rileggere quel libro e quello che non avevo capito, e avevo dimenticato, lo ritroverò e potrò vedere se qualcosa accade. Questa secondo me è la potenza dello scritto. E in questo modo bisogna utilizzarlo. Sentii in televisione che fin da piccoli ai monaci buddisti si fanno imparare a memoria le scritture. Ed lì ho pensato ecco come hanno risolto, li hanno trasformati in libri viventi. gli hanno stampato tanti “proverbi” in testa e solo in testa, solo informazioni nel cervello. Ma quando avranno l’occasione di, come dici tu, respirare l’odore relativo a ciò di cui hanno in partenza solo l’informazione, potranno fare balzi in avanti notevoli e riempire con l’esperienza della vita quei contenitori sterili di dati, trasformandoli in “conoscenza” (anche se all’inizio potevano sembrare sterili informazioni). Badate bene sono pienamente d’accordo sul vivere l’informazione che si riceve per trasformarla in vera conoscenza. E sono d’accordo sul fatto che l’informazione sterile non serve a nulla. Il fatto di avere sempre l’informazione a portata di mano è importante. Forse l’esempio dei monaci tibetani è estremo ma è per rendere chiaro il mio pensiero. Spesso al corso quello che in me “risuona” rimane ben fissato (perchè, penso, ci abbia avuto la possibilità di “annusare ed assaggiare e sentire la relativa esperienza) ma ciò che per costituisce semplice informazione e che non viene continuamente ripetuto, a parer mio va inevitabilmente perso. Secondo me qualcosina si deve scrivere.
Utente Ospite/Lo sveglioRiscrivo per decenza le ultime 3 righe
Forse l’esempio dei monaci tibetani è estremo ma è per rendere chiaro il mio pensiero. Spesso al corso quello che in me “risuona” rimane ben fissato (perchè, penso, abbia avuto la possibilità di “annusare, assaggiare e sentire la relativa esperienza) ma ciò che per me costituisce semplice informazione, e che non viene continuamente ripetuto, inevitabilmente lo perdo. Secondo me qualcosina si deve scrivere. -
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