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Questo argomento contiene 27 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Marina Pierini 13 anni, 2 mesi fa.
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Bruno Ordonsellinon so l’istinto mi sembra un gran pregio
Marina PieriniSe l’istinto mi dice di reagire con uno sganassone dimenticando le buone maniere non è una gran cosa….se la razionalità mi seduce verso la tutela unica dei miei interessi non mi sembra meglio. Io a onor del vero….non ho ancora capito se la correttezza è qualcosa di cui si può parlare oggettivamente….dai nostri interventi sembra solo una dimensione soggettiva…e un pò questo mi sconforta….p.s. benvenuta Gio.
Bruno Ordonselliè la vita stessa che è soggettiva ognuno sul suo personalissimo pentagramma scrive ed interpreta la sua musica e valà che è così
Franco IncandelaInsisto: correttezza è uguale a razionalità – scorrettezza è uguale a irrazionalità.
Faccio un esempio e una domanda:
Certi dittatori africani che con gli aiuti ricevuti da tutto il mondo invece di fare gli interessi delle proprie nazioni fanno solo i propri come li possiamo considerare? Corretti? Scorretti? Razionali? Irrazionali? Io li definisco irrazionali.Ciao Franco
Marina PieriniNon condivido Franco. Tu credi davvero che una persona che mette in tasca miliardi a discapito della propria nazione sia irrazionale? Secondo me è avida, disonesta, opportunista, amorale ma questo che c’entra con l’irrazionalità? Chi ruba sa di farlo, e lo sceglie. Ci sono persone convinte di dovere qualcosa solo a se stesse, convinte di essersi fatte da sole e di non avere debiti col mondo. Ci sono persone convinte di avere una sola vita, di volerla vivere al meglio e che nel mondo vige la legge della giungla…solo i più forti sopravvivono. Dunque chi sfrutta, chi si lascia corrompere, chi corrompe, chi toglie agli altri legalmente o illegalmente, chi sceglie il denaro come suo Dio non ha nulla dell’irrazionale, ma sa bene cosa fa, sa quali sono le conseguenze per gli altri e non gliene frega nulla.
gioIo sono della stessa opinione di Marina e penso anche che l’essere di un enneatipo od un altro può influire sul significato che viene dato alla correttezza
Franco IncandelaMARINA: quindi una persona che mette in tasca miliardi non è irrazionale dunque é scorretta o no?
GIO: quanti significati ha la parola “correttezza”?ciao Franco
gioPer me ha un solo significato e si identifica nel “rispetto” che si deve avere per gli altri. Ma ho la sensazione che ognuno di noi veda la correttezza da angolazioni diverse….Per tornare agli enneatipi: credi che un 8 abbia gli stessi parametri di un 9 per giudicare la correttezza?
Premetto che mi sentirei più tranquilla ad avere un’unica regola morale comune ma credo che sia veramente impossibile….
un atomoFrancamente non riesco a capire cosa ci sia di irrazionale nella scorrettezza…Il valore di ciò che è corretto o scorretto lo dà la società con le sue norme esplicite o implicite, è cioè determinato da fattori culturali e di convenienza. Era più che corretto nel medioevo bruciare le streghe o denunciare le persone alla santa inquisizione, ciò che era corretto solo venti anni fa non lo è più ora. Poi c’è un modo personale di intendere la correttezza che è legato a concetti valoriali della singola persona, alla sua sensibilità e capacità relazionale. Per me è corretto non mentire, ma non posso pensare che sia un valore assoluto. Certo l’enneatipo penso che influenzi il concetto che abbiamo della correttezza, da 4 sento che per me l’azione più scorretta che possa esistere è quella di denigrare o mettere in difficoltà una persona per appattarsi con il potere. Come non pensare che questo ha qualcosa a che vedere con il senso di ‘giustizia’ che anima il 4? Alcune azioni che sarebbero mal tollerate da un enneatipo possono essere meglio comprese da altri, per sempio se una persona rompe un patto, purchè le modalità siano trasparenti , può ferirmi ma non mi porta a pensare che necessariamente vi sia una scorrettezza. la libertà della sua scelta mi sembra più importante della presunta ‘ correttezza’. Forse un 6 non la penserebbe così. In sintesi non credo che la correttezza o meno abbia un valore oggettivo ed universale, ciò non toglie che è un bene sociale attenersi a regole di civile convivenza attraverso le quali si evitino comportamenti atti a danneggiare le altre persone. Da un punto di vista morale, invece, credo che ciò che più conta, sia la retta intenzione.
un atomoPer Marina quanto da te detto sul meccanismo di negazione della vergogna nei 4 di conservazione mi sembra molto esatto, tuttavia mi domando una cosa: se questo meccanismo (come altri per altri enneatipi) riesce ad assolvere una funzione di autotutela psichica, è proprio da buttare via? Io non sento di negare la vergogna provata (anzi è qualcosa che scotta molto) ma sono orgogliosa di aver deciso : ‘ mai più’, certo tutto questo è forzoso, è doloroso, è l’ego che si dibatte e che si fissa ma santa pace, aiuta. Era meglio soffrire nella sensazione di inadeguatezza e di specialità sbagliata oppure mettersi là a mostrare la corazza e prendere colpi sostenuti dall’idea che nun c’ha ponn fà a te distruggere? Va bene il prezzo è alto ma sempre meglio conservare l’orgoglio e la dignità che naufragare , pian pian se sai ben dosare ed essere flessibile alle circostanze della vita, cominci addirittura a pensare che sotto la corazza forse ci sia una vera piccola intima forza che accompagna la tua fraglità che ti rende sensibile. Solo che non sei più così sensibile da permettere a tutti di farti del male, inizi a selezionare le persone e gli stimoli, un giorno ti svegli un pochino più cinica, più distaccata, più ironica e più allegra. Scusate se è poco.
Marina PieriniCarissima atomo la tua domanda è molto interessante. Prima di risponderti però sento la necessità di ampliare il mio intervento sulla negazione della vergogna, non per dubitare della tua consapevolezza ma per poi riuscire a rispondere alla tua domanda. La vergogna che tu provi ed alla quale rispondi “mai più” atteggiamento così tipico di alcuni 4 non ha nulla a che fare con il meccanismo in atto della negazione, almeno per quello che ne so io. Quando, infatti, la negazione entra in azione il soggetto non è consapevole di nulla, non si accorge di aver iniziato a reagire ad uno stimolo difendendosi in un certo modo. Se l’effetto della negazione fosse “visibile” al soggetto durante il suo manifestarsi…allora non avremmo la negazione ma altri meccanismi di risposta a quel dato stimolo. Ti faccio un esempio: quando un tipo 1 reagisce ad un impulso problematico per lui, ad un sentimento che è tabù, una pulsione insopportabile, gli viene in soccorso il meccanismo di difesa chiamato come ben sai, formazione reattiva. Essa trasforma l’impulso iniziale in un’azione accettabile alla sua coscienza, qualcosa che sia morale per lui. Tu credi che quando un tipo 1 cede a questo meccanismo sia consapevole di quanto gli accade? Se ne accorge? Capisce cosa sta facendo e perchè? O tutto è chiaro alla sua mente consapevole, che gli dice che sta agendo in maniera morale e accettabile senza avere alcun contatto con la “reale” causa scatenante? Il problema è questo. Perchè quando quella persona si chiederà o gli chiederanno cosa sta facendo e perchè egli avrà una risposta logica, razionale e consapevole che è frutto della trasformazione della pulsione iniziale. Egli sarà cieco all’impulso iniziale e gli sarà visibile solo l’impulso trasformato. Quindi quella persona sarà onestamente e sinceramente consapevole del significato gia’…corrotto…dal meccanismo di difesa…e non di quello che c’e’ a monte. Quando parliamo di negazione, noi parliamo di un meccanismo molto molto simile alla formazione reattiva perlomeno rispetto alla consapevolezza dell’individuo e differente ad esempio dalla rimozione. Quando noi rimuoviamo un episodio, un sentimento, un avvenimento a noi intollerabile noi lo abbiamo prima “consapevolizzato” e poi reso insoffensivo cancellandolo, facendolo sprofondare in una sorta di buco nero ideale. Noi lo sappiamo ma facciamo in modo da dimenticarlo perchè non possiamo accettarlo. Non è la stessa cosa. Tornando a noi, dunque, tu mi racconti che la vergogna la senti e che reagisci dicendo a te stessa mai più. Se è vero che tu la percepisci, vuol dire che non è con la negazione che ti stai difendendo in quel momento. Perchè se stai negando molto probabilmente solo qualcun altro può farti notare i motivi del tuo comportamento e il loro scopo. Se sei sotto l’effetto della negazione sei come cieca….non puoi accorgertene. Dunque temo che se la negazione o altri meccanism di difesa mi rendono cieca io sono in balìa di un ego che decide per me, che mi gestisce. Almeno così la penso io. Questo vale per tutti ovviamente. Serve a qualcosa? Credo che sia l’ego, sia tutta la struttura difensiva dell’essere umano servano. Quello di cui dubito è che l’uomo possa desiderare di rimanere bloccato in una dimensione che sia solo egoica, solo meccanica. Non posso parlare per tutti, parlo per me stessa, ma io desidero agire quanto più liberamente e consapevolmente è possibile. Devo innanzitutto chinarmi davanti a certi limiti invalicabili in quanto umani, ma posso altrettanto scoprire che quei limiti sono elastici, e che quanto più riesco ad accettare la dimensione della realtà, tanto più non dovrò difendermi, distaccarmi, insabbiarmi, ma accettarla e conviverci…mentre se mi difendo io ho un problema…non so se riesco a farti capire questa sfumatura. Posso decidere di dire di no. Posso decidere di dire di si. Posso decidere di non partecipare, posso accettare tutto questo senza rinunciare alla mia natura, ma sfruttandola al meglio. Tu sei testimone di tante discussioni avvenute quissù….quante volte…onestamente ti chiedo….ci siamo resi conto di quello che davvero facevamo? Persone che sono entrate in anonimato portando problemi irrisolti e personali su pubblica piazza, usando e manipolando le sincere reazioni dei partecipanti ignari della bega personale che sottotraccia si sviluppava, pensando magari di avere ragione a fare così, oppure persone che negavano un’antipatia, un’antagonismo o la propria aggressività solo perchè indiretta. L’aggressvità indiretta, obliqua, questa sconosciuta! Quante volte secondo te siamo tornati indietro e abbiamo confessato di aver capito? Quante volte abbiamo capito davvero? Tu mi parli dell’orgoglio e lo affianchi alla parola dignità. Forse sto interpretando male il tuo pensiero, se è così me ne scuso ma l’orgoglio non è un valore, secondo me, la dignità si. Se si abbandona l’orgoglio, se si abbandonano le armi, se ci si denuda e si accetta la propria forza così com’e’ allora secondo me l’essere umano conquista il suo vero valore. Io sono libera quando contatto il mio vero valore. Bisogna avere il coraggio di dire sono stata io. Il coraggio di dire io la penso così. Il coraggio di ascoltare gli altri sapendo che se è vero che molte volte i nostri difetti sono i loro, sono ciò che di loro stessi non sanno vedere, è anche vero che a volte ci dicono chi siamo veramente noi. Onestà e Dignità sono meglio di orgoglio per i propri limiti e amore per i propri difetti. Dunque, non ne possiamo fare a meno ma possiamo usare meglio e trasformare le nostre peculiarità. Ma non so, forse ho divagato come sempre e forse non ho centrato il bersaglio della tua domanda….bacioni.
un atomono, penso che hai centrato e usato argomentazioni giuste e convincenti per me. Avevo scritto un lungo post ma poi l’ho cancellato. A volte è meglio cogliere quello che l’altro ti passa, accettando il fatto che una corda ha vibrato facendoti da diapason che spiegare tutta la propria disperazione.
Marina PieriniAllora io spero che passato il momento, superata la tentazione di doverti difendere, di ritrarti e distaccarti, tu possa esternare un’analisi obiettiva e onesta di quella vibrazione. Se non qui, se non con me, con qualcuno che ti conosce e ti ascolta. Vedi Atomo, quello è il momento in cui accade tutto quanto ho cercato di spiegarti prima. Se noi smettiamo di difenderci dobbiamo contare su qualcosa, per riuscire a contattare il nostro vero valore e denudarci. Per sopportare la vergogna della verità, per denudarci di essa e scoprire che oltre quella soglia c’e’ altro. Quel qualcosa ha un nome. Glielo darai quando ne avrai fatta l’esperienza. Abbracci forti.
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