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Tra un ringhio ed uno sgambetto

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Questo argomento contiene 31 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da  Raffaella Foggia 13 anni, 2 mesi fa.

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  • #4571 Risposta

    Raffaella Foggia

    Cara Marina, la domanda che mi fai è davvero complessa per me. Sono convinta di una cosa e man mano che approfondisco – devo dire dolorosamente – l’enneagramma mi sembra di averne maggiore conferma: un Nove (naturalmente parlo solo della mia esperienza non voglio generalizzare) non è così “doce ‘e sale” (come si dice a Napoli) nel senso che la capacità di alzare un muro nei confronti di un altro essere umano è una delle forme maggiormente aggressive che si possono mettere in atto. Come ti dicevo, mi rendo conto dolorosamente che spesso il muro non lo alzo solo quando sono arrabbiata o in conflitto con qualcuno, ma anche quando sento di mettermi troppo in gioco (sarà il mio bisogno di “conservarmi”). Rispetto a quello che hai detto rispetto al rischio di impoverirmi ed impoverire il confronto , proprio l’altro giorno una persona che conosco da poco, ma con la quale mi trovo molto bene mi ha fatto notare una cosa: stavamo scherzando quando mi ha detto non ricordo cosa sul mio carattere (davvero non lo ricordo e questo perchè al momento mi ha dato fastidio). Gli ho risposto che anche un mio carissimo amico di recente ha detto una cosa del genere ed ho sottolineato il fatto che entrambi erano stati scortesi nei miei confronti. La sua risposta è stata: “ma non puoi pensare almeno per un momento che sei tu che porti le altre persone a parlarti in un certo modo?” E’ da mercoledì che questa frase mi gira in testa: io che do l’abbrivio alla reazione di un altro? Vabbè forse apparentemente non c’entra con la rabbia, ma è per dire (e parlo sempre per quanto mi riguarda): come si fa a vedere con gli occhi dell’altro qualcosa che pensiamo non esista? Di solito io come Nove non agisco, ma reagisco all’ambiente (solitamente adeguandomi), ma pensare di essere io a provocare un qualsiasi sentimento (tu parli giustamente di frustrazione e di profondo dolore dell’altro) è complesso da sentire. Sono d’accordo con te che c’è bisogno dell’umiltà nello sguardo di se stessi, ma – e mi ripeto, non è una scusa davvero – io non ci sono se non come reazione. Per quanto mi riguarda sto lavorando da parecchio sull’essere nella relazione sentendo quello che provo nel momento in cui lo provo e cercando di comunicarlo all’altro, ma la strada è ancora molto irta, almeno per me. Oh cielo qualto ho scritto, spero solo che di essere stata abbastanza chiara, e mi piacerebbe continuare questo confronto, è molto coinvolgente. Un abbraccio Raffaella

    #4572 Risposta

    Elisabetta

    Sai Raffaella anche a me accade di alzare un pò il muro quando mi sento troppo coinvolta, cioè quando sento qualcuno troppo addosso. In questi casi mi sento avvolta da una paura quasi incomprensibile e proprio come hai detto anche io ho la sensazione di dover tagliare un pò i rapporti per salvaguardare la mia integrità come se avessi timore di essere quasi ingiottita dagli altri. Posso dirti che io ho un’amica 9 con la quale mi prendo molto ed ora capisco perchè, in verità ci lasciamo entrambe molto spazio libero, con lei sento di non essere vincolata, di non avere obblighi e soprattutto di non essere giudicata.
    Rispetto alle tuo modo di separarti quando ti senti aggredita credo di avere la stessa tua reazione al momento. Mi ritrovo a chiedermi, colpevolizzandomi, che cosa posso aver fatto io per scatenare tanta rabbia e non riesco a reagire a livello fisico ed emotivo al momento, però successivamente mi sento mortificata e triste, a volte piango e sento anche un grande bisogno di essere rassicurata. Cioè, mentre in un primo momento resto congelata successivamente sento una grande disperazione, un dispiacere profondo dal quale vorrei consolazione e scuse che però non arrivano mai….

    #4573 Risposta

    Raffaella Foggia

    Cara Elisabetta, anche a me dicono – come amica – che lascio il giusto spazio all’altro che non giudico e che permetto agli altri di essere se stessi…. Ti dico una cosa, se da un lato questo ci fa sentire orgogliosi di noi stessi, in quanto va a mantenere vivo dentro di noi l’illusione di andare bene per l’altro in questo modo, dall’altro (forse proprio per questo motivo) non ci fa bene: credo che per quanto riguarda noi Nove abbiamo invecde continuamente bisogno di qualcuno che ci riporti dentro un limite che ci permette di sentirci separati dall’altro. Solo così potremmo – credo – entrare in relazione davvero con l’altro. Per quanto riguarda il momento della rabbia di cui aprli, per me è un po’ diverso: prima cosa non riesco a colpevolizzarmi (a meno che l’altro non sia un punto di riferimento molto importante) e poi se davvero l’altra persona mi ha fatto male (vedi almeno io – non so se vale per tuti i Nove – parlo sempre di sentire male e non rabbia) non la provo la disperazione, la capacità di nascondere tutto sotto uno strato di ovatta è talmente addestrata che non mi fa sentire neanche quella A presto Raffaella

    #4574 Risposta

    Elisabetta

    Si. forse hai ragione, permettere agli altri di essere se stessi tollerando sempre ogni comportamento denota una mancanza o una carenza di riconoscimento di se stessi, di ciò che si desidera e soprattutto una noncuranza, a volte, di quei diritti che spesso non riusciamo a tutelare con la segreta ed incoscia convinzione di non doversi mai aspettare niente da nessuno o dalla vita: un’umiltà eccessiva impregnata di rassegnazione e masochismo. Parlando con Antonio mi sono riconosciuta molto nel 4 sociale e credo che questo sottotipo condivida molto questi aspetti con il 9, anche se poi l’introiezione della sofferenza rende il 4 molto più tragico e negativo del tipo 9 che sembra più fiducioso e positivo.

    #4575 Risposta

    Raffaella Foggia

    Mi piace “un’umiltà impregnata di rassegnazione e masochismo”, ma ricorda che per quanto mi riguarda, i Nove non sono poi tanto umili, in fondo in fondo credono di poter sopportare e tollerare tutto e questo non è un pensiero da umile…..
    Per quanto riguarda la positività e l’ottimismo, non so come dirlo, perchè è una cosa che per quanto mi sforzo di chiarirmelo confrontandomi con gli altri, diventa sempre più complesso da definire. Se non ti (vi) dispiace leggere una cosa lunga, ci proverò: per molte persone, a prescindere dagli enneatipi cui appartengono è veramente complesso, per non dire impossibile (nella mia esperienza) comprendere cosa significa realmente “Non Essere”.
    Ognuno di noi nei momenti di sconforto può pensare di voler scomparire, perfino di non essere mai nato, ma a me (come Nove, credo), non succede questo: io esisto solo in funzione dell’altro e non del suo amore, dei suoi sentimenti, della sua rabbia ecc. Io esisto se l’altro mi vede, mi parla o entro nella sua sfera di relazione. La prima reazione a questo è “Non è Possibile!!!”: ogni volta che mi confronto con gli altri enneatipi la prima cosa che sento è Io penso questo, Io sento questo, Io provo questo, ecc. L’unica cosa che noi Nove diciamo in prima persona è Io faccio questo. E’ un po’ diverso, ti pare? ed è questo che fa imbufalire la gente, il fatto che tutto ciò lo diciamo come se fosse una cosa che non pesa ed è naturale, il fatto è che è proprio così. Cioè ci crediamo molto che non ci pesi e che sia naturale, ma se non ci si confronta e si prendono botte che ti fanno guardare bene dentro di te è un modo comodo di vivere, penso che lo faccia tanta gente. Vabbè ho parlato molto, forse troppo, ma mi farebbe piacere sapere che ne pensate. Un abbraccio a tutti Raffaella

    #4576 Risposta

    Marina Pierini

    Un modo comodo di vivere….beh…come sai Raffi la Passione e’ un modo comodo di vivere per ciascuno. Se non comodo, possiamo dire che la Passione e’ certamente il gioco che piu’ ci piace giocare. I 4 tendono spesso a rilanciare la palla all’altro che magari soffre e si sfoga, ribaltando la situazione su se’ stessi e rispondendo qualcosa del tipo “e che dovrei dire io? Quello che succede a te non e’ nulla a confronto…ecc.ecc.” Mi sono resa conto che i 4 in quel momento rigettano il dolore altrui proprio come se fossero gli unici a poter anzi a “saper” veramente soffrire. Io faccio l’amore col dolore, esisto attraverso il dolore di cui mi vesto, quindi conosco il dolore meglio di te quindi tu non esisti col tuo dolore, perche’ il mio e’ sempre un po’ piu’ reale e autentico del tuo. L’effetto sugli altri e’ terribile. Si sentono inascoltati, sminuiti, in alcuni casi invisibili e frustrati. Se a questo aggiungiamo che il 4 e’ un criticone inesauribile e pignolo fino alla morte grazie alla sua insopportabile ostinazione …”mulesca” (magari x qualcuno e’ una sorpresa visto che il primato spetterebbe agli 1, ma non e’ proprio cosi’) l’effetto finale su chi gli e’ vicino puo’ risultare veramente devastante. Un 4 particolarmente involuto su se’ stesso risultera’ probabilmente poco sensibile, egocentrico, drammatico, pesante, pedante, stancante, inabissato e inarrivabile e inconcludente. Io ti chiedo allora Raffaella….e quando tu lo dici…IO provo questo? Cosa succede? Quella volta che ti siedi e ti sbirci dentro ed esisti con te stessa e per te stessa…che succede? Ci hai mai provato? per me capisci, la tua e’ una dimensione che si contrappone alla mia come il bianco col nero…insomma deve essere una sorpresa quello che esce dal cappello, o no?

    #4577 Risposta

    Raffaella Foggia

    Cara MArina, premettiamo che (come sostiene Antonio) son un Nove abbastanza atipico visto che dato il mio lavoro devo scrutare continuamente dentro di me… Ma se non fosse per questo io credo che non lo farei mai. Io Provo non è una declinazione che come Nove sento mi appartenga, cioè la prima cosa ceh dico quando mi chiedono come sto è “bene, grazie” e con questo non intendo la solita risposta beneducata che si dà, ma il fatto che non posso davvero sentire (provare) qualcosa che sia diverso dallo stare bene e qui serve un altro chiarimento: stare bene significa solamente non provare dolore che a sua volta come tutti sappiamo non significa assolutamente stare bene (spero di non essere stata arzigogolata). Per quanto riguarda lo sbirciare dentro di me, come ti dicevo prima, ci ho messo quasi sei anni per sentire che le parole di un’altra persona potevano davvero toccarmi oltre la pelle (l’ho scritto in un messaggio di questa discussione) e quindi ti posso raccontare che fino a qualche tempo fa il guardarmi dentro era da osservatore distante e curioso: immagina un esploratore che va in una terra sconosciuta ma che non sa asssolutamente cosa troverà, quindi tutto quello che vede deve essere riportato ad una dimensione conosciuta. quindi qualcosa che per comprenderlo dovevo associarlo all’esperienza di un altro perchè nella mia, a livello profondo non trovavo niente di tutto quello che invece scoprivo esserci. Un altro paragosne che mi viene in mente è quello di una cantina in cui tu e i tuoi cari ammucchiate cose per decenni poi si deve svuotare ed il compito tocca a te. Sicuro troverai cose che non ricordavi o di cui hai la sensazione di non conoscere nemmeno l’esistenza. Anche a me piace confrontarmi tanto con le persone che appartengono alla parte bassa dell’enneagramma perchè sono un mondo totalemente opposto al mio: la loro capacità di pensare in prima persona mi ha sempre affascinato.
    Mi scuso per gli eventuali errori ma ho scritto di getto e come ho già detto attendo con ansia una replica

    #4578 Risposta

    Elisabetta

    Confrontarsi è tanto importante per tutti perchè è un punto dal quale partire per trovare ciò che manca in noi, ciò di cui siamo carenti, e’ riuscire a vedere oltre i limiti e gli orizzonti del nostro piccolo e distorto modo di percepire la realtà. Capisco quanto può essere doloroso per te non riuscire a contattare certe emozioni come la rabbia che, anche se dolorosa è pur sempre necessaria a volte, sicuramente avrai già individuato i motivi che ti hanno portato a scegliere questo sistema difensivo ma credo che ci sia anche una paura di contattare certi sentimenti ma soprattutto di esprimerli. Hai mai provato ad esternare una frustazione o un senso di insoddisfazione agli altri? Io credo che ti
    sarebbe di grande aiuto iniziare con persone che ti sono vicine che ti amano e che sono quindi in grado di accogliere qualsiasi tuo stato d’animo, forse di sentiresti più sicura e tranquilla, piano piano certe emozioni potrebbero affiorare alla tua coscienza in modo spontaneo e più fluido.

    #4579 Risposta

    Marina Pierini

    Cara Raffaella… (Elisabetta ti leggo e mi piace questo scambio a tre, per cui anche se magari sembro rispondere solo a Raffi, sappi che spesso condivido quello che scrivi. Cerco di seguire il filo di un mio pensiero per cui rimango su di una certa direzione, non vorrei mai che ti sentissi ignorata e ci tengo a precisarlo :-)…)…dicevo cara Raffaella, i confronti con te, anche quando partecipiamo al corso di Antonio sono sempre stati interessanti e arricchenti. Tu sei il mio collegamento, il mio “decodificatore” nella relazione che ho avuto con mio padre e sei stata veramente preziosa per me, in ripetute occasioni. Tu, mi hai fatto degli esempi nei quali hai espresso benissimo anche con immagini il senso aderente degli sforzi che fai e di quello che provi. E’ affascinante constatare quanto tutto questo mi sia estraneo. E’ veramente incredibile sondare la profonda differenza esistenziale di esseri umani che credono erroneamente di essere simili. Prima di scoprire l’enneagramma io mi sentivo sola, in un mondo che non comprendevo, non riuscivo capire le ragioni profonde che potevano muovere chi conoscevo verso una direzione piuttosto che un’altra. Mi sentivo sbagliata. Mi sforzavo di comprendere, di mettermi nei panni altrui, di vestirmi delle scelte degli altri per poterle capire. Un po’ come fanno certi criminologi quando tentano di comprendere la struttura comportamentale dell’oggetto di loro interesse. Ma il risultato era sempre frustrante, e alla fine ne deducevo di essere un fallimento. L’enneagramma mi ha rivelato l’illusione della mia solitudine. Accetto di essere un individuo separato, unico, intero. Ma la comprensione della diferenza, la conferma…di questa differenza mi ha dato una capacita’ di pacificarmi con certe realta’ che prima erano cosi’ inverosimili e distanti da me da non essere concepite dalla mia mente e dalla mia sensibilita’. Non ne faccio un discorso di giusto o sbagliato, intendiamoci. Ma diverso. Le estremita’ di realta’che non si incontrano al centro, apparentemente o forse realmente, mai. E’ affascinante tutto quanto dici e mi e’ altrettanto alieno a livello esperenziale. Mi chiedo, anzi ti chiedo….in che modo questa tua maniera di scavare nella soffitta fra cose che ti sembrao estranee puo’ differire dal sentire di un 5? Te lo chiedo come psicologa quale sei e come esperta di enneagramma. Che differenza c’e’ secondo te?

    #4580 Risposta

    Raffaella Foggia

    Grazie per le belle parole, cara Marina, ma io non mi considero una esperta di enneagramma e posso parlarti della mia esperienza, che sono contenta possa essere utile. Allora cosa diferenzia la mia da un’esperinza di un Cinque. di slancio ti risponderei non lo so, ma mi può aiutare quanto abbiamo coperto insieme negli ultimi incontri rispetto alle relazioni con i genitori. Il mio senso di estraneità si riferisce ai sentimenti che provo io; mi è chiarissimo (almeno come illusione) quello che gli altri stanno per provare. Come ho detto in qualche altro messaggio è difficile spiegare cosa significa annullarsi in una situazione me ne accorgo solo se qualcuno mi sbatte in faccia la situazione in cui mi trovo (un po’ come stiamo facendo adesso, devi sapere che per me è molto utile questo colloquio, anche se faccio molta fatica e lo dico proprio in senso fisico, quando termino di scrivere anche se sento che non ho detto fino in fondo quello che volevo dire mi sento stremata….) comunque continuo…. Come dicevo la differenza con il cinque mi risuona solo quando penso che per quanto mi riguarda ho avuto un ambiente totalmente e apparentemente accogliente nei miei confronti: non mi sono mai sentita eclusa nella relazione con i miei genitori (ti parlo di me molto piccola), anzi posso dirti che mi sono sempre sentita (anzi mi hanno fatto credere) di essere al centro del loro mondo quello che mi chiedevano in cambio era semplicemente di seguire delle regole, neppure troppo complicate e soprattutto estremamente chiare. Per quanto mi riguarda si trattava solo di fare in modo che tutti stessero bene e che nessuno soffrisse perchè già c’erano dolori passati che influenzavano ancora il presente. Lo so che adesso questa sembra essere una cosa drammatica, ma pensa ad un mondo che ti fa capire che questo poi non è tanto difficile da fare e poi ti può portare solo vantaggi…. Detta così diviene più facile da accettare, davvero. Rispetto alla relazione con i genitori, poi, se da un lato mia madre era lontan affettivamente, cioè stava lì per ogni mio bisogno fisico, ma ci stiamo (anzi lo faccio io) abbracciando solo adesso, contemporaneamente mi dava il placet per essere la preferita di mio padre, quindi non sembrano neanche esserci quelle relazioni conflittuali che invece sono normali. E qua diventa anche chiaro come sia complesso per me affrontare i conflitti: se vieni da un mondo che si fa credere perfetto poi diventa difficile comprendere che ci possano essere delle cose brutte. Non pensare a queste come giustificazioni (anche se noi Nove siamo bravissimi a scusare quelli che amiamo), ma a come una descrizione di quello che mi è capitato. Ti faccio un esempio: anche se avevo tre anni quando è nata mia sorella, non me sono stata gelosa e ti spiego come è stato possibile e come è stato facile. Io non ho dovuto rinunciare a mia madre, non l’ho mai sentita così vicina da poterla perdere, quindi….
    Vabbè è stato complicato ma spero di aver risposto almeno in parte alla tua domanda. Fammi sapere Un abbraccio Raffaella

    #4581 Risposta

    Elisabetta

    In questi giorni, parlando del tipo 9, mi torna in mente mia nonna. Che dire per me era un raggio di sole nel deserto, un sole che riusciva ad emanare sempre un calore costante, senza sbalzi o malumori il suo sorriso radioso accoglieva chiunque tanto che per anni mi sono chiesta come fosse possibile questo spirito di grande generosità, accoglienza, tolleranza e perdono. Per me era come un porto sicuro, una roccia sulla quale potermi aggrappare per ogni bisogno, non era la presenza fisica che sentivo ma soprattutto quella affettiva e con un tale coinvolgimento che dopo la sua morte ho continuato a sentirla vicino sempre. Per questa grande capacità di amorevole accoglienza non posso che pensare al tipo 9 con una sensazione di pienezza e di apertura verso gli altri, ed associo anche un sentimento di speranza e fiducia nella vita e nel futuro che mi fa contrapporre, nonostante le somiglianze, questo tipo al 5.

    #4582 Risposta

    Utente Ospite

    io non credo che il tipo 9 abbia particolare speranza e fiducia nella vita, credo che per il 9 la vita è e tanto basta. Se mi sbaglio aspetto correzioni dal capitano

    #4583 Risposta

    Raffaella Foggia

    Ciao a tutti sono d’accordo che il Nove non ha fiducia nella vita, ma speranza sì. Comunque mi ha colpito una frase letta recentemente “Cerco solo che la vita non mi faccia tanto male prima di accoccolarmi sotto le coperte la sera”. La dice Homer Simpson io da Nove l’ho sentita estremamente vicina. Non voglio generalizzare, ma si cerca di arrivare alla fine di qualcosa (che sia una giornata, un periodo ecc) senza farsi troppo male ed intendo una sorta di dolore fisico in cui si trasforma ogni piccolo dramma quotidiano. Questa però è solo una testimonianza di un Nove e non vuole essere una spiegazione. A presto

    #4584 Risposta

    Marina Pierini

    Pensando a mio padre che era un 9, mi viene in mente che questa frase di Omer sia proprio esattamente il ritratto della sua giornata. Anzi, forse l’idea che non ci si volesse far male e’ anche troppo avanti…per lui l’importante era non avere troppe seccature e problemi. Mio padre era certamente una persona affettuosa, ma solo fintanto che non gli si chiedesse qualcosa che metteva in discussione la sua vita. Insomma “se stai buona ti voglio bene” era un po’ il messaggio che sembrava mandare. Raffi tu dici che percepisci i sentimenti degli altri, che ti e’ chiaro cosa loro stanno per provare, se non ho capito male…mi chiedo se questo e’ vero per te, se lo e’ nel senso profondo del suo significato. Mi chiedo quanta fatica costi altrimenti, percepire il dolore dell’altro e cercare di ristabilire una pace apparente e quieta pur di non affrontare sul serio il problema. Rimandare all’altro il suo dolore per non farlo proprio. E’ questo che accade? Mi sto allontanando troppo dalla psicologia dei 9? Un letargo che costa uno sforzo titanico almeno in apparenza…che ne pensi?

    #4585 Risposta

    Raffaella Foggia

    Cara Marina, prima cosa l’idea di percepire i sentimenti altrui è solo una pia illusione dei Nove. Io credo, anzi ci ho lavorato e ci sto lavorando ancora su, che proprio i Nove non possono comprendere gli altri perchè non sentono se stessi. Ti parlo per esprienza personale e – non mi voglio ripetere – non generalizzo: credo l’essere tanto presi dagli altri, almeno superficialmente è solo il modo per evitare di vederci e di scoprirci profondamente simili a tutti gli altri. Durante i nostri incontri al gruppo ho sempre cercato di dire che quando mi arrabbio mi sento superiore all’altro e provo quasi un senso di disprezzo (penso dipenda dalla vicinanza con l’Uno e con l’Otto) ma ad un occhio più attento posso dire che rappresenta solo un modo per evitare di mettermi in gioco. Se si è al di sopra non si rischia di entrare in conflitto, no? Comunque paradossalmente quello che sentivi provenire da tuo padre come messaggio è esattamente quello che mi divecano – in modo molto chiaro – i miei da piccola: l’importante è che non crei problemi. Penso che sia automaticamente il messaggio che noi Nove rimandiamo, ma non perchè non possiamo porre mano ai problemi (non penso che un nove si lasci intimidire da questo – soprattutto se sono pratici), ma sia il nostro modo per dimostrare l’amore. Penso che per un Quattro, ma soprattutto per chiunque essere umano questo messaggio possa essere invece sentito come un tenere lontano. Non è una giustificazione nè per tuo padre nè per chiunque altro Nove, ma immagina una persona a cui hanno detto “ti vogliamo bene se noi veniamo prima di tutto soprattutto prima di te”. Diventato genitore gli riesce molto difficile (ho una mamma nove) essere responsabile di qualcosa di così fragile e prezioso come è un bambino. Sembriamo tanto responsabili, ma è apparente in fondo lo siamo se ce lo chiede qualcuno. Per quanto riguarda la fatica nel ristabilire la pace non è neanche tanta. Ripeto e forse divento noiosa (me ne scuso) che quello che epr i nove è facile per gli altri è incomprensibile: non ci vuole niente per noi (sempre in apparenza) ristabilire una pace: mal che vada dobbiamo rinunciare a qulcosa – per esempio a qualcosa per noi, che potrebbe farci felice e veder negli occhi di qualcun altro una sorta di delusione per aver pensato di volere qualcosa per noi? e che problema c’è, non ci interessa più quella cosa è diventata indifferente! Quando sono disperata (mi accade da poco tempo di sentire tali sensazioni, davvero lo so non è facile crederlo) per stare meglio mi immagino di gomma: è calda resistente morbida ed apparentemente tenera però è un materiale molto resistente. Ecco mi sono allargata di nuovo, non c’è nessuno che mi ferma……Spero in qualche modo di aver risposto alla tua domanda anche se in maniera confusa. Un abbraccio Raffaella

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