Antonio Barbato
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Grazie a te, cara Daniela, per le belle parole. In realtà i meriti vanno tutti a Gary, un autore quasi sconosciuto in Italia dove sono pochissimi (e, spesso, nemmeno con merito) gli insegnanti e gli scrittori validi conosciuti. I suoi lavori sugli Evitamenti e le connessioni che ha fatto fra questi meccanismi e le tecniche e la filosofia della Gestalt Therapy sono, a mio avviso, di estrema utilità per chiunque voglia conoscere veramente se stesso e cercare di intervenire sui propri punti ciechi.
Si, Cecilia, è una ipotesi percorribile, perché la favola permette, quasi come se si operasse sotto copertura, ad un Uno di far emergere la sua Polarità Implosiva ( se non sai cosa è puoi leggere liberamente l’articolo nella rubrica “L’articolo del Mese”) e, quindi, di esprimere sentimenti e considerazioni che normalmente non si permette di tirar fuori. Io non credo che Zuccarabella sia farina del sacco di mia madre perché, in generale, lei non era una donna di grande fantasia, anche se le piacevano le storie “gotiche” di briganti e fantasmi.
Ovviamente, in quanto “autore” del termine, non posso che concordare con le vostre esperienze. Voglio, però, solo suggerire che un buon rimedio per cercare di disattivare l’Insoddisfazione è la “sospensione del giudizio”. Voglio dire con questa espressione che, proprio a causa della Insoddisfazione, si deve consapevolizzare che non si è in grado di valutare correttamente la propria esperienza e il proprio stato. Una posizione simile a quella di chi sta facendo un esperimento e, prima di giungere ad un risultato definitivo, si impegna a proseguire nelle prove senza giudicare o denigrare i risultati parziali.
Avrei dovuto rispondere a questa serie di interessanti interventi già da tanto tempo ma la stanchezza più mentale che fisica prima e la difficoltà di poter usare compiutamente un PC dopo, me lo hanno impedito anche se, dentro di me, la voglia di aggiungere un piccolo contributo alla discussione continuava ad aumentare. In primo luogo io sono giunto a teorizzare la Ferita Originaria come causa della nascita del tipo, ed a renderla parte fondamentale del mio insegnamento, solo dopo che ho avuto modo di intervistare oltre tremila persone sulla loro situazione familiare originaria cercando, con uno spirito il più possibile oggettivo, di verificare se esistessero convergenze significative. Durante questo processo (che non si è ancora, secondo me, concluso e che per questo non mi permette di divulgare in modo aperto come mi chiedono soprattutto dagli USA da dieci anni) ho avuto modo di vagliare diverse posizioni sia teoriche che pratiche visto che, ad esempio, due neurobiologi americani suggeriscono che le differenze tipologiche si spiegano con una maggiore o minore attività di tre neurotrasmettitori cerebrali secondari e suggeriscono, di conseguenza, degli interventi mirati proprio ad una “equalizzazione” degli stessi. Guardando le persone negli occhi, osservando la loro mimica, vedendo come muovono le mani ed occupano lo spazio intorno a loro, ho cominciato a notare una rispondenza fra l’espressione più “naturale” del loro essere e il tipo (o, ancora più propriamente, la variante istintuale) che gli è proprio. Ho fatto volutamente la scelta di stare con quello che si percepisce, che è osservabile, che è determinabile, piuttosto che postulare l’esistenza di qualcosa che è aldilà della capacità di osservazione. L’anima, sulla quale Hilman ha costruito un discreto successo letterario sin dai tempi de libro omonimo, non è qualcosa che io posso dare per scontato e che meno ancora posso osservare direttamente, ma quelli che io chiamo i “paradigmi familiari” e le costituzioni fisiologiche personali, si. Non voglio rendere questa intervento troppo lungo, ma voglio solo ricordare, a proposito della “ghianda”, che solo una minima parte di esse riescono a diventare alberi. Questo cosa vorrebbe, pertanto, significare?? Infine le chiedo di pazientare sig. De Salvo, cercherò di rispondere, anche se solo parzialmente, alla sua domanda in un altro momento.
Grazie del tuo intervento che mi aiuta perché non conoscevo la favola di cui tu parli, e che mi piace a partire dallo pseudonimo che hai usato, visto che il triste e malinconico Federico è nella mia personale top ten. Pensa che sono andato sia a casa sua a Granada che a New York, dove di lui resta solo una targa sulla casa che lo ospitò. Tornando alla favola, ho potuto notare che piace di più alle persone nelle quali è forte l’istinto di conservazione, forse proprio perché più di tutte questa variante istintuale è profondamente nutrita da un segreto credo nello “sforzo” che, porterà alla fine all’ottenimento dell’amore.
Verissimo; un grande film anche dal punto di vista dell’EdT. Io credo che l’articolo di Raffaella abbia il merito di porre in evidenza come il Sette sia decisamente un ribelle, anche se non in un modo così evidente come quello di un Otto e di come, talvolta, una certa superficialità nell’esame delle conseguenze possa essere un grosso problema per un Sette.
Cara Daniela, grazie per il tuo contributo che mi permette di entrare più in dettaglio su certi temi. Personalmente io credo che l’innato centri poco con quello che diventiamo nel corso della nostra vita. Più volte mi sono imbattuto in visioni che, un poco come la tua, fanno riferimento a qualcosa di simile al karma (o dharma se tu ti piace) e postulano l’esistenza di una preordinazione di elementi che portano poi, con l’impatto con un ambiente che è funzionale a questo, alla nascita dei vari tratti caratteriali. Personalmente credo che il limite di questa visione sia il determinismo, che non permetterebbe nessun cambiamento alla situazione che è alla origine di questo stato. Le differenze fra bambini esistono sin dalla nascita, questo è vero, ma non sono poi così determinanti come le caratteristiche si svilupperanno in seguito, anche perché il tessuto genetico della razza umana è uguale per il 99,97% e il numero totale di geni che possediamo non potrebbe essere in grado di supportare le grandissime differenze che rileviamo fra esseri umani. questa ultima non è una mia affermazione ma è il risultato dello studio degli scienziati che, per primi, giunsero a mappare tutto il corredo genetico di noi umani. Inoltre, la lunga esperienza di analisi delle testimonianze di moltissimi adulti e l’osservazione di tantissimi bambini, mi ha portato a dare sempre più importanza alle relazioni genitori(ambiente)/bambino e al complesso delle interazioni che fin da subito si sviluppano. A mio avviso ogni bambino ha avuto dei genitori che, da questo punto di vista, sono stati diversi rispetto a quelli dei loro fratelli e ha stabilito con loro dei legami ripetitivi che formano la base sulla quale scaturirà nel breve volgere di qualche anno un preciso tipo o carattere.
Si, Fabio, potremmo, ma più che di un tipo specifico, dovremmo discutere dei livelli di integrazione delle persone, altrimenti cadiamo in quello che è un tipico errore di uso dell’EdT: ritenere che tutte le persone di un certo tipo si comportano allo stesso modo. Alcuni tipi, comunque, mal sopportano la frustrazione e di conseguenza fanno di tutto per liberarsi dello “scomodo” nel più breve tempo possibile, anche quando lo “scomodo” non è solo un animale ma, addirittura, un essere umano. Il fenomeno degli anziani abbandonati nelle case di cura o negli ospedali assume picchi oceanici ad ogni Agosto e, indipendentemente dal tipo, viene sempre posto in essere da persone che non sentono sia grave rinunciare alla loro soddisfazione solo perché un altro può soffrire. D’altra parte molti si giustificano dicendo che un periodo di “libertà” serve loro per mantenere l’equilibrio mentale, e non mi sembra una giustificazione tanto puerile (almeno se dietro non c’è altro). Una volta mi è capitato di incontrare una persona che ha fatto di tutto per liberarsi di un animale che non aveva voluto, ma aveva dovuto subire in casa, e che non ha esitato a fare qualcosa di “esagerato” pur di ottenere il suo scopo…..eppure, se la si conosce appena, sembra una persona tanto mite e affettuosa……
Ho riletto i post di questo thread e mi sono fatto davvero un sacco di risate. Che allegria e che movimento! Mi dispiace proprio che tutto questo brio non ci sia più…
Voglio riportare qui la citazione della Miller con la quale cominciavo il mio saggio “Teoria e Pratica della Ferita Originaria” pubblicato sullo ‘Enneagram Monthly” e su altre riviste: ” Talvolta non posso fare a meno di chiedermi se arriveremo mai a renderci conto della profondità della solitudine e dell’abbandono a cui siamo stati esposti da bambini e a cui, di conseguenza, eravamo o siamo esposti anche da adulti nella nostra vita intrapsichica. Non penso all’abbandono esteriore, alla separazione materiale dai genitori che, naturalmente, può avere effetti traumatici; e neppure penso a bambini palesemente trascurati, o addirittura abbandonati, ma che comunque sono cresciuti insieme a questa verità. Penso, piuttosto, all’altissimo numero di persone che presentano disturbi narcisistici, sofferenti di gravi depressioni, che molto spesso hanno avuto genitori tutt’altro che indifferenti o rozzi, dai quali sono sempre stati incoraggiati….Orgoglio dei loro genitori, secondo l’opinione comune dovrebbero avere una salda coscienza del proprio valore. In realtà è tutto il contrario”.
Cara Marialessandra, il tuo commento mi suggerisce di fare alcuni opportuni approfondimenti. In primo luogo la frase non è mia, ma è di uno psicologo americano, Urie Brofenbrenner, autore di una interessante teoria sullo sviluppo sistemico del bambino. Tuttavia il concetto non è originalissimo e voglio sottolineare che nella ricerca che ha portato alla formulazione della Ferita Originaria un posto fondamentale spetta alla psicologa Alice Miller, le cui opere mi hanno enormemente influenzato perché parlano direttamente al cuore oltre che al cervello. I famosi dodici punti enunciati dalla Miller sullo sviluppo del bambino, sul dramma emozionale che può vivere anche con genitori che sono presenti e non negligenti o trascurati, sono ieri come oggi, secondo me, fondamentali da comprendere e da rivivere per non portarsi più dietro una “peste emozionale” e non trasmetterla ai propri figli. Proprio poco fa ho riletto le pagine introduttive del Dramma del Bambino Dotato, scritto nell’ormai lontano 1985, e la commozione ora come allora è rimasta inalterata.
Vedere l’emozione dei partecipanti, lo stupore e la rilettura improvvisa della loro vita ogni volta mi colpisce in profondità e mi fa sentire un senso di profonda connessione con ognuno di loro. Come è vero che siamo tutti bambini desiderosi di poter giocare ed esseri amati………Un grazie sia ai “ripetenti” che ai nuovi……………….
Parte seconda: entriamo più in dettaglio nell’enneagramma (o enneagono, come amava dire Ichazo), delle tre entità egoiche e rivediamo i nomi che egli gli aveva assegnato. Richiamo quello che ho già scritto più sopra per ripetere che, secondo questo punto di vista, non esiste un ego unico, ma tre entità che si combattono per prendere il sopravvento. Come si fa, allora, a capire quale è l’entità prevalente con la quale ci identifichiamo di più?? La risposta è, appunto, contenuta nell’enneagramma di base dei tre istinti che disegna tre triadi: quella dominata dall’istinto di Conservazione (ego Storico), quella dell’istinto di Relazione (ego dell’Immagine) e, infine, quella dell’istinto di Adattamento (ego Pratico). Le nove posizioni di questo enneagramma, distinte per le tre triadi, sono le seguenti: Triade dell’Istinto di Conservazione punto Nove, il Cercatore, punto Otto il Moralista, punto Uno il Perfezionista. Triade dell’Istinto di Relazione punto Due l’Indipendente, punto Tre l’Ostentatore, punto Quattro il Ragionatore. Triade dell’istinto di Adattamento punto Cinque l’Osservatore, punto Sei l’Avventuriero, punto Sette l’Idealista. Per dare un esempio di come funzionerebbe questa rappresentazione tipologica, vi fornisco il mio caso. Io dovrei avere come istinto dominante quello di Conservazione è, in base alle classificazioni date ed ai chiarimenti forniti, dovrei essere prevalentemente un Perfezionista (questo sarebbe il mio ego principale), poi dovrei avere come co-egos il Ragionatore (istinto di Relazione) e l’Osservatore (istinto di adattamento). In conclusione sarei un 1-4-5. Indipendentemente da ogni altra considerazione in proposito, mi è sembrato giusto cercare di spiegare anche ai lettori del nostro sito qualcosa che, a me cognito, non è assolutamente noto finora in Italia.
No, Raffa, sono convinto che sia un Nove del sottotipo sociale.
Maurizio, ma davvero non avevi capito che ognuno doveva dare la sua risposta individuale in un post a sé stante?? La cosa mi sbalordisce dato che, normalmente, tu sei sempre sveglissimo in tutte le cose e su di te si potrebbe scrivere un libro dal titolo “L’insostenibile velocità della lumaca”…..:):):) In quanto alla tua analisi del personaggio mi sembra che, per come lo hai descritto, rassomiglia a qualcuno di nostra conoscenza, o no??
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